Paola Lombroso, alle origini del fumetto italiano
9 mins read

Paola Lombroso, alle origini del fumetto italiano

Un nuovo saggio di una firma autorevole nello studio del fumetto come Giulio C. Cuccolini va a indagare una figura a lungo poco riconosciuta ma in realtà centrale nella storia del fumetto: Paola Lombroso Carrara, “La donna che ideò il Corriere dei Piccoli”, come recita il titolo del breve ma pregnante saggio edito da ComicOut nella sua collana “Siamo Saggi”, “collanina intelligente sul fumetto”.

Come spiega l’introduzione di Laura Scarpa, si tratta di un “libro necessario”. Paola Lombroso, figlia del celebre e discusso antropologo Cesare (che nel fumetto è divenuto personaggio: ne abbiamo parlato qui) è infatti figura tanto fondante quanto poco nota al di fuori di una cerchia ristretta nemmeno di appassionati, ma di studiosi e addetti ai lavori.

Il lavoro è  condotto con accurata filologia, con attento riferimento alle fonti, e altrettanta attenzione a rimarcare l’importanza culturale di questo correttivo. L’importanza del Corrierino, infatti, è centrale nella storia del fumetto italiano: nel 1908 la sua apparizione segna uno spartiacque (naturalmente storie per immagini su riviste per ragazzi erano presenti anche prima, ma solo ora nasceva una così imponente e sistematica operazione condotta dal primo giornale italiano) e per tale ragione rappresentò a lungo l’ammiraglia del fumetto italiano, in una lunga storia di rimaneggiamenti editoriali che arriva fino alla metà degli anni ’90.

 

lombroso

 

Paola Lombroso, nata nel 1871, ed educata nella colta famiglia in modo paritario rispetto ai fratelli maschi, nel 1889 iniziò una intensa e sistematica attività pubblicistica rivolta al mondo dell’infanzia, sia collaborando alle riviste dirette a tale pubblico, in via di formazione, sia con studi teorici in ambito psicologico, anche in relazione all’influsso avuto su lei e sulla sorella Gina di Anna Kuliscioff, fondatrice e autorevole riferimento del nascente Partito Socialista Italiano.

In questo contesto matura nella Lombroso l’idea di dare impulso ai giornali illustrati per ragazzi come strumento di alfabetizzazione dei fanciulli dei ceti più poveri, meno facilmente avvicinabili in modo diretto alla letteratura interamente scritta (anche per ragazzi). Da qui nel 1906 l’avvio di un intenso carteggio (“duello epistolare”, stando all’efficacia definizione di una figura centrale del fumetto italiano come Grazia Nidasio).

La Lombroso, come testimonia accuratamente il saggio, avrebbe inteso di essere la direttrice della nascente rivista, ma il direttore del Corriere, Luigi Albertini, la mise ai margini relegandola ad alcune rubriche, dopo un “arbitrato” che coinvolse nientemeno che un nome centrale del socialismo italiano come Filippo Turati, compagno della Kuliscioff, il quale tuttavia la spinse verso una soluzione accomodante (la questione, presumo, non era centrale tra le mille gatte da pelare che avrà avuto Turati).

La direzione di fatto – e, poi, di diritto – della nascente testata fu affidata al giornalista Silvio Spaventa Filippi. Le obiezioni riguardavano apertamente il rifiuto di affidare la direzione di un giornale, sia pure per ragazzi, a una donna, nonostante vi fossero già precedenti (il più illustre probabilmente quello di Matilde Serao).

La Lombroso fu limitata alla rubrica della posta – anonima, come “Zia Mariù” – e spesso osteggiata quando cercava di prendere qualche iniziativa personale (con una scarsa sopportazione di un certo affetto dei giovani lettori verso questa figura di corrispondente, tipica delle riviste per ragazzi): ad esempio, la sua battaglia per le “bibliotechine rurali” per portare la lettura anche nel mondo delle campagne, vista con nessun entusiasmo dalla direzione.

La trascrizione delle lettere, più ancora dell’accurata ricostruzione della vicenda (di cui qui ho riferito per sommi capi, ai fini di dare il contesto) è materiale prezioso e interessante per gli appassionati di fumetto, e permette di vedere come quello della Lombroso era un progetto organico e complesso del giornale che avrebbe dovuto andare a formarsi, in buona parte mantenuto dal Corrierino stesso, con una accentuazione, però, della parte commerciale.

La Lombroso si dimostra del resto consapevole degli aspetti commerciali dell’impresa, prevedendo nelle sue lettere la possibiità di pubblicità ben integrate alla rivista, e in generale dimostrando un approccio moderno al medium; ma evidenzia anche le sue principali finalità educative. Le lettere coprono un arco di tempo dal 1908 al 1912 e testimoniano del deteriorarsi del rapporto, fornendo uno spaccato estremamente interessante sull’avvio dell’avventura del Corrierino. Una storia, come detto, nota tra addetti ai lavori, che però qui viene resa con fonti di prima mano difficilmente accessibili altrimenti.

 

Paola Lombroso. E le altre?

 

Il saggio è quindi di grande interesse nell’ambito del fumetto italiano, anche per quanto riguarda il tema di un ormai necessario bilanciamento di genere del canone fumettistico: non da intendersi come “graziosa concessione”, ma come il pieno riconoscimento di un ruolo femminile – allora e ora – importante nel fumetto, indagato già da numerosi autorevoli saggi (come “Qua la penna! – Autrici e Art director nel fumetto italiano”, sempre edito da ComicOut, nel 2020).

 

1937 Paola Bologna

 

Il ruolo importante delle donne nell’ambito fumettistico è ormai indiscutibile, e deriva forse anche dal fatto che si trattava di un settore non ancora pienamente monopolizzato dagli uomini come invece la cosiddetta “letteratura alta”. Limitandosi in modo non esaustivo ai casi più noti e riconosciuti, in ordine cronologico, nel 1937 il primo numero del Vittorioso viene aperto da “Il mistero di Saturno”, disegnato dalla pittrice Paola Bologna, che riprende il grande successo di “Saturno contro la Terra” di Zavattini, Pedrocchi e Scolari, avviato nel 1936 e continuato fino al 1946, con una fantascienza di stampo “gordoniano” che allora aveva grande successo (Flash Gordon era apparso nel 1934, subito tradotto quell’anno in Italia con enorme gradimento del pubblico giovanile: nel 1935, SK1 di Celsi era stato un primo tentativo di scrivere una fantascienza italiana a fumetti).

 

COVER_Nadia

 

Tea Bertasi Bonelli rileva nel 1946 la Editrice Audace e la avvia a divenire il colosso italiano che è oggi la Sergio Bonelli Editore, compiendo decisioni cruciali come assumere Aurelio Galleppini per Tex. Lina Buffolente (prima professionista donna del fumetto europeo), sui testi di Ventura, crea – curiosamente, in quello stesso 1946 – il primo fumetto a essere definito “romanzo”, “Nadia” (vedi qui).

Sempre negli anni ’50, Grazia Nidasio è una delle firme più importanti del Corrierino dell’età dell’oro, e la sua presenza è strategica nell’ideare personaggi in grado di conquistare anche il pubblico femminile, come Violante o in seguito, con maggior successo ancora, Valentina Melaverde.

 

250px-Diabolik_and_Eva

 

Le sorelle Giussani, col loro “Diabolik”, producono la svolta successiva nel fumetto italiano, inaugurando la grande stagione del “fumetto nero” corrispondente alla più libera età aperta dal boom economico.

Se questi sono tre spartiacque che vedono le donne al centro (la fondazione del fumetto italiano tout court con Paola Lombroso, quello del bonelliano con Tea Bertasi Bonelli, e il fumetto nero con le Giussani), numerose altre sono le protagoniste nelle ere successive del fumetto.

Gli anni ’70 e ’80 vedono l’affermarsi del fumetto d’autore, con autrici quali Cinzia Ghigliano, Cinzia Leone, Laura Scarpa, coprotagoniste al fianco degli autori (Crepax, Buzzelli, Pratt…) di quella stagione, su Linus, Alter e le altre riviste. Altre autrici seguiranno, come Francesca Ghermandi, Vanna Vinci e altre.

Nella stagione del fumetto autoriale anni ’80, tra Valvoline, Cannibale, un ruolo importante (stroncato dal tragico omicidio) fu quello di Francesca Alinovi come curatrice artistica in grado di far dialogare mondo dell’arte e mondo fumettistico.

Nel fumetto disneyiano, una autrice come Elisa Penna idea un personaggio come Paperinik (1967), che con le sue successive incarnazioni è stato determinante nella svolta avventurosa più young-adult sul passaggio degli anni 2000, una rivoluzione che ha visto come protagoniste autrici come Barbara Canepa e Katya Centomo. L’interpretazione del segno disneyano di un’autrice come Silvia Ziche (oltre ai suoi numerosi lavori autonomi) è poi di enorme influenza e successo, così come quella di una sceneggiatrice del calibro di Teresa Radice.

Nel fumetto bonelliano, si ha una presenza soprattutto su Dylan Dog con sceneggiatrici come Paola Barbato, Gabriella Contu, Barbara Baraldi e su Legs Weaver con disegnatrici come Teresa Marzia (ideatrice grafica del personaggio sull’albo n.1, a fianco del disegnatore Gianmauro Cozzi), Simona Denna, Antonella Platano, Patrizia Mandanici, Elena Pianta, Anna Lazzarini, Lola Airaghi, Francesca Palomba… e, in generale, un pool grafico più femminile che maschile, cosa che si accompagna a un cruciale passaggio a un segno più debitore del manga europeo (una svolta poi non pienamente compiuta in Bonelli, ma indubbiamente altamente innovativa in quella fase).

Questo solo per evidenziare – per sommi capi, inevitabilmente incompleti: ben vengano eventuali integrazioni al discorso – le grandi svolte storiche, in epoche in cui il ruolo femminile nel fumetto è visto come minoritario. Venendo all’oggi, numerosi sarebbero i nomi femminili in ogni ambito, a volte forse non sufficientemente valorizzati, ma comunque pienamente riconosciuti specie nell’ambito della graphic novel, nel mercato librario.

Ma proprio per questo è utile tornare, con questo saggio, alle origini, per gettare un nuovo sguardo al fumetto italiano e alla sua storia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *