7 mins read
I sette dell’Ultima Cena
La ormai celebre vignetta satirica cinese del manhuajia (autore di manhua, l’equivalente cinese del manga nipponico) Bantong Lao Atang (半桶老阿汤) che sta girando molto sui social negli ultimi giorni, e che riprende l’Ultima Cena di Leonardo per schernire il G7 (“L’ultimo G7”, con doppio senso) è gustosa per il livello di dettaglio che assume.
Mi ricorda un certo tipo di vecchie illustrazioni satirico-allegoriche, in voga direi dal ‘500 all’800 (dalla stampa fino ai media moderni), in parte continuate ancora oggi ovviamente, come questa, ma raramente così ricche. Quello che mi affascina è che questo tipo di immagini, e questa non fa eccezione, hanno un gusto proto-fumettistico, per cui, pur senza scansioni in vignette, abbiamo una narrazione che ci costringe a una lettura lenta e accurata. Una tecnica che ricorda quella di William Hogarth nei suoi testi proto-fumettistici (uno dei punti di passaggio oggi ritenuti cruciali), ripresa in parte nel fumetto moderno dalla ricchezza simbolica di certe tavole di Alan Moore (ne avevo scritto qui).
(William Hogart, Carriera di un libertino)
Ma vediamo questa vignetta in particolare, rafforzata dall’opera di partenza, l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci: scelta iconica, ovviamente, citata innumerevoli volte, ma anche fulcro della riscrittura esoterica del Codice Da Vinci (sulla scorta di numerose riscritture ermetiche precedenti, da Baigent in giù) che la rende un’immagine che siamo già abituati a leggere fra le righe per decrittarne il senso iniziatico.
Partiamo da sinistra. La Germania è raffigurata come un falco nero, nella posa della Merkel allo scorso G7. Le bombole d’ossigeno (ai due lati) rappresentano la crisi Covid. “We bring peace and order” sul muro è ovviamente ironico. La posa iconica della Merkel che vien citata è quella di una celebre foto dello scorso G7 che ne sottolineava la forza e la leadership, quindi non viene tanto schernita. Forse perché la Merkel e la Germania sono viste come una possibile sponda: da questa parte del tavolo ci sono le potenze meno devote agli USA.
L’Australia è un canguro, che prende i dollari degli USA ma tiene stretti anche quelli del commercio con la Cina (la flebo con bandiera cinese, ma anche il sacchetto in mano, come i trenta denari di Giuda – che nell’ultima cena in teoria non appaiono). Le riviste sotto il tavolo rimanderebbero ad alcuni sex scandals.
Il Giappone è un cane Akita che serve a tutti un the radioattivo (è l’unico non seduto, per quanto sia membro a pieno titolo del G7), le acque di Fukushima che ora vorrebbe sversare negli oceani. Notiamo che non tutti hanno il bicchiere pieno: non capisco se perché non corrono il rischio, o perché se lo sono già bevuto. Direi più la prima, dato che ad avere il bicchiere vuoto sono Germania e Italia, meno colpite direttamente dallo sversamento oceanico. Varrebbe anche per la Francia ma il suo bicchiere invece, a ben guardare, presenta un residuo verde sul fondo. L’India invece beve probabilmente dell’urina, in riferimento a cure tradizionali diffuse anche contro il Covid.
L‘Italia, una Lupa (direi al femminile, sul modello di quella capitolina) col cappellino tricolore da rapper (i cappelli aiutano il riconoscimento), si schermisce con le mani, come fa l’apostolo Andrea nell’originale, sia dal bicchierone radioattivo sia dall’accordo anti-cinese, essendo la più favorevole a tenersi buono l’enorme mercato cinese.
Al centro gli USA, con la tradizionale aquila calva, al posto di Gesù. “Con questo possiamo ancora dominare il mondo”, affermano con la scritta sovrastante (sormontata da un crocifisso): si riferiscono alla trasformazione di carta igienica in denaro, con riferimento a manovre finanziarie speculative che creano valore virtuale per attaccare economie nemiche.
Da notare che c’è una metafora abbastanza raffinata, e abbastanza blasfema, sulla trasmutazione eucaristica. Il cotone insanguinato ai suoi due lati e ai piedi rappresenta l’arricchimento avvenuto con lo schiavismo, che oggi torna a essere questione spinosa dopo l’acuirsi delle proteste BLM (se vogliamo, cristologicamente, è nella posizione dei tre chiodi della crocifissione). Questo tema del “cotone insanguinato” è legato a simmetriche accuse alla coltivazione cinese del cotone. Sotto gli USA, quella che sembra una sorta di “tavola della legge” rovesciata. Il foglio con piccoli segni non capisco cosa indichi.
Il leone britannico ascolta con passione, come alleato più fedele dopo la Brexit (e sulla sua stola il Regno appare Disunito). Siamo inoltre a Londra, come si vede sullo sfondo (benché il G7 fosse nella Cornovaglia arturiana).
Davanti al leone inglese e alla nutria che rappresenta il Canada, gli alleati più fedeli, è posta la torta con la Cina, che gli USA vogliono spartirsi con i sette grandi e in specie con quelli più vicini a loro. Il Canada stringe in mano la dirigente di Huaiwei Meng Wanzhou, incarcerata dal paese nordamericano in un modo che la Cina contesta duramente. Anche il gallo francese guarda con interesse, col cappello imperial-napoleonico in testa. Appare un rimando alle note Guerre dell’Oppio, quando le potenze occidentali – in particolare Inghilterra, Francia e Stati Uniti – giunsero a un controllo semi-coloniale sulla Cina stessa (vedi qui una sintesi).
Conclude la composizione l’India, raffigurata come un elefante mendicante, malato terminale, con un vaso per le offerte (“help me”) e un bibitone e due flebo discutibili come cura dal covid (tornano le bombole alle spalle, a rafforzare). Non siede ancora al tavolo, ma vorrebbe.
“We have freedom and democracy” in alto è una evidente ironia, chiaramente. Ricorda quasi il classico meme “passa al lato oscuro, we have cookies”. Sotto il tavolo, la rana che salta per salire sul tavolo offrendo i suoi denari è parte di Taiwan. Una rana invece resta nel bacile (non tutta Taiwan vuole andare con l’occidente…). Aiuta e spinge la rana salterina una tartaruga (le forze separatiste che sobillano la popolazione).
Insomma, una satira accurata ed affilata, al di là ovviamente delle posizioni politiche che esprime, e che ha saputo infatti sfondare comunicativamente, con ampio rilancio sui media anche occidentali (probabilmente la scelta di un’opera iconica per l’Occidente non è casuale). Qui una analisi ampia, che collega quest’opera ad altre ancora, molto diffuse nella Cina di oggi. Si tratta sempre di satira propagandistica rivolta ai nemici del paese, realizzata da artisti indipendenti, non ufficialmente stipendiati dal regime, che vengono però poi rilanciati da quest’ultimo sui suoi media, giungendo in alcuni casi, come questo, anche in occidente, per il combinato di efficacia retorica e buon livello artistico in uno stile fotorealistico e dettagliato di una certa presa.
Chissà che l’Occidente non sappia rispondere in modo adeguato, anche sotto il piano satirico…
(Un grazie a Martina Caschera per diversi spunti e integrazioni).