Il "Topo" di marzo 2023

Il “Topo” di marzo 2023

Bentornati su Lo Spazio Disney!

Marzo si è rivelato un mese particolarmente ricco di storie-evento su Topolino: gli Evaporati in prima battuta, ma anche la conclusione del Principe delle sabbie, una storia di Vito Stabile con Paperino protagonista capace di colpire molto e l’inaspettato ritorno postumo di Rodolfo Cimino sulle pagine del settimanale!
La redazione accompagna lo switch tra inverno e primavera in maniera particolarmente riuscita, quindi, con un parterre di autori solidi, validi e decisamente ispirati.
Ecco la mia consueta sintesi.

Marzo 2023: le storie da Topolino

Gli Evaporati, di Bruno Enna e Davide Cesarello (nn. 3510-3511-3512-3513-3514), è una vera e propria rivelazione, che colpisce in maniera potente e per molti versi inaspettata. La lunga storia si attesta come una delle opere fumettistiche Disney più mature di sempre, rivaleggiando con l’impostazione di MM (pur giocando in tutt’altro genere) nel regalarci non solo un Topolino tosto ma anche nel riservare lo stesso trattamento al resto del cast topolinese.
L’idea di trasportare a Topolinia le dinamiche horror e survival che oscillano tra The Last of Us, Io sono leggenda, The Walking Dead e The Mist, senza ricorrere all’elemento parodistico che mettesse quelle tematiche in burletta, sembrava azzardata, considerati i tanti “don’t” che ben conosciamo, ma Enna ha saputo fare elegantemente slalom tra i paletti della narrativa disneyana e ha offerto uno spessore per molti versi inedito a tanti personaggi: se per Mickey si è trattato semplicemente di rispolverare lo smalto eroico e avventuroso che gli è fondamentalmente proprio nei fumetti, per altre figure come Minni, Orazio, Clarabella e Manetta c’è stato un lavoro consapevole e importante di rivalutazione, volto a dare tridimensionalità a personaggi che troppo spesso negli anni sono risultati appiattiti e poco coinvolgenti. Qui invece Minni è una volitiva e coraggiosa leader che, nonostante soffra molto, riesce a non abbattersi e a infondere fiducia anche negli altri. Manetta vive addirittura un conflitto interiore a causa della perdita di memoria, che lo rende preda di un certo malvivente… ecco, a proposito di villain, il Gambadilegno che si muove in questo contesto riacquista la propria cattiveria ferina mostrando la sua mancanza di scrupoli e la sua arte della sopravvivenza a discapito del prossimo. Del resto, in un mondo post-apocalittico, chi altri potrebbe rappresentare degnamente la legge del più forte?
Macchia Nera risulta anch’esso ben approfondito e “capito” dall’autore: un genio del male che si ritrova senza stimoli in tale contesto, ma che studia sornione la situazione in attesa di capire come agire nel migliore dei modi.

La sceneggiatura non conosce cali di ritmo in nessun punto, ogni episodio porta avanti coerentemente e senza strappi la trama, muovendosi agilmente in una narrazione non lineare che alterna scene dal presente con azzeccati flashback che mostrano in maniera intelligente il pregresso di questa situazione così assurda. Un meccanismo che ricorda un po’ anche Lost, se vogliamo: e non è una caso che abbia citato finora diverse serie televisive, visto che l’ispirazione “formale” de Gli Evaporati è palesemente e dichiaratamente quella. Una scelta che personalmente approvo, che si coglieva già nel proliferare di avventure a puntate di questi anni ma che qui trova pieno compimento, in maniera azzeccata e riuscita.
La cosa che mi ha stupito è la pressoché totale assenza di umorismo, a stemperare i toni della storia: praticamente la parte leggera è riservata al solo Pippo, che se ne esce con un paio di frasi delle sue, e basta. Per il resto spadroneggia la tensione, ben percepibile e palpabile, e le reazioni dei vari protagonisti. Un esperimento interessante da attuare con questi personaggi, inusuale nel tenore della scrittura, quasi “too much” oserei dire: personalmente penso che in un fumetto Disney l’elemento umoristico occorra sempre, a prescindere dal genere di storia, ma riconosco anche che, per come è stato impostato questo progetto, la comicità avrebbe influito sul risultato finale depotenziandone il profilo. Rimane secondo me un punto a sfavore, ma è davvero l’unico neo in un’opera per il resto assolutamente promossa; direi che Enna è riuscito a navigare nella maniera migliore in questo mare che ha creato.

Cesarello ai disegni è il classico disegnatore al posto giusto al momento giusto: il suo stile underground, “sporco” e in alcuni casi quasi grottesco (penso all’aspetto di certi comprimari) si rivela perfetto per raffigurare questo mondo alla deriva. Il suo Pippo (ancora più) scombiccherato, i mezzi steampunk del suo Orazio dalle vesti vagamente ottocentesche, il suo meraviglioso Pietro con protesi meccanica e soprattutto quella Minni, che evolve rispetto ai soliti abitini per diventare una vera eroina fin dall’aspetto: la giacca di pelle con le frange, gli stivaletti e i due codini in testa la rendono cazzuta, e anche l’accorgimento degli occhi a mandorla contribuisce in qualche modo a trasmettere quell’idea.
Il tratto dell’artista è efficace anche nel rappresentare la desolazione della Topolinia post-apocalittica della serie, aiutato dai colori assolutamente performanti di Irene Fornari e Emanuele Virzì e da una brillante gestione della griglia.

Insomma, un lavoro imponente, maiuscolo e capace di dare una scossa vera alla narrativa disneyana, come non accadeva da veramente tanto tempo.
Lieto di sapere che non è finita qui, con Gli Evaporati, quindi, aspettando con forte curiosità il prosieguo della vicenda!

Il principe delle sabbie, di Alex Bertani, Francesco Vacca e Giuseppe Facciotto (nn. 3510-3511-3512), è l’altra grande saga di marzo (benché iniziata già a fine febbraio).
Continuiamo a seguire le peregrinazioni del giovane Topolomeo, ma rispetto ai primi due episodi, che mi erano piaciuti veramente tanto, qualcosa sembra incepparsi in questi ultimi tre.
Il ritmo narrativo si è fatto più dispersivo, con episodi che sembravano girare spesso a vuoto per riempire il folto numero di pagine complessivo, quasi come se non servissero tutte queste puntate.
Anche la componente del viaggio, che dalle premesse immaginavo predominante nell’intreccio, a metà storia si è sostanzialmente eclissata, lasciando questo elemento sullo sfondo a favore dell’intrigo messo in scena dallo sceneggiatore, che per quanto ben scritto appare sostanzialmente una minima variazione delle classiche dinamiche disneyane.
L’uso del cast rimane alla fine una delle cose migliori di questo progetto: Vacca riconferma, dopo l’exploit di Minaccia dallo spazio, di conoscere bene i personaggi Disney e di saperli muovere coerentemente tra loro e con il loro DNA. Mi sono piaciute le battutine metanarrative e il modo di usare nel giusto ruolo le controparti egizie di Eta Beta, Enigm, Zapotec&Marlin, Pippo, Macchia Nera, Gambadilegno ecc, però mi sarebbe piaciuto che questo approccio fosse messo al servizio di una trama un po’ più sostanziosa a livello di contenuti.

In particolare mi è spiaciuto vedere che il protagonista è praticamente una vittima degli eventi: è vero che è giovane e inesperto, e che questa avventura sarebbe dovuta proprio servire a svezzarlo facendogli apprendere lezioni “di vita” sulla propria pelle, ma avrei personalmente apprezzato che sfoderasse già qualche abilità che andasse oltre il “placcaggio” dell’avversario in fuga.

Il principe delle sabbie è comunque stata una lettura piuttosto piacevole, nel complesso, e graziata dal vertice artistico raggiunto finora da Facciotto, che ha conosciuto in questa occasione una crescita artistica fenomenale! L’artista sfoggia tavole raffinate e ricercate, con una cura per il dettaglio e una pulizia del tratto davvero ammirevoli. Gli sfondi appaiono cesellati e credibili, e i personaggi morbidi e immediatamente simpatici nelle forme e nell’estetica. Anche la griglia viene usata in maniera estrosa, sapendo dove andare a modificare la naturale scansione delle vignette senza stravolgimenti ma nel modo più adatto per rendere giustizia a scorci e monumenti illustrati.

Nonna Papera e i racconti attorno al fuoco – La leggenda del console Paolo e della tenace Lucilla, di Rodolfo Cimino, Tito Faraci e Giampaolo Soldati (n. 3513), è un piccolo evento. Il ritorno del nome di Cimino nei credits di una storia è una situazione che fino a poche settimane fa nessuno avrebbe potuto immaginare, dopo 11 anni dalla sua scomparsa. Che ci fossero vari storyboard rimasti inediti era una voce che girava da tempo, confermata peraltro dai contenuti extra di alcuni recenti volumi di prestigio (Topolino Gold e Le serie imperdibili), ma che si decidesse di portare uno di questi nella forma compiuta del fumetto era impensabile.
Alex Bertani invece ci crede e affida la sceneggiatura storyboardata da Cimino a Tito Faraci perché la adatti alle regole odierne della narrativa disneyana. Ecco, un’altra sorpresa è stata questa scelta: non avrei mai pensato a Faraci per un compito del genere, considerando la voce particolarmente personale e riconoscibile dell’autore. Devo però dire che l’approccio di Tito è stato molto rispettoso e di “sottrazione”, non andando a sovrapporre la propria scrittura a quella del grande Rodolfo. Certo, nel lavoro di adattamento che gli è stato richiesto probabilmente si è andato a smussare qualcosa a livello di linguaggio rispetto a quanto scritto di pugno dall’autore originale e, considerando quanto fosse importante nella produzione ciminiana quel suo particolare uso delle parole, è un’azione che va a impoverire un po’ il materiale originale. Ma si fa di necessità virtù, e devo ammettere che in vari balloon Faraci riesce comunque a trovare forme di dialogo meno convenzionali che restituiscono quell’aria “da passato” dal quale in fondo proviene l’opera.

Opera che rappresenta un ennesimo Racconto attorno al fuoco di Nonna Papera: la trama è in linea con quello spirito, quindi, che ho provato a descrivere in questa recensione per Lo Spazio Bianco:

Nonna Papera narratrice: “I racconti attorno al fuoco”

Buoni sentimenti, amori contrastati dalla sorte e contrappasso sono anche in questo caso gli ingredienti base, conditi con le variazioni del caso, e per quanto mi riguarda ho apprezzato molto, tanto l’operazione quanto il risultato finale. Ok, sarà pure considerabile un Racconto “apocrifo” o spurio, ma secondo me non sfigura particolarmente rispetto a quelli 100% Cimino 😉

E anche l’effetto di “difformità” rispetto ai toni della produzione attuale secondo me non stona affatto: su Topolino c’è e ci deve essere spazio per tutte le declinazioni possibili, passate, presenti e future del fumetto Disney 🙂
Giampaolo Soldati ai disegni potrebbe sembrare una scelta un po’ casuale e poco prestigiosa per il compito: in realtà trovo assennato affidare le matite di una storia del passato a un disegnatore al lavoro sul settimanale da decenni, con un tratto classico e senza troppi fronzoli, che peraltro illustrò anche alcune storie di Cimino. Il suo lavoro è completamente al servizio dell’avventura, con un tratto semplice, essenziale e umoristico che accompagna degnamente questo Racconto attorno al fuoco postumo.

Paperino e il reclamo del mare, di Vito Stabile e Christopher Possenti (n. 3512), è una delle migliori storie dell’amico Vito da un po’ d’anni a questa parte, lo dico sbilanciandomi così e senza stare troppo a pensarci. Forse era da Zio Paperone e l’identità perduta che l’autore non metteva a segno un colpo così pienamente riuscito, spostando stavolta la propria attenzione dallo Zione al nipote. Stabile ha sempre dimostrato di comprendere Paperino e di saperlo trattare – la miniserie dei Corti, ma anche Il bastone tubetano e La minaccia al covo lo dimostrano – ma in quest’occasione ha dato il meglio di sé nel far spiccare un personaggio ben più difficile da gestire di quello che si potrebbe pensare. Lo fa mettendolo faccia a faccia con le proprie insicurezze e costringendolo a riflettere su sé stesso, su cosa lo rende la persona che è, anche confrontandosi con le figure che gli sono vicine. Tra incubi rivelatori, terapie d’urto e un’azzeccata citazione dall’universo di Paperino Paperotto, la trama è compatta e scritta veramente bene, con una sensibilità che è propria dell’autore e che non pecca mai in retorica o in una melensaggine eccessiva. Insomma, non è questione di feels, come direbbero quelli bravi, ma di capacità di emozionare.
La storia è impreziosita dal lavoro di un esordiente nel disegno disneyano: Christopher Possenti lavora in effetti già da anni su fumetti di stampo realistico, ma qui debutta in un ambiente umoristico e lo fa con uno stile assolutamente peculiare, una crasi tra le due scuole. Sfondi e ambienti indulgono in una selva di dettagli che difficilmente si vedono su Topolino, mentre per i personaggi l’artista sfoggia subito un tratto fortemente personale, rispettoso del loro design ma che presenta anche qualche elemento di straniamento, in senso assolutamente positivo: in primis perché la sensazione si presta molto bene al tenore della sceneggiatura, ma anche perché Possenti mostra in questo caso di non omologarsi per forza allo stile che va per la maggiore attualmente, che potrebbe essere la scelta più sicura nei primi lavori disneyani, ma di coniugare la propria esperienza con questo nuovo mondo. Ha portato sostanzialmente sé stesso adattato al nuovo contesto. Il risultato è particolarissimo e personalmente l’ho davvero adorato, aiutato peraltro dalla formidabile colorazione di Chiara Bonacini supervisionata dallo stesso disegnatore.
Insomma, un risultato coi fiocchi sotto tutti i punti di vista!

Pianeta Paperone – Il potere della teca, di Vito Stabile e Marco e Stefano Rota (n. 3510), invece, non funziona altrettanto bene, attestandosi forse come l’episodio meno ispirato della serie.
L’idea che la teca contenente la Numero Uno possa avere assimilato gli effetti della monetina può anche starci, è una soluzione carina e pure plausibile (nell’ambito della fantasia disneyana, beninteso); meno pertinente mi è sembrato che Battista avesse elevato quell’oggetto in tale maniera, venerandolo al pari di quanto faccia Paperone con la Numero Uno e dandole tutta quell’importanza motivazionale. Quello che vale caratterialmente per lo Zione non vale per gli altri, men che meno per il compassato maggiordomo: mi è sembrato quindi un eccesso, utile giusto come spinta perché Paperone approfondisca la cosa e capisca le mire di Amelia.
Poi, dal lato dello sviluppo in realtà la storia si rivela anche avvincente, con l’arrivo dei due protagonisti sul Vesuvio e lo scontro con la fattucchiera, ma i presupposti mi hanno un po’ minato l’avventura nel complesso.
Per quanto riguarda i disegni di Marco e Stefano Rota, invece, valgono le considerazioni che ho già fatto nel recente passato per quanto riguarda il tratto del Maestro: al netto dello stile vintage – che mi piace e che approvo per bilanciare i tratti più contemporanei – l’esito è altalenante, con vignette molto riuscite e altre più deludenti, e con figure che pagano un’inchiostrazione pesante e non molto sicura.

I cimeli raccontano – Zio Paperone e la tartaruga di marmo, di Marco Bosco e Paolo Mottura (n. 3511), si conferma essere la copia-carbone di Pianeta Paperone, con una sostanziale differenza: per quanto entrambe mirino ad approfondire aspetti particolari e magari nascosti del personaggio, la prima si svolge comunque nel presente, mentre la seconda si abbandona ad aneddoti raccontati da Paperone sul suo passato. Sicuramente preferisco l’impostazione data da Vito, meno “facile”, pur non dispiacendomi l’idea dello Zione che racconta episodi del proprio passato. E non mi secca neanche troppo che in questo caso Marco Bosco vada in contraddizione con la biografia realizzata da Don Rosa, è che la storia in sé mi ha detto poco. Alla fine il personaggio ne esce bene come caratterizzazione, ma la trama in sé – una sfida che il giovane protagonista ingaggia nell’ambito del suo lavoro – non ha saputo coinvolgermi più di tanto.
Sempre fascinosi i disegni di Mottura, anche se in alcuni casi mi sono sembrati un po’ fuori focus: in particolare alcune espressioni del Paperone contemporaneo mi sono apparse eccessivamente “sognanti”, per dire, e nel complesso forse non ci ho visto benissimo lo stile dell’artista in questa specifica prova. Resta il fatto che ci sono tavole suggestive e magistrali.

Sempre in area paperoniana c’è anche Un C.E.N.T. per il Club dei Miliardari, di Roberto Gagnor, Massimiliano Valentini e Francesco Guerrini (n. 3512), una rivelazione inaspettata come spesso capita con storie non particolarmente reclamizzate e poste in fondo all’albo, ma che poi sono in grado di stupire positivamente l’ignaro lettore.
Gagnor e Valentini uniscono le “forze piemontesi” per dare corpo a una storia che basa tutte le sue potenzialità sullo spunto di partenza, tanto semplice quanto geniale: cosa accadrebbe se Gastone diventasse socio del Club dei Miliardari?
Al contrario di altre trovate discutibili, volte a inserire un personaggio in un ambito che gli è solitamente estraneo giusto per scombinare le carte, in questo caso l’idea è pertinente: la fortuna di Gastone gli porta camionate di ricchezze e, se è pur vero che il biondo papero le avrà probabilmente sempre fatte fuori in un soffio, non è difficile pensare che possa diventare improvvisamente ricchissimo ed accedere quindi di diritto al rinomato circolo.
Da lì i due autori mettono in scena una sequela di gag decisamente spassose e riuscite, in una storia dal ritmo serrato e funzionalissimo. Tra l’altro hanno la fortuna di avere Guerrini ai disegni, il che contribuisce ottimamente all’atmosfera generale. Il tratto particolareggiato ed elegante del disegnatore permette infatti di visualizzare come nessun altro avrebbe saputo fare le dinamiche descritte in sceneggiatura, oltre ad impreziosire le vignette con un’apprezzabilissima varietà animale per i comprimari e con sfondi dettagliati.
Una lettura davvero soddisfacente e genuinamente divertente.

C’è poi un doppio Enrico Faccini: Un pentolino… magico! (n. 3511), pesca a piene mani dalla vena surreale dell’autore, con un risvolto pseudo-magico e volutamente senza spiegazione che prende una piega quasi moralistica, o di contrappasso. Per una volta Paperoga non crea pasticci e disagi a Paperino o ad altre “vittime”, ma viene ritratto come una persona gioviale e senza pensieri, dall’animo fanciullesco, di cui qualcuno più cinico vuole approfittarsi, pagandone però le conseguenze. Simpatica, piacevole, anche se non resterà nella memoria tra le migliori brevi dell’autore.

Sette polpette (n. 3513), si muove invece su binari più consueti, in un rinnovo delle diatribe tra Paperino e Gastone, anche se coniugate con una minima differenza dal solito. Il finale da una parte prevedibile e dall’altra anticlimatico la rendono però deboluccia nel complesso.
Entrambe godono però sempre del bellissimo tratto facciniano, particolarmente efficace per il suo stile di scrittura, che rimane fresco e “strano” pur nella sua evidente classicità.

Concludiamo con le straniere di turno.
La più blasonata è ovviamente Once upon a mouse… in the future – Scoiattoli dallo spazio profondo, di Francesco Artibani, Valentina Camerini e Ivan Bigarella (n. 3513), secondo episodio del ciclo volto a festeggiare i 100 anni della Disney che ricorrono in questo 2023.
Artibani stavolta è solo al soggetto, ma Camerini regge il confronto offrendo una sceneggiatura valida e interessante, che segue in maniera fedele il cortometraggio animato di riferimento pur con le ovvie novità introdotte dall’impostazione della miniserie.
Personalmente l’ho apprezzata meno di Fantasmi dal passato, e sicuramente le gag slapstick, che nel corto funzionavano brillantemente, su carta sono un po’ depotenziate, ma la lettura rimane soddisfacente.

Diciamo che in questo caso il merito principale dell’opera risiede nei disegni: Bigarella compie qui un lavoro titanico, una delle sue cose migliori finora e sicuramente la più sperimentale, che dice molto sulle potenzialità e le qualità di questo acquisto disneyano, che spero Topolino sappia tenersi stretto. La storia viaggia quasi solo su splash page, ma in ognuna si svolge un piccolo mondo, ogni angolo racchiude delle informazioni e degli aspetti che mostrano il progredire della trama in un’organizzazione della pagina ammirevole e competente, per fantasia e perizia. Gli ambienti alieni sono rappresentati con ottimo gusto, in uno sguardo che raccoglie varie influenze disneyane e non, umoristiche e non, ma che convergono in un risultato originale e fantasmagorico, anche grazie alla scelta di colorare le tavole in stile pittorico.
Non sono da meno Paperino e Cip&Ciop, che “bucano” la pagina e si attestano come morbidi e dinamicissimi, il giusto appeal per una trama così veloce nel suo ritmo.
Ne approfitto per agevolare un video del buon Gianluigi Filippelli dedicato alla storia, nel quale troverete anche un mio breve contributo sul cartone animato di riferimento – Trailer horn – e sull’eterno scontro tra Donald Duck e i due chipmunks:

La seconda è invece molto meno interessante, come tutte quelle di questo ciclo che – ormai l’avrete capito – mi piace veramente poco: Time Machine (mis)adventures – Missione telefono, di Francesco Artibani e Alessandro Pastrovicchio (n. 3511), è in realtà la migliore della serie, per quanto mi riguarda, dato che finora non me ne era piaciuta veramente nessuna, compresa la prima sempre a firma di Artibani. Stavolta invece lo sceneggiatore romano scrive una buona storia, che scorre liscia grazie soprattutto a un Paperino ben gestito e a una dinamica che, benché sia sempre la solita, viene resa in maniera dignitosa.
Niente comunque di entusiasmante per il sottoscritto, e questo al di là delle puntualizzazioni storico-scientifiche fatte da Gianluigi nel suo video; validi i disegni del Pastro junior, per quanto non ancora al top visto in Viaggio nella luna.

Bene, credo di aver detto tutto.
Mi resta solo da annunciarvi che tornerò a breve in live sui canali Twitch, YouTube e Facebook de Lo Spazio Bianco per una diretta speciale: in occasione dei 100 anni della Disney ho infatti pensato di parlare di animazione disneyana in senso ampio, non concentrandomi su determinate pellicole ma cercando di analizzare gli elementi che ne hanno decretato il successo nel corso dei decenni e del mutare del contesto di riferimento. Non sarò solo, ovviamente: mi affiancheranno due colti ospiti d’eccezione, vale a dire Mario Petillo e Davide Del Gusto!
L’appuntamento è per martedì 11 aprile, ore 21:30, ai seguenti link:

https://www.twitch.tv/lospaziobianco

https://www.youtube.com/@LoSpazioBiancolive

https://www.facebook.com/loSpazioBianco.it

Per intanto, buona Pasqua a tutti quanti!