Chi è Lo Spazio Bianco: Emilio Cirri

Chi è Lo Spazio Bianco: Emilio Cirri

Per l’appuntamento alla scoperta di chi siano veramente i collaboratori de Lo Spazio Bianco, oggi intervistiamo Emilio Cirri, che da poco più di un anno fa parte della nostra redazione.

Emilio_CirriCiao Emilio, presentati ai nostri e tuoi lettori.
Eccoci qua, la terribile intervista in cui parlare di se stessi, la cosa peggiore che mi si possa chiedere! Ci si prova lo stesso. Sono nato a Firenze nel 1990, anche se poi ho sempre orbitato intorno a Prato. Sono laureato magistrale in chimica e attualmente sto svolgendo il dottorato di ricerca in Germania, a Jena. E nel frattempo tento di imparare la lingua ed esplorare il fumetto tedesco (impresa, questa, ancora più ardua rispetto alla prima). Passando ai fumetti, sono un lettore onnivoro, partito dai manga classici (Dragon Ball, I Cavalieri dello Zodiaco, Yu degli Spettri), passato ai fumetti di supereroi Marvel, che leggo tutt’ora, per arrivare ad altre case editrici statunitensi, al fumetto indipendente e al gigantesco mondo delle autoproduzioni, sia italiane che straniere, che sto pian piano cercando di esplorare.

Emilio fuori dal fumetto e da LSB: coltivi anche altre passioni? Ci parli un po’ dei tuoi interessi?
Eh, gli interessi sono tanti e il tempo per coltivarli si è ridotto drasticamente. Nonostante il mio carattere riservato, mi è sempre piaciuto esibirmi in pubblico e ho trovato la via nel canto. Sin dalle scuole medie sono un appassionato di musica metal e alle superiori ho avuto due gruppi, uno dei quali, “Screaming Monkeys”, è sopravvissuto fino al 2014. Purtroppo adesso, con il mio trasferimento, la situazione è in stallo, ma auspico di tornare presto a calcare i palchi, magari proprio in Germania. Altra passione è il cinema: ho attraversato varie fasi, in maniera erratica, dalla cinematografia francese degli anni ’70 al cinema coreano contemporaneo, dai classici del cinema giapponese all’indipendente statunitense, al cinema italiano d’autore. Una passione molto irregolare, che non ha mai raggiunto il livello di interesse e costanza dei fumetti, ma che resta comunque un grande amore. E ovviamente, dal cinema sono recentemente passato alle serie tv, che stanno raggiungendo livelli di qualità davvero impressionanti.

Perché decidesti di proporti per collaborare con noi? Ti ricordi il primo pezzo?
Frequentavo il sito molto spesso, trovavo sempre letture stimolanti che mi davano una diversa prospettiva a cui guardare al fumetto. In precedenza avevo scritto alcune recensioni su un forum nato dalle ceneri del forum Panini 2.0, e quando mi sono trovato senza lavoro e con molto tempo libero ho deciso di ricominciare a scrivere con più costanza, finché non ho trovato il coraggio di lanciarmi e propormi per il sito. Il primo pezzo, scritto poco più di un anno fa, è stata la recensione di un fumetto che mi ha colpito nel profondo e che considero uno dei migliori del 2014, ovvero Le ragazzine hanno perso il controllo. La società le teme. La fine è azzurra scritto da quel talento di Ratigher. Ancora oggi lo considero uno dei mie pezzi migliori.

Come è cambiata la percezione del sito una volta entrato in redazione? Cosa ti ha colpito di più?
Quando leggi un articolo su un sito, non sai cosa si possa nascondere dietro. Entrare in una redazione come quella de Lo Spazio Bianco è un’esperienza incredibile: competenza e professionalità in un ambiente famigliare, divertente, in cui si condividono passioni in allegria e in cui si cresce, non solo da un punto di vista tecnico ma soprattutto umano. Ho conosciuto persone squisite, con cui discutere e scherzare non solo di fumetti, ma di tutto. Una delle scelte migliori che abbia fatto.

L’articolo di cui vai più fiero?
Considerata la mia tendenza perfezionista, unita a una punta di pessimismo e all’eccessiva tendenza di sminuire tutto ciò che faccio, potrei dire che l’articolo di cui vado fiero sarò il prossimo che scriverò. Però, cercando di uscire dal mio personaggio, posso dire che forse quello di cui vado più fiero è la recensione del Celestiale Bibendum. Non è entrato nella lista dei miei fumetti preferiti di sempre, l’ho trovato complesso, a tratti contorto, ma proprio per questo ha rappresentato una sfida stimolante, ho dovuto lavorare sodo per cercare di superarla, e questo mi ha permesso di fare un lavoro quanto più possibile attento e dettagliato. Più che per il risultato finale, sono fiero dell’impegno che ci ho messo.

Sei un grande appassionato di fumetto supereroico statunitense e di autoproduzioni, due modi di interpretare il fumetto apparentemente antitetici tra loro. Nella tua esperienza personale, dove è avvenuto il punto di contatto tra i due?
Ecco, questa è una domanda difficile a cui non avevo mai pensato. Il mio percorso nel mondo del fumetto è stato un lento movimento dalla serializzazione per ragazzi a letture più complesse, sia in termini di contenuti che tecnici. Sono curioso per natura, e questo mi ha sempre spinto nei fumetti come nella vita a cercare nuovi stimoli. Non so bene se ci sia effettivamente un punto di contatto tra supereroi e autoproduzioni, anzi, forse non c’è proprio. Ma la cosa affascinante è che il mezzo è sempre lo stesso, è sempre il fumetto, che mostra la sua potenza, la sua poliedricità, un’arte che può raccontare qualsiasi tipo di storie, dall’action più sfrenato e colorato  fino a racconti surreali, criptici, oppure autobiografici. È uno strumento di narrazione ricco, complesso, che riesce a superare qualsiasi barriera e potenzialmente non ha alcun limite, soprattutto nel mondo moderno, in cui la tecnologia mette a disposizione strumenti che possono far evolvere un linguaggio in tantissime direzioni diverse. Forse è proprio per questo che mi spingo in direzioni diverse: amo il fumetto e tutto quello che può fare.