So long, “Man”

So long, “Man”

“What is this thing that builds our dreams, yet slips away from us…”
“Touch my world with your fingertips
And we can have forever…”
[Who wants to live forever – Queen]

Il 12 novembre 2018  se n’è andato Stan Lee, nato Stanley Martin Lieber il 28 dicembre 1922.
Nonostante la veneranda età, la notizia della sua dipartita ha colto tutti di sorpresa, perché per gli appassionati di fumetti in generale e per quelli di comics supereroistici in particolare, Stan Lee era considerato ormai una sorta di Highlander, un immortale, abituati come eravamo a vederlo apparire in un cameo in ogni film con protagonista un personaggio dell’universo Marvel (e negli ultimi anni, sono stati davvero tanti), oppure presenziare a qualche convention in giro per gli USA.

È vero che gli ultimi anni non sono stati facili per Lee. Dal 2012 le sue condizioni di salute sono peggiorate, costringendolo a numerosi ricoveri in ospedale; nel 2017 ha perso Joan, la moglie che gli è stata accanto tutta la vita; nell’ultimo anno e mezzo è stato poi coinvolto in una brutta storia di maltrattamenti e in una lotta per la gestione del suo patrimonio con protagonisti la figlia JC, il suo assistente e una serie di avvocati e manager. Storia confusa e mai chiarita ma che sembrava essersi risolta positivamente negli scorsi mesi.

Tuttavia, l’immagine pubblica di Stan “The Man” Lee è sempre stata quella sorridente che gli appassionati hanno conosciuto fin dagli esordi dei fumetti della Marvel all’inizio degli anni ’60.
Con Lee scompare definitivamente la generazione di autori che hanno dato vita alla Silver Age dei comics e che hanno costruito, pezzo dopo pezzo, storia dopo storia, personaggio dopo personaggio, l’universo supereroistico della Casa delle Idee.
È lui che trasforma la casa editrice Timely Comics in Marvel Comics e ne risolleva le sorti creando, in coppia con autori come Jack Kirby e Steve Ditko, personaggi come l’Uomo Ragno, Hulk, Thor e gli X-Men, una nuova generazione di supereroi con superproblemi più vicini al sentire dei lettori di fumetti.
Per molti il suo capolavoro resta L’Uomo Ragno – incarnazione della sua concezione di supereroe. Personalmente però la sua opera maxima, in coppia con The King Kirby, restano i primi 103 numeri dei Fantastici Quattro, un’epopea a fumetti lunga otto anni e mezzo che ha definito un intero universo narrativo e la sua cosmogonia, regalando ai lettori personaggi come il Dottor Destino, Galactus, gli Inumani, Black Panther, Silver Surfer e decine di altri che ancora oggi popolano le storie della Marvel.

È stato proprio lui a creare il cosiddetto stile Marvel, un modo completamente inedito di scrivere i fumetti. Lee forniva delle brevi sinossi della storia al disegnatore spesso sottoforma di registrazioni vocali; toccava poi a quest’ultimo sviluppare il racconto in ventidue pagine e ripassarle a Lee, che ne inseriva i dialoghi.
Non è stato uno stinco di santo, Lee, e i suoi contrasti con i disegnatori sono passati alla storia soprattutto a causa del suo non voler riconoscere l’apporto degli stessi nel processo creativo. I suoi scontri con Jack Kirby, in tal senso, sono stati epici.

Ma che cosa ci lascia Stan Lee in eredità? Sicuramente un pantheon supereroistico di personaggi che ancora oggi accompagnano quotidianamente migliaia di lettori e un modo di intendere l’eroe in maniera molto più umana e vicina al reale, di quanto avessero fatto Superman e Batman fino all’arrivo dell’Uomo Ragno & Co.

Ecco, è forse questo il lascito più importante di Lee, un lascito che negli ultimi anni ha attecchito nell’animo e nel modo di scrivere di autori come Tom King, Jason Aaron e Jeff Lemire, che da un po’ di tempo a questa parte nei loro fumetti stando dando vita a un Nuovo Umanesimo Supereroico, un’interpretazione dell’eroe in cui i suoi sentimenti e le sue debolezze di essere umano sono elementi fondamentali della narrazione.

Ho detto all’inizio che la morte di Lee ci ha colti di sorpresa, perché lo pensavamo immortale.
Ma immortale in effetti lo è, nei cuori di tutti i True Believers, gli appassionati lettori di fumetti della Marvel Comics così come lui li aveva ribattezzati.

So long, Excelsior.
Buon viaggio.
Mi piace pensare che sei arrivato in un nuovo piano di esistenza, in uno degli infiniti universi che hai creato nei tuoi fumetti.
Mancavi solo tu lì, perché il Marvel Bullpen – il modo in cui avevi rinominato la redazione della Casa delle Idee negli anni ’60 – fosse di nuovo al completo.
Ti aspettavano già Jack, Steve, John, Don, Flo e tanti altri.
Per ricominciare a scrivere, litigare e creare – stavolta per l’eternità – nuove avventure con i tuoi meravigliosi personaggi.

‘nuff said