Robur il Conquistatore secondo Nizzi e Zeccara
Recentemente è uscito per Allagalla “Robur il conquistatore” di Jules Verne adattato da Claudio Nizzi e Nevio Zeccara, che mostra in copertina l’iconica fortezza volante che con gli occhi di oggi ha un sapore steampunk, ovviamente antelitteram.
Su questo blog, dove mi occupo di letteratura e fumetto, torno a occuparmi volentieri di quest’opera, che nasce originariamente per “Il Giornalino” delle edizioni Paoline nella loro gloriosa stagione anni ’80.
La valida introduzione di Roberto Guarino contestualizza l’opera in un lavoro di Nizzi su Verne che muove da una profonda passione dello sceneggiatore per il maestro della fantascienza francese.
Va sottolineato come, seppur apparentemente minore rispetto ai capolavori iconici di Verne che tutti conoscono almeno indirettamente, quest’opera è invece particolarmente importante, perché è il cardine del passaggio di Verne da una fantascienza ottimistica, sviluppata per l’editore Haetzel dal 1862 al 1886, e una più pessimistica sull’uso della tecnologia, che prosegue sulla casa editrice dopo la morte di Haetzel stesso.
Verne si emancipa dalla sua influenza, volta più, per ragioni commerciali e forse anche ideali, a una visione positivistica della scienza come mezzo indiscutibile di progresso, e approda a una visione cupa che in realtà gli è più confacente. Una cupezza legata alle asprezze della vita, dalla morte stessa dell’amico Haetzel a dissapori famigliari, fino al tentato omicidio da parte di un parente folle, oltre all’invecchiamento e alla malattia. Tuttavia Verne rimase comunque perfettamente lucido e operativo in quegli anni, e la visione pessimistica non è quindi, probabilmente, solo un portato di problemi personali.
Verne infatti è associato per antonomasia alla visione ottimistica, “ingenua” della fantascienza. In realtà, nel suo “Parigi nel XX Secolo”, rifiutato da Haetzel nel 1863 e riscoperto solo nel 1994, l’autore mostra già una visione molto più critica della tecnologia, che produce un futuro dominato dalle macchine, dove non c’è più spazio per la poesia. Sul tema tornerà (assieme al figlio Michael) nel 1889, con il suo racconto “In the Year 2889”. In un futuro remotissimo, Usa e Russia si sono spartiti il mondo, e la vera guerra è per il controllo dell’informazione. Verne anticipa perfettamente anche il video-telefono e forme avanzate di comunicazione. Come al solito, le tecnologie sono ovviamente ingenue, ma la brillantezza è sorprendente, anche quando si allontana dalla macchina avventurosa.
Ovviamente, i gusti del grande pubblico erano più sedotti dalle imprese mirabolanti consentite da macchine spettacolari, e Verne si adattò ad esse.
Il romanzo “Cinque settimane in pallone” (1862) che inaugura la serie dei Viaggi Straordinari era ispirato alle imprese pionieristiche dell’amico Nadar, il grande pioniere francese della fotografia, che nel 1863 aveva costruito un enorme pallone aerostatico, Le Géant (“Il gigante”); il fallimento del progetto convinse Nadar che il futuro dell’aeronautica sarebbe appartenuto ai mezzi più pesanti dell’aria, istituendo un’associazione per la loro promozione, della quale Verne fu segretario. Si tratta del tema che, come diremo, torna in questo Robur il conquistatore.
Verne si ispirò nuovamente all’amico Nadar (che l’aveva messo in contatto con Haetzel, tra l’altro) per il personaggio di Michel Ardan del romanzo “Dalla Terra alla Luna” (1865), l’archetipo stesso della fantascienza verniana, foss’anche solo per aver anticipato di un secolo esatto, ovviamente con errori, l’impresa poi compiuta dall’uomo nel 1969.
Già in “Ventimila leghe sotto i mari” (1870) appare una certa disillusione verso la tecnologia nella figura del Capitano Nemo, genio inventore del sottomarino che tuttavia lo usa per la sua ossessione di vendetta. Il tecno-scienziato avventuriero e superuomo appare come una figura ambigua, ammirevole per il suo coraggio e la sua genialità, ma inquietante nella folle ossessione, inseparabile dal genio nel romantico connubio “genio e sregolatezza”. Anche il sottomarino, che renderà terribile la guerra navale dal 1915 in poi, è una grande anticipazione, di cui Verne prevede anche l’aspetto terrificante.
Forse è un caso, ma il 1870 è anche l’anno della tremenda guerra franco-prussiana, dove si vede platealmente come l’età di progresso tecnologico non preclude, anzi amplifica la distruzione reciproca tra le due grandi nazioni mittel-europee.
Robur le Conquerant andrà ancora oltre a Nemo, e se in quest’opera è figura ambivalente ma non così estrema, egli supererà ogni limite ne Il Padrone del Mondo (1904), l’ultimo capolavoro verniano prima della morte nel 1905. La sua macchina, perfettamente anfibia su ogni terreno, deve servire a dargli la supremazia tecnologica. Non a caso, è una delle opere più citate in chi vuole vedere un “Verne massonico”: e anche Umberto Eco la cita en passant in quella summa del cospirazionismo che è il “Pendolo di Foucault”, dove Casaubon ipotizza che Robur le Conquerant sia R.C., il cavaliere Rosa+Croce (una citazione a margine ma non irrilevante, in quanto tutta la storia, a partire dal Pendolo di Foucault che le dà il titolo, gioca sul fatto che la storia della tecnologia e la magia sono strettamente intersecate).
Questa premessa letteraria più corposa mi è sembrata utile per apprezzare appieno la brillantezza dell’operazione di Nizzi. Nizzi adattatore sul Giornalino infatti sorprende per la sua capacità di coniugare una certa fedeltà con una sintesi estrema: il capolavoro è, per me, “I miserabili” di Hugo ridotti nelle usuali 80 pagine massime assegnate a un romanzo adattato.
Verne, da lui amato e perfetto per l’intrattenimento, è forse l’autore più adattato da Nizzi sul Giornalino. Come ricorda Guarino, abbiamo L‘isola misteriosa (1970-1), Un capitano di 15 anni (1971-2); a cui erano seguiti Michele Strogoff (1973), i Figli del Capitano Grant (1974) di Traverso e Caprioli (con completamento, sul secondo, di D’Antonio).
Era poi stata la volta di “Viaggio al centro della terra” (1978), “Tribolazioni di un cinese in Cina” (1980), “Ventimila Leghe sotto i mari” di Traverso e Polese. Insomma, un Verne ogni anno, e poi un Verne ogni due anni. Nizzi, responsabile del fumetto sul Giornalino, torna nel 1984 con questa storia, accompagnato da Zeccara.
Nevio Zeccara, classe 1924, è indubbiamente uno dei grandi del fumetto italiano che va recuperato (la centralità di Nizzi, anche per il suo lavoro su Tex oltre che sul Giornalino, è credo fuori discussione). Già nella sua collaborazione al Vittorioso – dopo un servizio militare in aviazione – Zeccara si era distinto, fin dai tardi anni ’40, per il culto dell’elemento tecnologico perfettamente rappresentato, e in una copertina del 1953 aveva appunto rappresentato la macchina di Robur ne Il padrone del mondo, mostrando come si era inverata nella moderna aereonautica.
In seguito, per il mercato estero, Zeccara realizzò anche i fumetti di Star Trek, nel 1967, molto prima dell’arrivo dell’Enterprise qui da noi, sugli schermi. Per il Giornalino aveva realizzato il fantascientifico Kriss Boyd (1976) e gli Astrostoppisti di Castelli, in anticipo sulla Guida Galattica di Douglas Adams. Come ho avuto modo di scrivere, la sua conquista più sorprendente fu aver portato Lovecraft sul Giornalino.
Nevio Zeccara e il Lovecraft del “Giornalino” – Come un romanzo
Insomma, pur nell’innegabile contesto di una operazione sia commerciale sia di fumetto “educativo”, un lavoro che possiamo immaginare molto sentito e congeniale per i due autori. Per quanto riguarda Nizzi, come detto, è encomiabile la sua capacità di dare l’impressione di un romanzo in uno spazio fumettistico molto ristretto, qui di una cinquantina di pagine. Quello che è interessante è quindi vedere cosa lascia, e a cosa dà quindi centralità. L’adattamento molto sintetico, come qui, costringe a una scelta spesso interessante.
Ovviamente, Nizzi lascia, intanto, tutto ciò che può essere avventuroso e d’azione, perfettamente assistito dai disegni di Zeccara, ispirato sia alle illustrazioni originarie, sia al film di William Whitney del 1961 (autore apprezzato anche da Tarantino).
Appare però interessante uno slittamento della linea comica. In Verne essa era legata molto al servitore di colore del presidente dell‘associazione dei “pallonisti”, teorici del volo più leggero dell’aria. Nizzi riduce molto il suo ruolo comico, e si può intuire che ci sia un problema di delicatezza nel maneggiarlo su un giornale per ragazzi cattolico post-conciliare e orientato più sulla “sinistra ecclesiale” come quello dei Paolini. Ma ciò gli consente anche di esaltare il ruolo comico dei due ostinati pallonisti, dove soprattutto il borioso presidente diventa l’occasione di una satira riuscita. Anche qui, torna utile l’abilità nel segno di Zeccara, che a macchine impeccabili nelle scene d’azione in campo lungo giustappone una notevole abilità nella caratterizzazione dei personaggi, sempre lievemente umoristica, in un segno personale e subito riconoscibile.
Lo spettacolo dei due pallonisti sbigottiti dalla potenza della nuova età delle aeronavi ha però elementi sottilmente inquietanti: la boria del presidente, che rifiuta di vedere la verità anche quando è sotto il suo naso, è una cecità comica ma disturbante in un uomo di scienza. In qualche modo, è il contraltare a Robur, superuomo che, per ottenere la vittoria scientifica, è disposto a rischiare la sua vita e quella degli altri. Robur è il superuomo della scienza: ma Prudent, il presidente (nome altrettanto simbolico di “robur”, “forza”, col rimando alla “prudenza” rispetto ai salti scientifici) è l’inetto che resta tale anche se scientificamente colto.
Alla fine, Nizzi gli assegna una profezia amaramente ironica: “Robur è la scienza futura” che potrà migliorare la vita dell’uomo, “se l’uomo saprà usarla!”. Sembra un cauto ottimismo, appropriato per la testata. Tuttavia, se consideriamo che uso verrà fatto dell’aviazione nella seconda guerra mondiale (Coventry, Dresda, Hiroshima…) appare un monito destinato a restare inascoltato. E dietro lo spettro di Robur che va in dissolvenza appare la sinistra sagoma del Dottor Stranamore.