Modesta proposta.
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Modesta proposta.

 

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Il ritorno di Sclavi su Dylan Dog per il trentennale, dopo quasi dieci anni di silenzio, è indubbiamente una notizia per il fumetto italiano.

Su questo blog mi occupo di fumetto e letteratura: quest’opera non è, naturalmente, un adattamento letterario (tra i tanti che invece Sclavi ha fatto, e ci torneremo in altri post) ma in qualche modo ha una connessione con la letteratura, evidente fin dalla copertina (e dai redazionali): il rimando a Non è successo niente, il romanzo che Sclavi aveva pubblicato nel 1998, e che viene anche citato, in modo significativo, all’interno dell’albo.

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Il titolo rimanda al sogno di un giornale che faccia una prima pagina così, senza inventare per forza un chiacchiericcio di notizie inutili, e in questo senso lo cita Groucho; ma è anche la frase-tipo dell’alcoolista che nega i suoi problemi, e in questo senso la riprende Dylan (e dell’alcoolismo si parlava ampiamente nel romanzo).

Significativo, dunque, che per il ritorno di Sclavi si scelga di citare una sua opera letteraria (preciso: ovviamente, la white cover ha un senso anche fumettistico, per le dediche, per l’effetto shock e tutto il resto).

Ma la cosa mi è sembrata una buona scusa per un post un po’ più militante, diciamo, una modest proposal come quella di Swift (e per molti, credo, ben più scandalosa):  bisogna inserire Sclavi nel canone letterario italiano.

Non per Sclavi in sé: ma se il fumetto italiano ci tiene a mantenere e ad aumentare la propria precaria legittimazione culturale (ottenuta, in parte, ma sempre a rischio, non illudiamoci) non deve secondo me dormire sugli allori. Un po’ forse lo crede anche la Bonelli, se no non avrebbe fatto questa cover (e altre operazioni simili).

Non è solo una velleità culturale. Il pregio principale, per me, è rafforzare lo scudo – che dovrebbe essere ovvio, ma tanto non è – che protegge (in parte…) le produzioni con dignità letteraria. L’ultimo tentativo di censura contro il cinema italiano fu quella contro “Totò che visse due volte” di Ciprì e Maresco: e lo scandalo che suscitò diede il destro a Walter Veltroni  per abolire i residui strumenti di censura preventiva sul cinema.

Anticaglie, naturalmente, ma ancora attive nel 1998. L’interrogazione parlamentare contro lo splatter, nel 1990, solo otto anni prima, venne invece firmata anche da Luciano Violante, della stessa area politica. La legge non passò, ma lasciò i suoi segni, come mostrano sia Caccia alle streghe, su Dylan, sia proprio Non è successo niente (che può avere, volendo, anche quel senso: non è successo niente, la censura non è passata, ma invece, sottilmente, la richiesta di censura ha avuto un suo effetto).

Quindi, riterrei utile inserire un primo fumettista nel canone letterario (ci sono Guareschi, Buzzati tra i precedenti: ma la loro attività sul fumetto è a margine di quella letteraria).

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Ovviamente non sono cose che si ottengono subito: il primo passo da ottenere, a mio avviso, sarebbe una antologia per le superiori che includa anche Sclavi tra gli autori del Novecento (magari rivendicando con discrezione, in chiave anche “pubblicitaria”, tale scelta), niente di trascendentale, una biografia, una sobria foto (magari il ritratto di Stano, invece, di qui sopra), qualche brano antologico, qualche racconto, una scheda film e qualche fumetto. Se la cosa è fatta bene, spesso si ottiene un effetto emulativo.

Schede di arte e cinema sono entrate così, gradualmente, nelle plumbee antologie delle superiori di un tempo (l’opera-chiave della svolta è Il materiale e l’immaginario di Remo Ceserani e Lidia De Federicis, l’edizione del 1992: manuale ancora farraginoso a tratti, ma per molti versi brillante e sperimentale). E con questo chiarisco anche perché letteratura più che arte: perché quella materia c’è in tutte le scuole superiori.

E per questo è meglio puntare su Sclavi piuttosto che su Pratt e Pazienza, per dire (che il loro spazio in un manuale di storia dell’arte italiana, comunque, lo meriterebbero da tempo). Sclavi, a differenza di altri, è anche scrittore puro: e non è troppo “nuovo” cronologicamente (per chi è esterno al mondo scolastico, sembrano fisime, ma…).

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Il primo romanzo, Film, è infatti del 1974. Non ho letto il libro (devo recuperare), ma il titolo esprime bene col paradosso dell’ossimoro quello della scrittura post-moderna.

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Accennerei a questo punto di sfuggita a Un sogno di sangue (1975), Guerre terrestri (1978), che confluiscono in opere successive, e passerei alle opere post-Dylan: Tre (1988) e Nero (1991), per cominciare, dove il confronto tra le copertine mostra da solo il boom avvenuto di Dylan Dog, col passaggio agli anni ’90. Soprattutto Nero può essere antologizzato utilmente, c’è anche un film del 1992, di cui la sceneggiatura è di Sclavi, diretto da Giancarlo Soldi.

1991

Ma ancor di più merita dare ampio spazio a Dellamorte Dellamore (1991), che come noto si collega potentemente al personaggio fumettistico. C’è anche il famoso film con Rupert Everett, di Michele Soavi, che non è mai una brutta cosa per un autore da antologizzare (la scheda sui film da far vedere in classe è un must); però qui si potrebbero anche allegare alcune pagine di Dylan che adattano passaggi del romanzo, in modo fedele o no, invitando a un confronto per analogia che potrebbe diventare un modello anche con altri adattamenti a fumetti, su altri autori del canone, ma che qui ha una evidenza, una necessità più stringente.

I vantaggi di antologizzare Sclavi mi paiono evidenti: è abbastanza fumettistico (“ci sono gli zombie!”), ma anche abbastanza letterario per giustificarsi nel senso “alto” del termine (per quanto il concetto ovviamente non mi piaccia: “Ci sono gli zombie sì, ma gli zombie sono un simbolismo sociale evidente”).

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Sogni di sangue (1992) ha il positivo di essere una antologia di racconti: si può quindi inserire anche un’opera integrale nel nostro ipotetico capitolo su Sclavi. Apocalisse, dello stesso anno, può invogliare a un parallelo con l’albo omonimo di Dylan Dog (ci torneremo, magari).

In parallelo a Sogni di sangue, si può invece inserire qualche Dylan Dog breve: uno dei vantaggi di Sclavi che ci sono storie di Dylan brevissime, e perfette (antologizzare tutto un Bonelli o un romanzo di Gipi è impossibile).

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1996

Il passaggio da Mostri (1994) a Le etichette delle camicie (1996) mostra fin dal titolo, e ancor meglio dalla grafica di copertina, la volontà di passare dal recinto del genere alla letteratura mainstream. Un salto riuscito a mio avviso sotto il profilo contenutistico, fallito nella percezione mediatica: la gabbia del genere si è sommata alla gabbia del fumetto nel bloccare Sclavi fuori dal canone letterario, per me ingiustamente.

2006

L’uscita dal genere, però, è a mio avviso a suo modo utile, in quest’ottica di cui ho parlato sopra, per confermare la piena dignità letteraria dell’autore a chi abbia resistenze verso il genere. Un percorso in cui si inserisce anche il romanzo del 2006, Il tornado di valle Scuropasso, che mostra il proseguire (per ora interrotto) dell’attività letteraria dell’autore, in parallelo col momentaneo ritorno al fumetto, negli stessi anni.

Invece la ripresa della sua attività fumettistica oggi, nel 2016, che è stata giustamente molto pubblicizzata, potrebbe essere un fattore per convincere qualche editore di scolastica a inserire Sclavi in una delle periodiche e frequenti revisioni delle proprie antologie.

Questo è quanto: e se la cosa riuscisse, non saremo riusciti a far cannibalizzare agli inglesi i fanciulli morti dei loro sottomessi, come voleva Swift, ma faremmo studiare a fanciulli sottomessi le storie di non morti cannibali inglesi. Che è comunque, credo ne conveniate, un bel risultato.

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