
Gli eroi del fumetto rivivono “Tra le nuvole”
“Tra le nuvole” è una nuova collana di If Edizioni che tenta una operazione molto interessante: prende infatti alcuni grandi classici del fumetto italiano e li ripropone in agili volumetti illustrati per ragazzi, a costo contenuto (9.90 euro).
Su questo blog, dove mi occupo del rapporto tra la letteratura e il fumetto, ho già avuto modo di anticipare l’uscita di questa interessante collana (vedi qui), ideata e condotta da Davide Barzi, sceneggiatore di grande esperienza di cui similmente ho parlato di sovente, dato che spesso nei suoi lavori – a partire da quello più noto, l’adattamento di Don Camillo a fumetti – si trova uno stretto rapporto col “letterario” in senso lato.
Questa operazione mi sembra intelligente e coraggiosa. L’idea mi era apparsa positiva, e ora che ho potuto apprezzarne lo sviluppo confermo l’impressione di un progetto riuscito e pensato.
Si parte da un dato innegabile: il fumetto italiano ha una ricchezza sterminata, grazie al suo fumetto popolare che, nella sua età dell’oro, ha sfornato un quantitativo senza pari di tavole di fumetto di altissima qualità. Si tratta di una produzione che oggi merita di essere valorizzata e riproposta al pubblico: sia quella per il pubblico di lettori adulti, che possono ritrovarvi le narrazioni dell’infanzia o scoprire nuovi fumetti affini a quello con cui sono cresciuti.
Ma è fondamentale cercare di mediare questo patrimonio anche alle nuove generazioni di fumettofili. Non, naturalmente, per rinverdire i fasti del passato, ma per sfruttare una curiosità che esiste, e che merita cercare d’intercettare.
La difficoltà che presenta l’operazione, e a cui Barzi col suo team non si sottrae, è quella di mediare questi personaggi per un pubblico anche molto giovane senza snaturarli, in modo che, eventualmente, qualcuno dei giovani lettori sia poi interessato a proseguire con la versione più matura, più avanti, e non ne sia deluso “a priori” per l’infedeltà.
L’operazione più semplice è forse quella di “Mio fratello Blek Macigno”. “Il grande Blek” del premiato trio torinese EsseGiEsse, fumetto esordito nel 1954, fu uno dei grandissimi successi dei fumetti anni ’50, con oltre 400.000 copie vendute all’apice del successo. Un volume di vendite, per capirci, che lo mettono nell’ordine di grandezza del successo di Dylan Dog nella sua età dell’oro, ovviamente in condizioni differenti. Era ovviamente il periodo del grande western fumettistico all’italiana, e allora Blek della Dardo sopravanzava come vendite anche il precedente Capitan Miki (sempre del trio autoriale per la Dardo: le vendite vennero doppiate) e il Comandante Mark degli stessi autori; ma perfino Tex, che sarebbe rimasto l’icona assoluta superstite di quegli anni, in un’Italia che solo quell’anno avrebbe imparato a conoscere la televisione.
In questo caso, con le belle illustrazioni di Denise Alini, Barzi ha a mio avviso buon gioco nell’imbastire un’avventura di preadolescenti che rievoca le atmosfere di Tom Sawyer e Huckleberry Finn, in cui ritroviamo l’eroe nella sua età giovanile, in una storia allegra e scanzonata. I disegni, in un personale e colorato stile euromanga, accompagnano bene la storia contribuendo a mantenere il ritmo veloce e il tono simpaticamente leggero.
Una bella scheda finale introduce il personaggio e la scena fumettistica da cui proviene, con la consueta cura che appare in tutti i prodotti di Barzi (ho trovato brillante il parallelo tra il fumetto a strisce e lo smartphone, che dà una idea immediata del formato a ragazzini che forse non riescono nemmeno a immaginarlo). Naturalmente, non manca un rimando alle altre testate.
Il secondo personaggio recuperato è ancora oggi in edicola (anche Blek Macigno non è del tutto sparito, con periodiche riproposizioni, ma non ha una continuità e vitalità paragonabili). Si tratta di Eva Kant, qui Eva K., per le illustrazioni di Erika De Giglio, l’altra autrice coinvolta per ora nei disegni. Pur nell’autonomia riconoscibilissima del segno, si conferma una scelta di taglio euromanga, coerente con la proposta a un pubblico condizionato dall’immaginario nipponico o dalla sua ripresa europea e americana.
La sfida è qui più raffinata, perché – anche sfrondato della componente violenta presente nel fumetto originale: violenza algida ed elegante, ma innegabilmente presente in Diabolik – le avventure della giovane Eva devono preparare quelle di una ladra internazionale. Un materiale quindi che, nella letteratura per ragazzi, è utilizzabile ma con una certa delicatezza (vedasi il riuscito “Cattivissimo Me”), di cui Barzi si dimostra capace, usando anch’egli la leva di un accentuato umorismo (presente già in Blek).
Se Blek andava proiettato nel passato, e quindi era più difficile mediare temi moderni (o meglio, avviene in modo più indiretto, più sfumato, nel desiderio di amicizia di Roddy e in altri temi comunque coniugati in modo coerente con lo scenario ottocentesco) qui invece Barzi può introdurre molte tematiche in grado di intercettare la situazione personale dei giovani lettori e, forse, ancor più, lettrici, in questo caso.
L’elemento umoristico viene rafforzato da un gioco metanarrativo, con la giovane Eva affascinata dalla misteriosa ladra letteraria Sofistik. Naturalmente questo offre spazio a numerosi divertiti giochi metaletterari, incluso il tema della proibizione dei libri “diseducativi” che subisce a un certo punto della storia anche la giovane protagonista. In questo modo il tema del limiti o meno della finzione è riportato all’interno della storia e tramite questa “mise en abime” diventa oggetto di una possibile riflessione per il giovane lettore/lettrice. La solita scheda finale presenta la nascita del fumetto nel 1962, nella Milano del boom delle sorelle Giussani, e il formato pocket della Astorina che ne farà la fortuna, non così lontano dal formato che porterà al successo dei manga odierni.
“Jean e la sua banda”, di nuovo con illustrazioni di Denise Alini, mette di nuovo curiosamente al centro una differente ladra internazionale, più scanzonata: la giovane co-protagonista della serie degli Aristocratici di Alfredo Castelli, ideati per il Corriere dei Piccoli nel 1973 (e in qualche modo la serie è a sua volta anche un esercizio di ineffabile ironia british sull’invasione di kriminali in k, cattivissimi, che avevano invaso i fumetti tra i ’60 e i ’70). Di nuovo un fumetto che sceglie una eroina femminile “fuori delle regole”, probabilmente non a caso, ma con una storia “corale” e non individuale.
Viene anche da pensare che si tratti del caso più “vicino” tra adattamento letterario per un pubblico molto giovane e fumetto: è il caso in cui il passaggio potrebbe anche essere immediato o quasi, perché già Castelli declina i suoi abilissimi ladri al servizio di sua Maestà e, seppur un po’ incuranti delle leggi della proprietà privata, in fondo mai al punto di spingersi all’omicidio (ma, lascia quasi intendere Castelli nella sua ineffabile ironia, più perché sarebbe una caduta di stile che per chissà quale freno morale). Del resto questo fumetto nasceva per la storica rivista a fumetti con cui nasce nel 1908 la tradizione del fumetto italiano, altro pilastro culturale (scomparso) di cui il giovane lettore può fare la conoscenza. L’origin story di questa “Lega di Nobiluomini Straordinari” può facilmente affascinare chi ha apprezzato la giovane Eva, e viceversa, anche se qui la declinazione è appunto, coerentemente, più spionistica che ladresca (le due componenti sono compresenti in Castelli, ma Barzi direi sceglie di accentuare di più l’elemento di differenziazione).
Per concludere, un fumetto del 1976 oggi ingiustamente un po’ dimenticato, di un maestro del calibro di Mino Milani, meno celebrato di quanto meriterebbe. “Il maestro” diviene qui “Max odia la magia”, e ci introduce alla conoscenza della versione infantile del personaggio dotato di poteri medianici. Sempre Erika De Giglio alle riuscite illustrazioni, mentre Daniele Mocci affianca Davide Barzi nella scrittura della storia, scorrevole e professionale come le altre.
“Il Maestro”, figlio anch’esso del Corriere dei Ragazzi, è il capostipite un po’ dimenticato del fortunatissimo filone degli investigatori del sovrannaturale bonelliano. Il primo di essi, sempre di Alfredo Castelli, è ovviamente il celeberrimo Martin Mystére, nel 1982 (già nel 1975, un anno prima del Maestro, Bonelli con Mister No si era già spinto nel ‘900 abbandonando lo scenario del west ottocentesco, ma rimanendo comunque saldamente nei territori dell’avventura esotica): ma sarebbero seguiti a breve l’orrorifico Dylan Dog (1986), il fantascientifico Nathan Never (dove il sovrannaturale diviene potere Esper di sensitivi, alieni-vampiri e simili), il western-sovrannaturale Magico Vento e numerosi altri, in differenti declinazioni, tra Bonelli e Bonellidi.
Con Maximus, Barzi e i suoi inseriscono anche un eroe apertamente nell’ambito del fantastico, un “giovane maghetto”, quasi, antesignano di Harry Potter, e un nuovo giovane eroe maschile a fianco di Blek.
Insomma, quattro volumetti per esplorare quattro possibili declinazioni di questa operazione, in quattro direzioni diverse ma non completamente divergenti, anzi, potenzialmente avvicinabili (specie, a mio avviso, i tre personaggi di ambientazione “contemporanea”). Chissà se Barzi in cuor suo pensa anche a un possibile team up.
La Bonelli aveva tentato esperimenti di questo tipo, nel corso degli anni ’10, con una certa timidezza e senza successo significativo, data la cessazione degli esperimenti. Questa operazione di If appare strutturata in un modo differente, ma anche (a parte l’indiscutibile qualità) più “sostenibile”, come serie di romanzi illustrati invece che di storie a fumetto, ma tenendo ben vivo il riferimento alle opere originali tramite, come detto, la fedeltà narrativa e le schede integrate.
Personalmente auguro il maggior successo possibile a questo progetto, perché rappresenta un raro tentativo editoriale di mantenere viva la nostra preziosa tradizione fumettistica.