
Tiziano Scarpa, La penultima magia
Tiziano Scarpa (Venezia, 1963), tra i principali scrittori italiani contemporanei, ha un suo rapporto col fumetto: l’occasione del suo nuovo libro, “La penultima magia”, ci offre lo spunto per parlarne su questo blog, che indaga appunto i rapporti tra letteratura e fumetto.
Una prima liason con il medium può essere rinvenuta nel suo primo romanzo, “Occhi sulla graticola” (1996), che lo fa avvicinare dalla critica alla corrente dei “Cannibali” che si andava affermando nell’Italia di quegli anni. In generale, nei “Cannibali” si può identificare un debito col fumetto, fin dal nome, che riprende quello della nota avanguardia fumettistica del ’77 (un romanzo di Brizzi di quegli anni, “Bastogne”, avrà in copertina un’immagine dello Zanardi di Andrea Pazienza, riprendendone in parte i temi).
In “Occhi sulla graticola” dunque la protagonista, Carolina, studentessa della Accademia di Belle Arti a Venezia, si occupa di disegnare i genitali censurati sugli hentai importati dal Giappone per la rivista Kiss Manga, dove è nota come Maria Grazia Graticola. Alfredo, impegnato in una tesi su Dostoevskij, cerca di sedurla: da cui il titolo.
Il riferimento alla cultura orientale, non più in chiave fumettistica così esplicita, ritorna in “Kamikaze d’Occidente”, il cui protagonista maschile è nuovamente un inetto novecentesco impelagato in un lavoro con implicazioni erotiche (2003), e un frequente rimando a Kafka nelle situazioni e nei temi. La consacrazione giunge con “Stabat Mater”, nel 2009: l’opera si distacca dai toni “cannibali” in un romanzo storico d’ambientazione veneziana, nell’archetipo ‘700. Intanto, però, Scarpa ha incontrato le opere di Massimo Giacon, fumettista di alto livello (qui i numerosi riferimenti su Lo Spazio Bianco). Giacon, classe 1961, dopo l’esordio sul Mago nel 1980, aveva del resto collaborato su quel “Frigidaire” dove i “cannibali” fumettistici avevano cercato il “segno degli anni ’80”, per poi proseguire con Linus e altre pubblicazioni – a fianco del lavoro come illustratore e designer.
Scarpa e Giacon realizzano insieme “Amami” (2007), raccolta di racconti illustrati; cui segue nel 2014 “Il mondo così com’è” (qui l’analisi del nostro sito, qui un’intervista), una graphic novel premiata al Premio Boscarato del Treviso Comic Book Festival come fumetto dell’anno.
Questa nuova opera di Scarpa, “La penultima magia”, uscita per Einaudi in questo 2020, presenta una continuità con questo rapporto: la bella copertina è infatti di Massimo Giacon, che nel suo caratteristico segno illustra la prima sequenza con l’ingresso in scena dei due lampioni animati. Il tono della narrazione prosegue in un registro dichiaratamente fantastico, fiabesco: se ci si vuole avvicinare al cartoonistico, viene in mente il “Disney magick”, contraddistinto dalla capacità di dare vita agli oggetti: come Topolino apprendista stregone in Fantasia (1940), e più avanti il Merlino della Spada nella Roccia negli anni ’60, o la strega di “Pomi d’ottone e manici di scopa”, per finire con “La bella e la bestia” nei ’90 (e molti esempi minori si potrebbero trovare). Naturalmente, questa concezione della magia buona in Disney come animazione degli oggetti è un chiaro correlativo oggettivo del potere dell’animazione: e la sua forma più pura e seminale si può trovare fin dalle Silly Symphonies degli anni ’20 dove spesso e volentieri, senza troppe spiegazioni, gli oggetti prendono vita. Un immaginario grafico e visivo, circolarmente, che è una fonte importante del lavoro di Giacon, giusto per chiudere un cerchio.
Nel prosieguo della narrazione prevale però un “ritorno al prosaico”, di chiara marca allegorica: vengono in mente certi racconti per l’infanzia di Gianni Rodari, come “Allarme nel presepe“, dove il Pellerossa e i suoi compagni sono costretti a rinunciare alle loro caratteristiche per integrarsi (temi ripresi nella poesia “Il pellerossa nel presepe”). Oppure, “Momo” di Michael Ende, dove lo sguardo ingenuo della bambina permette di mettere in crisi l’ossessione per la monetizzazione del tempo degli “uomini in grigio”, chiara satira anticonsumista, così come qui è lo sguardo dell’ex-fata a problematizzare l’uso del denaro. Il dubbio che sorge nel lettore adulto, naturalmente, è quello del “doppio piano di lettura” ideato, come espediente letterario, e in altro ambito, da Edgar Allan Poe: il mondo fiabesco è reale e la grigia realtà lo censura perché non sa capirlo, oppure è tutta una fantasia dell’anziana signora?
Un’opera interessante, dunque, che segna una certa svolta nella produzione dell’autore. In attesa, magari, di un futuro ritorno nei territori del fumetto, come tema delle sue opere o con la sceneggiatura di un graphic novel.