“Per chi suona il passato”: l’Hemingway di Congedo e La Pietra
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“Per chi suona il passato”: l’Hemingway di Congedo e La Pietra

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Su questo blog, come noto, mi occupo del rapporto tra fumetto e letteratura. Ho trovato quindi molto interessante il recente volume edito da NPE, “Ernest Hemingway – Per chi suona il passato” sceneggiato da Giuseppe Congedo e disegnato da Giovanna La Pietra. Hemingway è ovviamente un autore di primo piano del ‘900, e di conseguenza è stato spesso affrontato fumettisticamente con le sue opere, in graphic novel e anche nel fumetto disneyano.

Qui, però, gli autori realizzano una interessante biografia che ricostruisce la vicenda esistenziale dell’autore concentrandosi soprattutto sul suo rapporto con l’universo femminile, intenso e tormentato come tutta la sua esistenza.

 

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La copertina (e quarta di copertina) fa riferimento soprattutto alla sua opera più iconica per il grande pubblico, “Il vecchio e il mare” (1951), che gli fruttò il Nobel per la letteratura, così come il titolo rimanda alla sua opera dedicata alla guerra civile spagnola, dove fu presente, “Per chi suona la campana” (1940). Nei credits del volume viene rivelato che si tratta di una immagine “AI Generated” di Sebastiano Barcaroli, cosa che onestamente colpisce un po’, non per l’uso in sé dell’AI, ma perché forse avrebbe avuto maggior senso, in questo caso, una illustrazione realizzata dall’autrice grafica del volume, come si usa solitamente nelle graphic novel (oppure l’intervento, nella sola copertina, di una “guest star” di peso: anche se io preferisco la prima opzione).

Più coerente col tema dell’albo, del resto, è l’immagine che troviamo nel risvolto interno della cover, all’inizio e alla fine, con Hemingway colto in mezzo alle sue donne. Oppure, il frontespizio, dove il tema del “vecchio in mare” è ripreso con essenzialità dall’autrice mostrandoci la barca dove si svolge, nella Cuba del 1958, tutta la storia “di cornice”.

 

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Come usuale in questo genere di storie, il protagonista, anziano, riflette sulla sua vita facendocene ripercorrere le tappe essenziali. Un espediente che consente agevolmente i salti della memoria, molto usato in letteratura, ma ancor più nel biopic cinematografico e di conseguenza nel fumetto di analoga funzione.

Nel caso di Hemingway è particolarmente idoneo, perché la tormentata vita confluisce davvero in un tormentato finale, come arcinoto, e quindi le meditazioni sofferenti appaiono particolarmente credibili e congruenti al personaggio. Nella bella introduzione, Congedo chiarisce le scelte fatte, nell’elaborazione del progetto dal 2023, sottolineando come inizialmente era prevalsa una scelta complessivamente più cupa, poi corretta dopo un confronto con l’editore.

 

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Qui, invece, alle note inevitabilmente dolenti del finale di vita dell’autore fa da contrappunto la trama delle sue relazioni amorose, un tema più agrodolce, fatto di alti e bassi, ma sempre segnato da grandi passioni. La scelta è quella di alternare il bianco e nero della storia di cornice finale (e la inevitabile postilla del 1960, con l’ultima notte dello scrittore) a sequenze o colorate, o comunque in scala di grigi, “retinate”, per le scene del passato. Il contrasto colore / bianco e nero è efficace, anche se non si capisce esattamente perché alcune sequenze di flashback non siano colorate: non c’è un criterio immediatamente evidente sul piano espressivo, o almeno non l’ho colto (forse il diverso tono emotivo delle storie, che però sono tutte dotate di luci e ombre, in modo diverso, e che forse si poteva esprimere tramite la colorazione).

Molto buone anche le schede finali, il “congedo” di Congedo dal lettore se ci si consente il facile calembour, in cui lo sceneggiatore mostra il lavoro effettuato, la raccolta accurata del materiale e alcuni ragionamenti sulla messa in scena della vicenda.

 

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In generale, si può dire che l’autore raggiunge un livello di sintesi narrativa decisamente buono, riuscendo a raccontare la vicenda umana dell’autore in un volume agile e arioso, tavole poco affollate dal ritmo narrativo incalzante, in grado però di ricostruire la vicenda con una sua coerenza complessiva, anche grazie al taglio specifico scelto, senza una biografia integrale. L’opera acquista così una potenzialmente buona valenza anche “didattica”, fornendo una ariosa introduzione all’autore, stimolando magari un ulteriore approfondimento nel lettore.

Lo sceneggiatore rivendica una passione particolare per Hemingway, il cui stile diretto, essenziale, telegrafico quasi è in effetti un ottimo modello per il cinema e il fumetto: e la passione e competenza si vede. Indubbiamente, la riuscita dell’albo, con la suddetta leggerezza di narrazione, si sviluppa anche grazie al segno di La Pietra, realistico e accurato ma anche essenziale e veloce.

Tavole molto mosse, movimentate, spesso con un montaggio senza griglia, con pochi scarni dettagli a evocare una ambientazione e un accurato studio delle psicologie tramite le pose e disposizioni dei corpi, e ancor più nello studio dei giochi di sguardi e nell’espressività dei volti. Una indubbia difficoltà è quella di padroneggiare “tanti Hemingway”, percorrendo tutta la sua esistenza, e cogliendo ogni volta il segno di un autore il cui aspetto è iconico, almeno per gli appassionati, in ogni fase della sua vita.

Insomma, nel complesso un buon albo, che aggiunge a suo modo un piccolo capitolo alla lunga epopea di Hemingway nell’immaginario della cultura popolare.

 

 

 

 

 

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