Alison Bechdel e i romantici: “Come diventare superforti”
“Come diventare superforti” di Alison Bechdel, portato in Italia da Rizzoli Lizard, è un graphic novel decisamente interessante.
L’autrice, classe 1960, ha esordito con “Dykes to Watch Out For”, una comic strip pubblicata dal 1983 al 2008, che è ritenuta una delle prime sistematiche rappresentazioni della cultura lesbica in ambito fumettistico. Tra le altre cose, nel 1985 nelle sue tavole viene introdotto il concetto di Bechdel Test, per cui ci si chiede se in un’opera (un film, ma viene esteso anche ad altro) ci siano almeno due personaggi femminili che parlano tra loro di un argomento che non sia un uomo.
Nel 2006, col memoir “Fun Home”, l’autrice giunge al successo con un approfondito scavo psicologico nella propria realtà famigliare, indagando in particolare l’omosessualità celata del padre; il volume successivo, del 2012, “Are You My Mother?” si dedica alla figura materna, con un paragonabile scavo psicanalitico. Questo nuovo volume vede inoltre una sostanziale collaborazione con la compagna dell’autrice, Holly Rae Taylor. Sull’autrice e la sua opera vi è una accurata presentazione sul New Yorker, di Judith Thurman, che consiglio di leggere per una migliore analisi.
Da notare che per il primo volume l’autrice ha scelto la definizione di “tragicomic”, che gioca, indubbiamente, sulla definizione americana dei “comics”, ma fondendola con l’evoluzione del teatro cinquecentesco, la Tragicommedia, codificato da Gian Battista Giraldi Cinzio nel 1554 (teorico teatrale che, tra l’altro, insegnò all’università della mia Mondovì). Il secondo, in modo simile è sottotitolato “A comic drama” (ma sottilmente diverso, che sottolinea più la comicità, essendo “drama” vox media per uno spettacolo).
Questo terzo volume è più uno scavo prettamente autobiografico, pur tornando la storia famigliare dell’autrice. Il titolo originale, pur tradotto abbastanza fedelmente, è “The Secret to Superhuman Strenght”, in cui si reintroduce l’ironia sui comics (di cui i superuomini sono il genere americano per eccellenza, ovviamente lontano dal moderno, sofisticato graphic novel così come i “funnies” che danno il nome ai comics come forma espressiva).
Il sottotitolo “e complicarsi la vita” appare similmente una aggiunta italiana, per evocare in modo parodistico i classici manuali di self help (tipicamente statunitensi, e diffusi anche qui da noi) che solitamente propongono di “semplificare la vita”.
Inoltre, il senso del titolo (che non si coglie forse pienamente in traduzione) è quello di una “forza da superuomo” che può rimandare sia all’archetipo fumettistico di Superman, ma radicalmente anche al mito del superuomo, certo codificato da Nietzche ma che affonda le sue radici nella cultura romantica (teste Umberto Eco nella sua notissima, e tradotta anche in USA dove l’autore è famoso, analisi di tale mito: vedi ad esempio qui).
Anche la cover è ricomposta in quella italiana rispetto all’originale americano, e per quanto il progetto grafico sia fedele e riuscito (così come la traduzione di Lara Pollero è scorrevole e di piacevole lettura) va rimarcato come la scelta della cover originale da parte dell’autrice avesse una serie di scelte ben precise (la citazione grafica, la compresenza di colore e bianco e nero, la scelta della posa dell’arciere) che lei stessa ricostruisce qui. Un segno, in ogni caso, della cura minuziosa che la Bechdel dedica alla costruzione accurata della sua opera.
La scelta del titolo è significativa anche perché l‘ossessione per il corpo (il proprio, da parte della Bechdel, e quella generale americana – e occidentale in genere – per la fitness, a vari livelli) viene esplorata anche in collegamento al movimento romantico, che appare fin da subito alternato alle vicende della protagonista, alter ego fumettistica dell’autrice.
Da un lato, vi è il fondamento del movimento romantico inglese da parte di William Wodsworth e Samuel Taylor, a partire dal 1797, dall’altro, una generazione dopo, nel 1836, i trascendentalisti americani, Ralph Waldo Emerson e soprattutto Margaret Fuller, fondatori della rivista “The Dial”. L’opera evidenzia, oltre al resto, la centralità dell’autrice nella costruzione di un certo immaginario americano, portando a un recupero del suo nome meno noto delle controparti maschili.
Ci saranno accenni, fin dall’inizio, anche a Kerouac e la Beat Generation, ripresa di questo nuovo contatto con la natura, in contrasto con la nascente e alienante modernità industriale, con un salto di un secolo e proprio a partire dagli anni in cui la Bechdel nasce e muove i primi passi, nei ’60.
(Margaret Fuller, incisione d’epoca)
Dopo l’introduzione, il volume segue per decadi l’evoluzione della protagonista, quasi livelli successivi di un gioco, come lei stessa analizza a un certo punto internamente all’opera. Si assiste così alla graduale consapevolezza del proprio corpo anche in relazione alla realtà naturale (e qui, senza forzature didascaliche, diviene evidente il rapporto coi testi romantici citati), parallelamente alla scoperta della propria identità lesbica. I capitoli hanno un titolo che associa il decennio all’età dell’autrice: funziona bene, poiché i due fattori progrediscono in parallelo, dato che l’autrice è nata nel 1960, a inizio di una decade: e così assistiamo alla cultura hippie negli anni ’60-’70, l’esplosione della fitness negli ’80, e così via. In parallelo, cambiano gli sport praticati dall’autrice, dallo yoga alle arti marziali, dal sollevamento pesi al ciclismo.
Il tema della scoperta del corpo e dell’interiorizzazione, in chiave personale, dell’ossessione della fitness, viene quindi condotta con particolare profondità proprio con questa connessione che dimostra come il culto del corpo (in declinazioni differenti) sia profondamente intersecato con la nostra cultura, anche quella apparentemente “disincarnata”, letteraria. Volendo, è qualcosa che si fonda anche prima dei romantici, dagli antichi – mens sana in corpore sano – in poi: ma in Bechdel funziona bene la connessione col Romanticismo che nasce e cresce in parallelo alla giovane nazione americana, dove tale culto assumerà una particolare specificità (ritornando, nel secondo dopoguerra, anche nell’Europa ormai debitrice culturale della superpotenza USA).
La riuscita del volume dipende naturalmente anche dall’esattezza del lavoro sul segno, se vogliamo un correlativo oggettivo della precisione del lavoro sul proprio corpo tramite le differenti discipline sportive di cui parla l’autrice. Il tratto è asciutto, preciso, nitido ma nervoso, e rende bene la tensione all’automiglioramento corporeo che pervade l’opera.
Lo stile cartoonistico essenziale, preciso nei dettagli ma estremamente iconico nei personaggi, è efficace a favorire l’identificazione del lettore (l’auto-rappresentazione della Bechdel mi ricorda in parte quella di Scott McCloud nelle sue opere, pur essendo anche fedele all’aspetto dell’autrice, ovviamente sintetizzato).
Il montaggio di tavola adotta una griglia “italiana”, tre strip di due o una vignetta, che prevale nel racconto, salvo quanto esigenze espressive non richiedono una splash, singola o doppia, oppure un diverso montaggio di tavola, che acquisisce maggior efficacia proprio per l’occasionalità della variazione. In particolare, spesso c’è l’uso dell’inset page (tasselli più piccoli inseriti in una splash page di sfondo) a sottolineare, mi pare, la fusione dell’uomo con la natura (tramite, nel caso della Bechdel, sempre una attività di tipo sportivo).
Il colore, infine, è particolarmente delicato, con tenui sfumature pastello che amalgamano bene la narrazione, dando anche qui più risalto all’occasionale variazione, spesso utilizzando il bianco e nero.
Nel complesso, quindi, un’opera efficace, nella misura in cui costringe il lettore che la affronti con il giusto impegno a riflettere sul suo rapporto intellettuale col proprio corpo, in quell’equilibrio mai facile da raggiungere, e che è difficile perfino da inquadrare nei giusti termini, e richiede forse un lavoro di scavo su sé stessa simile a quello della Bechdel. Inoltre, stante la caratteristica di questo blog fumettistico-letterario, è come ho detto particolarmente interessante il rimando puntuale alla tradizione romantica, europea e americana, in cui del resto affonda le sue radici tutta l’età contemporanea coi suoi problemi: a partire appunto dal rapporto col corpo.
La lucidità analitica della Bechdel, e il rigore con cui padroneggia il linguaggio fumettistico, fanno auspicare in futuro magari un “corpo a corpo” ancora più stretto con la tradizione letteraria, su cui l’autrice saprebbe portare fumettisticamente un punto di vista nuovo e interessante, come quello che già traspare in queste pagine.