Calvin & hobbes

Tu chiamali, se vuoi, graphic novel

2 Marzo 2016
…Perché ora li trovi anche nelle librerie, con le copertine in lamina d’oro e le pagine patinate in pregiato papiro di baobab. Perché puoi comprarli allegati al giornale, in edizioni rilegate a colori, con la costoletta lucida che fa la sua porca figura sullo scaffale accanto all’ultimo tomo di Bruno Vespa. Perché ora ci stanno le copertine “variate” e le “tirature limitate” che più limitate non si può, che dopo che le ha disegnate con la sinistra, il cartoonist l’hanno obbligato a diventare ambidestro, così, per renderle più rare. Perché l’autore  intervistato alla tivvù, l’ha chiarito alla Bignardi: “Io non

…Perché ora li trovi anche nelle librerie, con le copertine in lamina d’oro e le pagine patinate in pregiato papiro di baobab.

Perché puoi comprarli allegati al giornale, in edizioni rilegate a colori, con la costoletta lucida che fa la sua porca figura sullo scaffale accanto all’ultimo tomo di Bruno Vespa.

Perché ora ci stanno le copertine “variate” e le “tirature limitate” che più limitate non si può, che dopo che le ha disegnate con la sinistra, il cartoonist l’hanno obbligato a diventare ambidestro, così, per renderle più rare.

Perché l’autore  intervistato alla tivvù, l’ha chiarito alla Bignardi:

“Io non faccio roba per bambini… Io faccio letteratura per immagini.”

E poi dopo di lui la Bignardi ha intervistato il comico di Zelig che presentava la sua ultima opera di letteratura per parole.

Perché una volta i “comic book” erano considerati roba da caccia alle streghe e ora i “graphic novel” sono roba da Premio Strega.

Io – però scusami –la ricordo diversa.

Perché quella roba la leggo fin da bambino. E da bambino ho imparato ad amarla, quando potevo comprarla  in edicola o sulle bancarelle per poche lire.

Perché non c’è edizione lussuosa da scaffale che possa rivaleggiare con l’emozione di un albetto striminzito, nascosto sotto il libro d’algebra, o  tenuto sulle ginocchia in autobus, dopo una giornata di lavoro.

Perché ho studiato che, cento anni fa, quando iniziarono a stamparla, quella roba mica stava sulla carta di lusso, ma proprio sulla carta da giornale, in spazi talmente risicati , e ritagliati a forza, che chiamavano strisce.

Perché quella roba, anzi quelle storie, sono  sempre arrivate a tutti, come direbbe il poeta, quelli che hanno letto un milione di libri e quelli che non sanno nemmeno parlare.

Perché Gipi, Moebius e Cris Ware mi riempiono gli occhi di poetica meraviglia, ma lo fanno anche Aurelio Galeppini,  Carl Barks e Jack Kirby. E ancora non ho capito che differenza c’è o ci dovrebbe essere.

Perché con un topo disegnato puoi far sorridere l’intera umanità.

Perché con un  topo disegnato puoi far riflettere l’intera umanità.

E sono comunque topi disegnati. Sono comunque fumetti.

Marco D'Angelo

Marco D'Angelo

(Roma, 1974) Laureato in Scienze della Comunicazione con una tesi in Semiotica del Fumetto. Ha tenuto seminari sul fumetto in Italia e Svizzera e svolto attività di docenza per l’Istituto Europeo di Design e per la Scuola Internazionale di Comics.
E' stato soggettista/sceneggiatore per due serie d'animazione trasmesse dalla RAI ("Clic & Kat", "I Saurini e i viaggi del meteorite nero "). Su instagram lo trovate come @sonostorie

4 Comments Commenta

  1. Non sai quante volte in passato mi sono sentita chiedere con un senso di superiore disgusto: “ma leggi fumetti?”. Gli stessi oggi parlano dell’ultima fantastica graphic novel che hanno comprato

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