Ecco vorrei raccontare tante cose di questo Romics, appena concluso…
E in molti casi lo faremo su “Lo Spazio Bianco” (come media partner della manifestazione), con le interviste realizzate, le voci dai talk, le immagini raccolte.
Personalmente è stata una edizione bella da vivere ma anche complessa mentalmente, per tanti motivi.
E poi c’è stato Carmine Di Giandomenico.

Carmine sabato ci ha regalato un’ intervista intensa, parlando di tante cose, alcune leggere, altre profonde. Riguardando il video per iniziare a montarlo, mi veniva in mente quanto i fumetti hanno questa caratteristica speciale di riuscire incredibilmente a intrecciare i fili della vita e quelli dell’immaginazione, il bisogno di fuga dalla realtà così come la necessità di raccontarsela la realtà, anche attraverso le storie disegnate, per capirla o almeno provarci…

Ieri mattina, mi sono imbattuto di nuovo nell’artista teramano, mentre sull’Artist Wall di Romics lasciava una testimonianza in segni.
Senza nemmeno disturbarlo, ho filmato qualche secondo: pensavo di usare questi spezzoni per quelle che, in gergo, chiamiamo “coperture”, ovvero quelle sequenze con cui, nelle videointerviste lunghe, “copriamo” ogni tanto l’intervistato per illustrare quello che dice, oppure semplicemente dinamizzare il video. Una roba molto tecnica, pratica, spiccia. Talmente spiccia che non facevo nemmeno caso a quello che stava realizzando e comunque, in quel momento, vedevo solo che stava disegnando Superman, il supereroe che lui ama di più (e per quel che vale, anche io).
La sorpresa, il colpo al cuore come dicono oltralpe, è arrivato dopo che ho visto l’opera finita.

Un semplice disegno, quasi sketchato, una scritta di quattro lettere, un punto esclamativo, tre volti e una posa eloquente del Superuomo, a proteggere i deboli e gli oppressi.
Proprio nell’intervista, Carmine ci ribadiva come nella sua rappresentazione del personaggio, non c’è quasi mai sforzo percepibile perché ogni drammatizzazione eccessiva non rende giustizia alla qualità sovrumane dei suoi poteri.
Ma qui, in questo disegno, persino il suo Superman appare sofferente, come un novello Atlante della mitologia classica che si porta addosso il peso del mondo, le sue terribili e insensate sofferenze.
E la voce umanamente accorata dell’artista esplode in quelle quattro lettere che raccontano quello che, perfino nell’oasi festosa del nostro immaginario, in un festival dedicato all’intrattenimento popolare, abbiamo tutti nel cuore in questi giorni. Stop!
