Lo Spazio Bianco, vent’anni dopo
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Lo Spazio Bianco, vent’anni dopo

“Lo Spazio Bianco” nacque esattamente 20 anni fa, nel 2002.  Lo ricorda sull’annuario di “Fumo di China”, in edicola questo mese, il bell’articolo a firma degli ottimi Federico Beghin ed Emilio Cirri.

All’inizio io non c’ero. E se c’ero… No, non c’ero proprio. Sono arrivato da queste parti solo 7 anni dopo, nel 2009.

Ci sono arrivato da lontano, quando vivevo e lavoravo in Francia e leggevo solo, o quasi “Bande dessinée ” (o bedé  come accorciano spesso i cugini oltralpe). Per un segno del destino, o forse solo una coincidenza, la prima opera che la redazione mi diede da recensire fu un fumetto francese (meraviglioso) di Manu Larcenet. Lo Scontro quotidiano.

All’epoca, il mio interlocutore principale era Davide Occhicone, il caporedattore con cui per primo entrai in contatto via mail. E via mail, si sviluppavano la maggior parte dei nostri dialoghi. A conoscerci “di persona personalmente” come direbbe quel personaggio di Andrea Camilleri, ci mettemmo anni. Tant’è che col direttore Gabrielli (anzi il dirEttore), ci fu un buffo misunderstanding all’inizio… Mi contattò sul mio blog personale (“Sono Storie”), dicendo che gli piacevano i post che scrivevo sul fumetto e chiedendomi se mi andava di fare qualcosa per “LSB”. Con un certo imbarazzo, gli feci notare che lo facevo già da tempo con il mio nome e cognome anagrafico…

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Lucca 2016: da sx a dx: tre storici volti della redazione e un passante: lo storico redattore David Padovani, l’ultra storico collaboratore   Davide Occhicone, il tenutario del blog e il direttore e cofondatore di LSB,  Ettore Gabrielli

Cose che capitavano in rete, in un’epoca pre-social, quasi nessuno ancora ci metteva la “Faccia(libro)” e si poteva andare avanti per anni in punta di (nick)name. Ma la cosa curiosa, e bella, di LSB è come, appunto, la piccola esperienza pioneristica di tre ragazzi della provincia pistoiese nel raccontare il fumetto attraverso la rete, abbia oltrepassato in questi due decenni i confini del Gran Ducato di Toscana, allargandosi a tanti altri aficionados, dalle Alpi al tavoliere delle Puglie, per terra e per mare, isole comprese.

E se oggi, vent’anni dopo, sembra quasi scontato, che la nostra redazione virtuale, possa permettersi collaboratori in giro per lo stivale e un alacre redattore perfino in Germania, è perché, oltre al famigerato lato “Dark”, il Web offre da sempre anche tante opportunità “Light” di condivisione dei propri sogni e delle proprie passioni. Così quello “Spazio Bianco”, genialmente preso a titolo ed emblema del mondo dell’emozione disegnata da Ettore e dagli altri fondatori del magazine, si è riempito via, via di sensibilità ed esperienze molteplici, di forme di racconto sempre mutevoli (dall’approfondimento al blog, dall’intervista alla recensione, dagli eventi fisici alle dirette streaming), come mutevole è la vita di ciascuno di noi.

Si va e si viene su “Lo Spazio Bianco”, come è normale che sia in una esperienza così lunga, senza scopi commerciali, in cui ciascuno di noi ha percorso il suo bel pezzo di vita, professionale e personale, con la necessità di far quadrare sogni e conti, divertimento e responsabilità, famiglie, partner, cani, gatti, e chi più ne ha più ne metta.

Se c’è, in effetti, un termine che definisce l’esperienza e l’evoluzione di LSB, ancor più che “redazione” credo che sia “comunità”. Tranquilli non veneriamo Ettore Gabrielli come un santone, anche se l’uomo – quando si fa crescere la barba – ce l’avrebbe pure il phisique du role. Non abbiamo rituali satanici di affiliazione, se non infernali cene in quel di Lucca, cui purtroppo il sottoscritto è  riuscito a prendere parte solo in sparute occasioni.

Certo sacrifici umani da parte degli adepti a “SpazioBiancology” ce ne sono… Perché ciascuno di noi “sacrifica” a LSB tempo ed energie, ma credo che nessuno abbia mai vissuto con rimpianto un solo minuto speso per scrivere o revisionare un articolo, realizzare un’intervista, organizzare un evento o preparare una diretta video. Perché di mezzo c’è questo amore viscerale per il fumetto che è il nostro esperanto linguistico e, direi pure, sentimentale. C’è di mezzo quella roba difficilissima da spiegare a chi non ama leggere comics e, invece, senza nemmeno scomodare Goethe e le affinità elettive, facilissima da comprendere per chiunque condivida una passione, quale che sia.

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perdonerete a un vecchio cuore “spaziobianchista” questo melenso post, nell’anno del ventennale. Se volete una ricostruzione più razionale ed accurata di questa storia collettiva, la trovate come dicevo sull’annuario di “Fumo di China”, in edicola questo mese, a firma di Federico Beghin ed Emilio Cirri.

 

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