All’ombra dei Texoni in fiore
Nel giugno del 1988, esisteva ancora l’URSS, in Italia il Presidente del Consiglio era Ciriaco De Mita e, nel calcio, l’Olanda di Van Basten e Gullit era la squadra più ammirata.
Io avevo tredici anni e pensavo che il mondo si dividesse in buoni e cattivi. Tra i buoni c’era Tex Willer (anzi Tecs Uiller), il mio adorato ranger del West, il decano degli eroi bonelliani, il fratello maggiore di Dylan Dog e Nathan Never.
Per questo, quella mattina di giugno, ero andato in edicola presto, presto, tutto eccitato ad aspettare che scaricassero quell’albone speciale dal camion.
texONE
Attesi, con ossequioso rispetto, che l’edicolante li sistemasse in una pila ordinata. Poi, mi avvicinai e lo vidi: il titolo era Tex il grande.
E grande lo era davvero, come nessun altro fumetto di Tex che avevo visto in precedenza.
Ma che dico grande? Nel rigirarmelo fra le mani mi sembrava colossale: 250 pagine in un formato da librone, grosso più o meno come l’Atlante De Agostini di geografia.
Era l’albo speciale con cui l’editore Sergio Bonelli celebrava i quarant’anni del personaggio e, per l’occasione, ne aveva affidato i disegni a un maestro del fumetto, Guido Buzzelli alla sua prima avventura texiana. Avevo una voglia matta di sfogliarlo subito, ma non volevo sciuparlo, per cui corsi a casa con l’albo sotto braccio. Arrivai in camera senza fiato e, finalmente, iniziai a leggere.
Ogni pagina era un’emozione, con Tex disegnato in uno stile tutto diverso, da quello con cui ero abituato a conoscerlo. Aveva un volto così realistico, fatto di mille tratteggi, di segni a un tratto morbidi e, allo stesso tempo, energici. E poi, anche gli scenari del West mi sembravano ancora più maestosi nel formato gigante delle vignette… Mi sembrava un Tex girato per il “grande schermo”, si sarebbe detto un tempo in cinemascope, oggi forse diremmo in HD.
Texone dopo Texone
Nel frattempo, visto anche il grande successo editoriale di quello che avrebbe dovuto essere un unicum, Sergio Bonelli ha continuato a produrre queste strenne estive a cadenza annuale.
Negli anni, i “Texoni” hanno rappresentato davvero un appuntamento speciale del fumetto seriale italiano, in cui grandi autori italiani e stranieri ( Giolitti, Zaniboni, De la Fuente, Ortiz, Magnus, Bernet, Font, Milazzo, Wilson, Kubert, Breccia…), hanno reinterpretato in maniera godibile e originale, il personaggio più longevo della nostra tradizione.
Perché Tex Willer sta al fumetto di casa nostra, come Lucio Battisti sta alla musica leggera, come Paolo Rossi ai Mondiali dell’82, come il pane alla Nutella. Certo, oggi gli aficionados delle avventure del ranger sono diminuiti di numero e cresciuti d’età… Esattamente come il sottoscritto. Leggere Tex è un piacere fumettistico vintage e un poco nostalgico ormai.
Eppure, anche qualche giorno fa, come accade ogni anno, sono tornato in edicola proprio con lo stesso gusto di sempre ad acquistare Il magnifico ribelle, albo speciale di Tex n°32. Trentadue albi e ventinove anni un tempo lunghissimo. Eh già, perché la cosa che ancora non vi ho detto è che l’appuntamento con il Texone arriva sempre nei giorni in cui il sottoscritto conta le primavere.
Ventinove anni fa la cosa mi sembrava una piccola magia, oggi suona come una ironica coincidenza. Il mondo è cambiato e faccio sempre più fatica a distinguere i buoni dai cattivi. Però una cosa la so, Tex è ancora uno dei buoni.
C’è anche dell’ironia in tutto questo: noi invecchiamo e il Texone (e non solo quello) ci racconta le avventure di un Tex sempre più giovane, scavezzacollo e irrequieto… come lo eravamo noi tanti anni fa.
Quasi che il ranger bonelliano ci volesse dire:
“Vecchi cammelli, i vintage siete voi!”
C’è dell’ironia, amico, e c’è la “vecchiezza” che ci incalza, amico mio, altro che Mefisto e Yama 🙂 !