13140840 10208129972879518 613322201 n

Il suo nome era Simona: cronache e disavventure da Napoli Comicon

4 Maggio 2016
Un vero e proprio racconto. Mettetevi comodi.

Si è conclusa ormai da un po’ la kermesse di Napoli Comicon, e arrivo a scriverne in un momento in cui le sensazioni si son già mutate in ricordi.
Andando per ordine, proverò a fare un resoconto di questo viaggio tragicomico nel mondo del fumetto.
Non sarà il solito reportage sulla fiera: ormai sappiamo bene che Napoli Comicon ha assunto grande rilievo nel panorama nostrano, diventando un appuntamento fisso che offre molto, al di là dei problemi di congestione per l’affluenza, e che presenta ogni anno un parco ospiti di tutto rilievo.
Proverò invece a raccontare una lunga (perdonatemi) ma ironica dis-avventura personale per mostrare come ho vissuto la fiera prima di tutto da lettore. Sicuramente è stato un viaggio costruttivo che ha significato molto per me, ma già so che questo resoconto personalissimo (che non interesserà ai più), si ridurrà a una sorta di calderone di emozioni sotto la forma infantile del compitino che la maestra ha assegnato a tutti noi, almeno una volta, chiedendoci di raccontare le vacanze estive. Insomma, un qualcosa di atipico rispetto a quanto avevo pensato per questo blog, ma mi permetterete uno strappo.

13140840_10208129972879518_613322201_n
Me che rifletto prima del viaggio.

Il viaggio è iniziato giovedì 21 aprile, con partenza da Siena alla volta di Roma, da cui la mattina seguente mi sarei spostato in auto con alcuni facinorosi sino a Napoli.
Non ci sono donzelle o draghi da inventare, perché l’inizio della storia è già drammatico di per sé; chè potrei scriverci un libro solo su questo…Giunto a Roma Tiburtina, avrei avuto dieci minuti di tempo per acquistare biglietti di treno e metropolitana, prendere la metro e far 4 (o non ricordo più quante) fermate fino a Roma Termini e prendere un treno assieme ad un amico che per privacy chiameremo Batteo. Inutile dire che la fretta ci ha fritto le sinapsi: ho dimenticato la valigia nel pullman (…) e me ne sono accorto solo a Termini, dove ho perso treno, speranza e affetti.
Scesi nella metro per tornare indietro abbiamo anche sbagliato direzione (noi tapini), e questo comportava uscire di nuovo dalla metro e riacquistare il biglietto. Itaca era ancora lontana.
In tutto ciò abbiamo sperato nell’improvviso deus ex machina di una guardia giurata piena di senso dell’umorismo (vedrete poi perché), a cui abbiamo chiesto il favore di farci usare il suo passaggio spiegandogli l’inconveniente. La pronta risposta non si è fatta attendere: “A rigà dovete fa er giro!”. Una lama in metrica che nemmeno il meglio Ipponatte.
Persi nei cunicoli di questo mondo sotterraneo, incontriamo di nuovo la nostra guardia che si sta recando dall’altro lato della stazione con dei colleghi e che, fulminata sulla via di Damasco, esclama: “Daje che ve apro”.
Durante il breve tragitto il nostro simpatico e nerboruto amico non ha potuto far a meno di chiederci cosa stessimo facendo, notando il panico sul mio volto – me che nel frattempo provavo a contattare (inutilmente) il melodioso call center della compagnia viaggi. Dopo avergli narrato l’accaduto, la guardia, per rassicurarmi, ha sentenziato sghignazzando: “de sti tempi ce sta da ride, se so come va te la stanno a fa brillà”.
In realtà, l’idea che la mia valigia potesse esplodere non mi aggradava particolarmente. Non per nulla ma c’erano circa dieci kg in fumetti da far dedicare (ero partito già carico). Quel bagaglio andava portato in salvo.

13082649_10208084674787094_3996742755404080010_n
La famigerata dedica, come vedete c’è solo la firma.

Saltando il resto della storia, altrimenti diventerei volgare (ma la valigia l’ho ripresa), il giorno dopo abbiamo raggiunto Napoli fra vari errori ai caselli e rischi di sinistri causati dalla totale anarchia stradale vigente nel capoluogo partenopeo.
Giunti in fiera, inforco con fierezza il mio badge de Lo Spazio Bianco e mi reco nel punto accrediti per il famigerato pass stampa. Inutile dire che chi aveva il biglietto è entrato prima di me (ma mi sono rifatto nei giorni successivi in cui le file per gli ingressi erano apocalittiche e pandemoniche).
La giornata si apre subito con un evento molto positivo: varie ore di fila per avere una dedica dal Don Rosa.
Ci siamo cresciuti tutti con Don Rosa, come fai a non andarci (mi dicevo). Sopportate varie ore di urla, spintoni e “andate avanti senza di me” per chi aveva ormai esaurito le scorte idriche, fra le lacrime agli occhi e le nostre sonore risa di scherno (questa è la dura legge della fiera), finalmente arrivo dal Don. Con sei ore di fila alle spalle accumulate, il nostro incontro è stato piuttosto breve e formativo. Mentre firmava la mia copia della Saga è andata più o meno così, in perfetto e signorile inglese: “Può scrivere Per Simone per favore?” “No.”. Ed è finito il nostro incontro.
Ripresomi un attimo dall’estro umano sfoggiato dal nostro amato Keno, mi reco nel cortile della fiera per realizzare una trappola premeditata da un po’.
A pochi metri vi era infatti il povero e ignaro Ratigher, in cima a una specie di elevatore a millemila metri di altezza intento a realizzare un murale dedicato ad Outcast. Con una improvvisazione degna della miglior messa in scena del Romeo e Giulietta di Shakespeare urlo: “RATIGHEEER!”, il povero si affaccia dall’alto del suo balcone e mi vede13051673_10208084673227055_9103500880250247721_n sventolare la mia copia di Trama. Il suo destino è scritto, Montecchi e Capuleti devono ricongiungersi, e con la tristezza in volto abbandona il suo lavoro e fa manovrare l’elevatore per scendere (son stato molto molesto). Non aveva nulla con sé il povero Ratigher, a parte la tristezza, e mi ha firmato il fumetto con un matitone da cantiere, di quelli che non li appunti, ma li INTAGLI col taglierino. Ci siamo lasciati dopo una decina di minuti di chiacchiere appassionate e un “Viva l’Abruzzo” da parte sua.
Il resto della giornata è passata in relativa tranquillità, godendomi gli stand e spulciando nell’usato. Brevi soste per salutare i ragazzi di Eris Edizioni (che ammiro moltissimo per il coraggio delle pubblicazioni) e poi ho costruito il campo base presso lo stand Coconino, fra un Igort che urlava in faccia ad alcuni avventori che gli mostravano i loro fumetti, e i complimenti e l’affetto verso altri della stessa categoria dei summentovati. Segue una lunga e stimolante chiacchierata con uno degli autori di cui in assoluto ho più stima: Marino Neri.

È nella serata che però è avvenuto l’incontro in cui mi sono mostrato più canaglia.
Dopo un po’ di attesa allo stand Rizzoli/Lizard, sono arrivati di buona lena Florent Ruppert e Jerome Mulot, che presentavano il loro La tecnica del perineo, fumetto di cui sto scrivendo proprio in questi giorni.
Erano annoiati gli autori, per le firme non c’era molto lavoro da svolgere, e giunto il mio turno uno dei due inizia distrattamente a ritrarmi sull’albo, mentre l’altro si mordicchia le unghie guardando altrove. Non chiedetemi chi dei due fosse a fare cosa, me ne vergogno ma non ho idea di quale fosse Florent e quale Jerome. Il tipo che disegnava era un simpatico Signore Calvo, uno dei due.
Vista l’atmosfera provo a rompere il ghiaccio, a spiegare ai due che il fumetto mi è piaciuto davvero tanto, e che con i disegni han fatto un lavoro grandioso.

Nota bene: per tutto il resto della conversazione loro avrebbero parlato in francese e io risposto in inglese. Il loro inglese era pessimo.

Il mio "ritratto" di Ruppert e Mulot
Il mio “ritratto” di Ruppert e Mulot

Nel mentre l’altro restava a mordersi le sue unghie con fare di sufficienza, mentre il Signore Calvo sembrava molto gentile e ben disposto.
A un certo punto però il prode snob, che poi non si sarebbe rivelato tale, accenna una frase, più per provocazione e sfottò, che credendoci davvero.
In francese mi chiede: “Così tu leggi BD?”, con tono beffardo. Evidentemente i due non riponevano grandi aspettative nel loro pubblico italiano, ma quella domanda divenne una sorta di sfida personale, nonché la sua condanna.
Per mettere subito le cose in chiaro rimango muto e tiro fuori il mio nuovo e fiammante volume integrale di Lone Sloane di Druillet. I due sussultano.
Simulando disinteresse il nostro soverchiatore inizia a sfogliare distrattamente il volume, ma pagina dopo pagina vedo i suoi occhi brillare.
Cominciata questa sfida non potevo però tirarmi indietro. Gli ho detto le solite cose, che sono cresciuto con Moebius, che adoro Bastien Vivès (il Signore Calvo mentre disegna mi risponde felice che ci hanno lavorato loro con Bastien Vivès. Sapevo anche quello), Hergè, Uderzo, Goscinny, Van Hamme e chi più ne ha più ne metta.

Ma a quel punto volevo sapere invece se LORO conoscessero il nostro fumetto, e non solo quello.
Gli ho spiattellato in faccia Trama di Ratigher, era l’unico modo.
Il nostro snob ora era interessato ma ancora con distacco. Gli ho mostrato Remi Tot di Martoz. Ha annuito con la testa, era curioso, ma non faceva per lui. Ho deciso quindi di fargli vedere un po’ di spese dagli amici di Eris: l’anteprima di Ittero Perpetuo di Adam Tempesta e Safari Honeymoon di Jesse Jacobs. Il nostro amico non ha retto il colpo. Ha iniziato a divorare il volume di Jacobs, ha tirato fuori una Moleskine e si è segnato titolo, autore ed editore.
Ho buttato il carico da undici dicendogli che a breve l’editore avrebbe pubblicato il canadese Michael DeForge. Il Signore Calvo, mentre disegnava e sempre sorridendo, mi ha detto di conoscerlo bene DeForge. A quel punto ho fatto una inutile e fuori luogo operazione mentale interiore consistente in “Canada ex colonia francese spiegato perché lo conosci”.
Gli ho mostrato poi anche La coda del lupo di Neri e abbiamo parlato un po’ di Manuele Fior e Lorenzo Mattotti, autori che loro conoscevano bene, visto che ormai hanno un forte legame con la Francia. Lui biascica qualcosa su una mostra che sembra essere stata organizzata dalla moglie di Mattotti (?), ma la mia scarsa conoscenza del francese non mi è stata d’aiuto.

Una tavola menzionata dall'autore
Una tavola menzionata dall’autore

Allora, sempre lo snob, ora molto ben disposto, rinizia a sfogliare Lone Sloane e mi dice con tono serio: “Vuoi vedere dov’è nata la BD?”. Mi mostra allora alcune tavole di Druillet e le analizza per singole parti, le scompone. Poi sembra assorto nel cercarne alcune in particolare. Sembra conoscere l’opera in maniera enciclopedica. Le trova. Me le mostra.
Ora a restare incredulo ero io. Avevo di fronte a me due tavole di Enki Bilal – no che dico, era sicuramente Druillet! – ma in quel momento ho immaginato quanti artisti prima di me avessero sfogliato e divorato quel fumetto e ne avessero tratto ispirazione. In quell’istante e per poco mi sentivo parte di qualcosa e le barriere linguistiche erano scomparse.
Prosegue la nostra conversazione su Druillet alla ricerca di rimandi, ne troviamo molti. Nel frattempo il mio ritratto è concluso. Fine del sogno. A quel punto ci salutiamo con grande stima e affetto. Uno di loro nota il mio badge e mi chiede al volo qualche informazione sul mio lavoro per Lo Spazio Bianco.

L'altra tavola scelta dall'autore circa Bilal.
L’altra tavola scelta dall’autore circa Bilal.

La giornata di sabato si apre invece con un simpaticissimo sketch: Paco Roca che dedica i suoi fumetti e che riceve (con occhi lucidi e sognanti) una birra ghiacciata in bottiglia di vetro (dall’ignota provenienza e marca) da parte di un membro dello staff editoriale Tunuè. Il problema però fu proprio dovuto alla teoria del caos: una farfalla che batte le ali distrugge il mondo dall’altro lato. Dopo pochi secondi infatti il trecciatissimo Tony Sandoval si reca alle spalle di Paco con una birra in mano. Era calda. Era in lattina. Era Tuborg. Gliel’aveva data poc’anzi la stessa persona.
Il resto del racconto, cari lettori, verrà omesso per continenza. Sta alla vostra fertile e vivida immaginazione capire come finì quella storia.

Il pomeriggio è passato in relativa calma, con un’intervista di una mezz’oretta in sala stampa con la gentilissima Yoko (la traduttrice) e il Maestro Atsushi Kaneko, che indossava una stilosissima maglietta col Batman di Adam West coordinata da una stringata Dottor Martens e degli anelloni spiritici. L’intervista si è svolta fra uno scherzo e l’altro, e durante questa ho potuto “conoscere” la famiglia del Maestro che con religioso silenzio assisteva alla nostra chiacchierata a qualche metro di distanza. Non voglio cadere nei luoghi comuni, ma è sempre particolare avere a che fare coi modi di una cultura ancora così distante dalla nostra; è una scoperta continua, ed ero emozionato. Seguono sorridenti ringraziamenti, grandi apprezzamenti da parte dell’autore, ricambiati dal sottoscritto, e un cordiale scambio di biglietti da visita (no, in realtà io non ne ho, ma Kaneko sì).13076974_10208084680187229_3491618165312481994_n

Domenica è stata invece giorno di riposo. Non avrei retto quattro giorni di fila in quel caos. Per fortuna Napoli offre molte opportunità, e già da tempo mi ero prefissato di recarmi ad una piccola mostra dedicata principalmente a Mirò, ma anche Dalì e De Chirico, a Cava de’ Tirreni (di cui vi lascio qui il link). Ho colto l’occasione al volo e l’ho visitata con la mia ragazza.

Due litografie di Dalì in mostra.
Due litografie di Dalì in mostra.
13095829_10208084635666116_2269181722188735687_n
La Venere di Milo col ventre squarciato dallo xenomorfo.

Non sazi, nel pomeriggio abbiamo deciso di visitare anche il Museo Archeologico Nazionale. Ciò che più ci ha sorpresi lì (per un lettore di fumetti è una strana esaltazione) è stato vedere accanto al Doriforo, all’Ercole Farnese e alle mille meravigliose sculture del museo alcuni supereroi, Batman e Superman in primis. Indagando meglio ho scoperto che si trattava della mostra di Adrian Tranquilli, “Giorni di un futuro passato”, che accostava ai grandi capolavori questi eroi moderni. E allora Batman diventava una sorta di martire crocefisso, la Venere di Milo, di un abbagliante blu elettrico, aveva il ventre squarciato da uno xenomorfo, il maestro Yoda era13096100_863348367126427_4503242059233736348_n riposto in una teca con tanto di corredo papale, il colonnato di San Pietro del Bernini era riprodotto con migliaia di carte, ovviamente dei Joker. È stato bizzarro, ma allo stesso tempo divertente, è un modo molto particolare per arricchire e rendere più godibile un percorso così importante. Persino il Maestro Kaneko (che ho scoperto aver visitato il museo), ha sfrenatamente fotografato queste opere così atipiche e ne è rimasto sorpreso!

Lunedì, l’ultimo giorno, è trascorso molto velocemente. Per me è stato però sin dal mattino un giorno molto importante: dovevo moderare un incontro con l’autore dell’opera che per sempre ha cambiato il mio modo di vedere i fumetti, e non solo il mio: Richard McGuire.
All’incontro con McGuire dedicherò un breve ma specifico articolo. È stato un evento troppo denso di emozioni ma anche di spunti di riflessione.
Prima dell’incontro ho però avuto modo di chiacchierare con Richard che fra l’altro ha dedicato il volume alla mia ragazza ed anche a me. Con lei è stato un momento da non poche risate: Richard ha questa balzana idea di guardarti fisso negli occhi coi suoi occhioni azzurri e ritrarti senza mai osservare il foglio. Dopo istanti di imbarazzo, lui stesso le dice “Sì, lo so, è molto strano…”.
Alla fine lo ha concluso il “ritratto/dedica” per la mia ragazza, e le ha detto che quando escono brutti è perché si emoziona molto. Un complimento o forse una giustificazione?
Una volpe insomma, è stato molto simpatico, e le sue doti al disegno non sono di certo in discussione. Ma eccovi il risultato…13149983_10208130087722389_404362503_n

La giornata si è conclusa in tardo pomeriggio con un salto nel padiglione dedicato ai giochi da tavola. Per ingannare l’attesa ci siamo seduti con amici nello stand Hasbro, dove erano predisposte delle posizioni per provare alcuni dei loro evergreen. Noi eravamo al Tabù.
Dopo varie e rocambolesche parole smozzicate fra napoletano e lingue arcaiche, si sono unite a noi due ragazze dello staff della fiera, con tanto di felpa recante “Comicon Crew”. Volevano provare il gioco anche loro ma avevano poco tempo.
Il culmine poetico della partita è stato raggiunto quando la parola da azzeccare era “malinconia”. Riferendosi a me ed indicandomi chi mi era vicino, una delle ragazze dice: “Voi siete una coppia. Cosa si prova con la distanza?”. Dopo estenuanti tentativi fra “tristezza”, “nostalgia”, “dispiacere” e “mancanza”, una delle due decide di urlare “SESSO”.
So solo questo: il suo nome era Simona.
13124682_10208085023515812_5938480996403165450_n13043203_863348440459753_4135013453809267338_n

Simone Cilli

Simone Cilli

(Atri, 1994) Pescarese doc, attualmente studia presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Siena.
E’ molto legato all’Abruzzo, ai suoi paesaggi e alla natura, che lo hanno da sempre affascinato e tranquillizzato.
Spirito ossessivamente critico, il suo più grande amore è la lettura.
Sin da piccolo, grazie a suo fratello e alla sua spropositata curiosità da dinosauro, ha coltivato questa passione, sviluppandola durante gli anni di studio “matto e disperatissimo” del Liceo Classico.
Fra una sentenza e l’altra ama immergersi in quel meraviglioso mondo di vignette e sogni chiamato “fumetto", mentre nei restanti ritagli di tempo si dedica alla sua fedele chitarra elettrica, alla scherma, alla fotografia, alla filosofia e ai milioni di progetti che gli entrano in testa in ogni istante.

Commenta

Your email address will not be published.


Ultimi articoli

Cover

Guida alla simbologia dell’Incal

20 Gennaio 2020
Non vi è un dettaglio, una singola vignetta, nell'Incal di Alejandro Jodorowsky e Moebius, che non sia stata minuziosamente studiata nascondendo al
I primi dettagli su lucca comics games 2019

Lucca 2019: guida agli acquisti

28 Ottobre 2019
Torna il consueto appuntamento su questo blog della guida agli acquisti per le novità in uscita durante Lucca Comics 2019. L’idea non
Go toTop