Guida alla simbologia dell'Incal

Guida alla simbologia dell’Incal

Sognai di volare nello spazio aperto. Un’entità cosmica formata da due piramidi sovrapposte, una nera e l’altra bianca, mi stava chiamando. Mi avvicinai e mi ritrovai sommerso al centro di essa. Insieme, esplodemmo. Fu così che il mio subconscio ideò per la prima volta l’Incal.

IL CASO JODOROWSKY

Le influenze della psicanalisi

È impossibile parlare delle opere di Jodorowsky prima di delineare un compendio della sua visione psicomagica e delle idee spirituali, poiché nessuna delle sue opere si sottrae a temi ricorrenti e motivi che l’autore ha negli anni reiterato.
L’ultima fatica a cui sta dedicando la vecchiaia è proprio lo sviluppo e la diffusione della Psicomagia.
Jodorowsky/Frankenstein ha creato col proprio personaggio, sempre ambiguo e in bilico tra il maestro spirituale e il buffone truffaldino, una caotica e incontenibile mistura di elementi che provengono dalla scienza e dalla psicologia, dalle filosofie orientali come l’I-ching e il taoismo, dalla cabala e dai maestri dell’esoterismo come Eliphas Levi e dalla cultura secolare dei tarocchi.
Inizialmente si è concentrato sulla metabolizzazione di studi psicologici basilari, partendo da Freud e dalle sue scoperte come il complesso di Edipo, l’inconscio e la triade Io, Es e Super io. Da Jung ha poi appreso l’importanza dell’inconscio collettivo e degli archetipi e i concetti di Animus e Anima, quello di Ombra e quello di Sincronicità, tutte componenti presenti con smaccata evidenza ne l’Incal e in tutte le sue opere.

La psicomagia

Dall’unione fra la psicanalisi e le sue solide esperienze teatrali pregresse Jodorowsky ha plasmato il concetto di Psicomagia. Nel fare questo il suo mantra è stato “la parola non cura”.
L’autore cileno metteva in luce come spesso sedute di analisi decennali non portavano a nulla, ritenendo che per una vera guarigione la psiche avesse bisogno di gesti reali e concreti, che parlassero il linguaggio simbolico dell’inconscio.
Se da un lato abbiamo nella psicanalisi la parola al centro di tutto e il tentativo di far emergere in superficie l’inconscio, decodificandone i contenuti nei termini del reale, dall’altro con la psicomagia ci sono gli atti al centro di tutto e un procedimento inverso: eseguire quegli atti in termini simbolici, così da poter essere compresi e assorbiti dall’inconscio, ottenendo una cura che parte dall’interno.
Un esempio di atto psicomagico molto ricorrente nell’operato di Jodorowsky riguarda un uomo poco sicuro di sé, che non ha mai avuto modo di realizzarsi a causa di blocchi mentali dovuti a una famiglia troppo pressante e protettiva. In casi simili l’autore prescriveva di dipingere d’oro tutto il proprio corpo e camminare nel centro città, come gesto simbolico per far comprendere ai soggetti il loro reale valore personale.
Nell’ambito di questi atti possiamo facilmente stilare un elenco di situazioni ricorrenti che Jodorowsky non ha mancato di riportare, tutte, anche ne l’Incal: il complesso di Edipo verso la madre o il non sentirsi da lei o dal padre accettati, con conseguente repulsione generazionale verso eventuali figli nascituri; il non accettare il proprio corpo e la propria sessualità, legato al concetto caro a Jodorowsky di androginia e a quello junghiano di animus e anima, secondo il quale nel maschile vi è sempre del femminile e viceversa; il non sapere o volere diventare adulti.

La metagenealogia

A questo discorso si intreccia un altro tema spesso trattato dall’autore: quello della Metagenealogia.
Per Jodorowsky il “clan” familiare ha un’importanza fondamentale nelle nostre esistenze: riviviamo i traumi, i desideri, la sorte e le malattie dei nostri antenati, e tutto ciò causa inibizioni o fallimenti.
La sua indagine si concentra dunque su ricerche all’interno dell’albero genealogico per ricostruire l’inconscio “familiare” che fagocita quello personale, permettendo così a chi chiede assistenza di svelare questi circoli viziosi e finalmente uscirne.

Jodorowsky e i tarocchi

L’altra importante costante nell’opera di Jodorowsky sono proprio i tarocchi.
Jodorowsky ha studiato i tarocchi per più di quarant’anni, apprendendo lezioni da famosi tarologi, divenendo collezionista di tutte le tipologie di mazzi e fornendo per anni letture gratuite nel Cafè les Temeraire a Parigi ogni mercoledì.
Il peculiare metodo di lettura proposto da Jodorowsky ha col tempo fatto scuola. Le sue letture non sono legate alla previsione di eventi futuri, ma a una maggiore comprensione del presente e di concreti aspetti psicologici, che hanno poi ripercussioni sulle scelte quotidiane degli interrogandi. Le sue letture hanno insomma la funzione di stimolare nell’interrogando la comprensione della propria situazione per prepararlo a un cambiamento.

A un certo punto della sua esperienza Jodorowsky sostiene di aver buttato tutti i mazzi della sua collezione alla ricerca di un codice puro dei tarocchi.
Nati nel ‘400 in Italia, la leggenda vuole che i tarocchi siano un compendio simbolico dell’universo, creato e cifrato da un gruppo di Iniziati e poi diffuso ad uso comune, le cui chiavi d’accesso ai veri misteri sarebbero riservate a pochi.
A seguito di anni di ricerche, e in maniera un poco arbitraria, Jodorowsky ha ritenuto che il tarocco marsigliese sia l’unico a rappresentare davvero fedelmente la simbologia originale.
Per questo motivo, dopo aver utilizzato per decenni i tarocchi marsigliesi Marteau, ha creato un proprio mazzo di tarocchi restaurati assieme a Philippe Camoin, membro di una storica famiglia di cartai marsigliesi.
Nel corso dei secoli, per via di esigenze di stampa e della necessità di mantenere le produzioni economiche, i tarocchi marsigliesi hanno subito manipolazioni nella resa delle figure e dei colori; Jodorowsky ha tentato di risalire il più possibile alle origini, eliminando queste inesattezze. Non sono pochi in realtà gli interventi personali di Jodorowsky nella simbologia e nella nomenclatura dei suoi tarocchi, che però in alcuni casi mostrano un lavoro di ricostruzione molto efficace.

Jodorowsky durante una delle sue letture effettuate sul suo canale You Tube

Si può con certezza affermare come l’esperienza dei tarocchi sia la più importante nella vita di Jodorowsky, che non l’ha mai abbandonata.
L’autore racconta di aver passato mesi a contatto con ogni singolo arcano maggiore, indossandolo come fosse un abito, nella suola delle scarpe, sul petto nel taschino della camicia e persino nelle mutande. Per ogni periodo dedicato al singolo arcano Jodorowsky ha tentato di entrare in sintonia con esso, impersonandolo nella vita quotidiana, pensando e comportandosi come quella figura avrebbe fatto, imprimendo con esattezza nella propria memoria ogni dettaglio delle carte. In questo modo, e non solo, Jodorowsky aveva compiuto (e continua a compiere) la Via dei tarocchi.

LA SIMBOLOGIA DELL’INCAL

Un racconto, oltre tutto

La struttura portante dell’Incal è basata sui tarocchi, che costituiscono la chiave fondamentale per la comprensione dell’opera.
Nonostante questo l’Incal è un meraviglioso racconto di fantascienza, e i suoi autori non hanno mai dimenticato di offrire al lettore una trama funambolica, appassionante e stracolma di eventi. L’Incal può dunque essere letto e goduto come una normale storia di fantascienza, risultando comunque grandioso nel suo genere, infarcito di riferimenti satirici di natura sociale e politica, con critiche feroci al concetto di dipendenza (in particolare dai mass-media), all’esercizio fintamente democratico del potere e alla fiducia cieca in un progresso tecnologico autodistruttivo.
Tutto ciò è ben presente nell’Incal, tuttavia il suo scheletro e il suo messaggio restano legati alla simbologia esoterica dei tarocchi.

La struttura dei tarocchi

Una dovuta premessa per comprendere l’Incal riguarda dunque la spiegazione sintetica di ciò che costituisce un mazzo di tarocchi.
Un mazzo è costituito da 78 carte, di cui 56 arcani minori. Gli arcani minori sono divisi in quattro semi (denari, bastoni, coppe e spade) che vanno da 1 a 10, a cui si aggiungono quattro figure (paggio, regina, re, cavaliere); gli arcani minori sono gli antenati degli attuali mazzi napoletani e da poker, ormai esclusivamente legati alla dimensione del gioco.
22 sono invece gli arcani maggiori, rappresentati esclusivamente da figure e numerati da 1 a 21, poiché il Matto non ha numero e rappresenta lo zero.
Jodorowsky divide gli arcani maggiori in due decine 1-10 e 11-20, lasciando fuori il Matto e il Mondo (21), rispettivamente inizio e fine della Via dei tarocchi. Fra tali decine vi è corrispondenza, nel senso che la prima decina riguarda aspetti consci, mentre la seconda aspetti inconsci, del medesimo concetto. Le coppie conscio-incoscio sono così organizzate: 1-11, 2-12, 3-13 ecc…

Esattamente come avviene ne L’Incal, la via dei tarocchi non è mai rettilinea, vi è un inizio e una fine, che coincide con l’annullamento della propria individualità per raggiungere la coscienza impersonale del tutto, ma i percorsi per arrivare a questo traguardo sono molteplici, differenti e tutti validi.
Lo sviluppo che vediamo nell’opera non segue la progressiva numerazione degli arcani maggiori da 1 a 21, ma è costellata di continue deviazioni e percorsi alternativi inaspettati.
Ognuno dei personaggi chiave dell’opera incarna uno o più arcani e mostra tutte le caratteristiche e anche i limiti delle figure che rappresenta.
L’incal è dunque il percorso dei tarocchi, è una strada fra tante strade. Un cammino che appare differente per ognuno di noi e che ha tante facce quanti sono i suoi lettori. Ognuno deve individuare tutti i singoli aspetti dei tarocchi rappresentati nell’opera e capire quali ruoli essi giocano nella sua esistenza, considerando che sono tutti necessari al completamento della propria storia.
Dobbiamo pensare all’Incal come a un mazzo di arcani maggiori sparso in maniera casuale su un tavolo, una sorta di mito universale. I tarocchi sono la più evidente iconizzazione degli archetipi della nostra cultura, e proprio grazie alla loro vocazione a parlare a chiunque attraverso il mito, l’autore ha deciso di lanciare attraverso essi un messaggio di recupero della spiritualità.

Per rendere più agevole e ordinata la lettura procederò ad una analisi simbologica dedicata ad ognuno dei personaggi più importanti, non mancando di collocarli in un quadro complessivo che dovrebbe aiutare a ricostruire dettagliatamente le idee che Jodorowsky voleva trasmettere. Per seguire alla meglio il discorso consiglio di osservare bene le immagini e riconsultarle se necessario.

JOHN DIFOOL

John Difool vola giù da Suicide Alley. In questo modo ha inizio e anche fine l’Incal, con una delle scene più seminali nella storia del fumetto.Un evento così plateale cela in sé il primo riferimento agli arcani dei tarocchi: Difool, che suona esattamente come “The Fool”, compie nell’Incal quel volo che sembra preannunciato nell’arcano del Matto.
Nella versione marsigliese dei tarocchi Camoin-Jodorowsky in realtà la scena non fa riferimento a quanto dico; ma in quella Rider-Waite (di origine inglese e ormai la più diffusa al mondo), il Matto si avvicina con noncuranza al ciglio di un precipizio, con lo sguardo perso altrove, senza dare alcun segno di voler fermare il proprio cammino.
Jodorowsky con il suo John Difool ha rappresentato il momento successivo a ciò che viene mostrato nel Matto dei Rider-Waite, ovvero la sua caduta nel vuoto.

A sinistra: il Matto Jodorowsky; A destra: il Matto Rider-Waite

Il Matto è una sorta di arcano nascosto nei tarocchi, poiché non ha numero, e rappresenta l’inizio del percorso. Alla fine di questo percorso vi è invece il Mondo (arcano 21), anch’esso (come il Matto) posto al di fuori delle due decine di arcani (1-10 e 11-20) . Ciò che queste due carte significano è l’una l’opposto dell’altra: il Matto è energia grezza totalmente in potenza, assolutamente priva di manifestazione ed esperienza, di qui la sua imprevedibilità, la sua noncuranza; il Mondo è al contrario una manifestazione statica, il totale svolgimento che ha raggiunto l’equilibrio perfetto, il completamento. Il Matto senza il Mondo sarebbe condannato a vagare in eterno, in quanto potenza senza mai atto; il Mondo senza il Matto sarebbe totale immobilità in ristagno e dunque destinato alla morte, in quanto atto senza più alcuna potenzialità di mutamento. L’inizio e la fine sono entrambi necessari l’uno per l’altro.

Difool insomma è il Matto dei Rider-Waite che compie il salto nel vuoto e inizia il suo viaggio; è il ragazzino che sogna di cadere mentre il vuoto si apre sotto di lui; è l’esplosione del Big Bang che da potenzialità totale entra nella realtà e avvia il percorso della materia. Difool come il Matto non sa in cosa si sta avventurando e non se ne preoccupa.
In virtù della sua inconsapevolezza il Matto non ha caratteristiche specifiche, è il jolly delle carte da poker e può divenire qualsiasi cosa voglia; per questo che viene scelto dall’Incal.

La numerologia del 4 e il Mondo

A questo punto giova introdurre un altro concetto legato alla numerologia dell’Incal, ovvero quello del Mondo e del numero quattro.
Quattro sono gli elementi della natura e i punti cardinali, oltre che i semi degli arcani minori dei tarocchi; quattro (più la capitale) sono le città nell’universo degli uomini nell’Incal; quattro sono le lettere del tetragrammaton che compongono il nome di Dio.
Nei tarocchi Jodorowsky il Mondo (21 l’ultimo arcano, punto di arrivo di tutto) rappresenta il completamento assoluto dell’individuo e la sua fusione col molteplice, pur mantenendo la propria essenza (tutto è uno e uno è tutto).
Quattro sono nella carta del Mondo gli elementi che compongono l’essere umano e si riconducono ai quattro semi.
Possiamo quindi dividere la carta in quattro parti: in alto vi sono gli elementi immateriali del cielo, in basso quelli terreni. A sinistra quelli “passivi” (nel senso di ricettivi) dunque femminili, mentre a destra quelli “attivi” e dunque maschili, come è evidente dagli oggetti che la donna-uomo al centro della carta tiene in mano: a sinistra una sacca ricettiva e a destra un bastone fallico attivo. Nei tarocchi le antinomie attivo-passivo, maschile-femminile sono portanti e necessarie, il concetto di androgino e di unione degli opposti è la chiave di tutto; ciò va unito al concetto di animus e anima, che postula sempre la presenza di un lato maschile nel femminile e viceversa.Proseguendo l’analisi, abbiamo dunque in basso a sinistra (terra-passivo) una sorta di bue, legato alla terra, che riguarda la salute e i beni terreni e si riconduce al seme dei denari; in basso a destra (terra-attivo) vi è il leone, legato all’energia e alle forze materiali creative e sessuali (attive), cioè i bastoni dalla forma fallica e virile; In alto a sinistra (cielo-passivo) vi è poi un angelo, simbolo dell’emotività, del cuore e della misericordia, riconducibile alle coppe, che sono dei recipienti, segno di accoglimento e totale ricettività emotiva; in alto a destra (cielo-attivo) vi è infine l’aquila che rappresenta le virtù dell’intelletto e della conoscenza, legate alle spade.
Questi quattro segni-elementi, cioè la componente materiale e fisica del corpo, quella creativa e sessuale, i centri emotivi ed intellettivi, rappresentano (tutti assieme) l’interezza di una persona umana. La carta del Mondo può essere insomma paragonata all’anatomia di un corpo.
Non è un caso se l’Incal nel chiedere “John Difool… Chi è?”, mostra al protagonista la sua vera natura:dopo averlo temporaneamente squartato in quattro pezzi escono fuori dal suo corpo altrettante differenti manifestazioni del suo essere, tutte rappresentanti una parte di John Difool, corrispondenti alla testa (intelletto-spade), torso (emozioni-coppe), bacino (forze sessuali e creative-bastoni) e gambe (legate al terreno-denari), proprio come nella carta del Mondo; nel mezzo a dominarli vi è proprio l’incal, l’anima.
Nessun essere umano può infatti essere completo – come è evidente nella carta del Mondo, che oltre ai quattro elementi ne ha un quinto in mezzo –, senza un centro di bilanciamento, un quinto elemento nascosto, che è appunto l’anima (quintessenza), che porta all’equilibrio delle quattro parti. È proprio per questo che Difool è alla costante ricerca amorosa di Animah, ciò che gli manca per completare se stesso.
A riprova di tutto ciò, per mostrare quanto Jodorowsky sia ben attento persino al posizionamento dei suoi personaggi, a pagina 111 (edizione Magic Press) vi è evidenza di quanto finora detto:per rianimare Tanatah Difool e Animah si pongono rispettivamente alla sua sinistra e alla sua destra. Ovviamente la simbologia dei tarocchi è “specchiata” per permettere un corretto posizionamento dal punto di vista dell’osservatore (come avviene anche nel Mondo). Dunque Difool, con l’energia attiva e maschile del Matto, si pone a destra per il lettore (dunque a sinistra di Tanatah); mentre Animah, femminile, ricettiva e passiva, si pone a sinistra per il lettore (a destra di Tanatah). Con questo si spiega il riferimento alle forze attive e rigenerative di Difool (destra) e a quelle conservative e ricettive di Animah (sinistra) che assorbe la tossina; una struttura medesima a quella del Mondo che determina sinistra-passivo e destra-attivo.

Jodorowsky inoltre aggiunge degli elementi per rendere il suo Matto ancora più umano e credibile: esattamente come un’anima giovane e inesperta, il suo Difool tenta spesso di fuggire dalle responsabilità e dai pericoli, dalla faticosa maturazione spirituale, per seguire la via più semplice e terrena.
Difool viene inoltre messo di fronte a tutte le sue manifestazione e paure nell’epopea ambientata nell’universo dei Berg (abitato da 78 bilioni di esseri, come le 78 carte dei tarocchi).
Dopo essersi accoppiato con la Protoregina ed essere divenuto Protopadre, dà vita a una nuova generazione di esseri fatti a sua immagine e somiglianza, portatori di tutti i suoi difetti morali, tanto da farsi schifo da solo.
Oltre a queste classiche tematiche della poetica di Jodorowsky, legate al non accettare se stessi e non voler crescere, torna anche qui la ricerca dell’accettazione materna: la Protoregina, tradita da Difool, aveva disconosciuto tutti i suoi figli, resi dei veri e propri frignoni insoddisfatti per via di questa scelta.
Una volta ottenuta la benevolenza della madre, tutto il pianeta di cloni di Difool trova finalmente la pace.
Questo enorme complesso dell’ego è peraltro una delle caratteristiche principali del Matto, che viaggia assieme a un gatto che sembra ostacolarlo e allo stesso tempo giocare con lui. Il Matto ha dunque un animale da compagnia nel suo viaggio, che è la sua coscienza-ego, rappresentato ne l’Incal da Deepo.
Il Matto, nella sua ambiguità, è da un lato perseguitato dal proprio ego-gatto, mentre dall’altro sembra lasciarselo alle spalle e abbandonare ogni sua velleità.

Inizia qui la fase di discesa dei protagonisti

Il percorso di crescita spirituale mediante i tarocchi segue due fasi, una di discesa e una di risalita, come avviene anche nell’Incal. La prima è volta a riconciliarsi col proprio dio interiore – nel racconto infatti il “cuore del mondo” si trova fra i ratti nelle parti più infere della terra, sotto i liquami e la sporcizia che simboleggiano l’oscurità dell’inconscio; la seconda fase di risalita consiste invece nell’abbandono dei propri limiti individuali e nella comprensione dell’unione col tutto, la cosiddetta coscienza impersonale, l’uscita verso l’esterno.
Nel momento in cui tutti i suoi compagni nel finale hanno scelto di sacrificare la propria individualità, Difool ha esitato, per questo motivo è stato costretto a riniziare da capo il suo percorso con un nuovo salto nel vuoto. Questo è da un lato il frutto della natura intrinsecamente errabonda del Matto, e dall’altro la conseguenza del fatto che egli non ha completato il proprio Mondo, non ha raggiunto una dimensione spirituale equilibrata, riniziando a causa del suo egoismo il ciclo del samsara.

L’INCAL

Altro nome parlante, In-call, l’Incal è il dio interiore, quella voce su cui concentrandosi si può sempre contare. L’incal è il punto di arrivo della prima fase del viaggio iniziatico, quella della discesa. Inizialmente si scende nelle profondità dell’io per comprendere la propria natura individuale, incontrando la propria vera volontà; successivamente si risale fino a raggiungere una coscienza collettiva.
Il riferimento visivo nuovamente usato da Jodorowsky per l’oggetto-incal è un rimando alla struttura della carta del Mondo, e dunque i 4 elementi più uno, che simboleggiano il fatto che il dio interiore è relegato nella dimensione umana, dentro il corpo, e non in quella ultraterrena e irraggiungibile.

La forma dell’incal e la stella di David

L’incal completo nella forma della stella di David

Torna anche qui poi la tipica dualità della simbologia esoterica per la quale l’Incal ha due aspetti, uno nero ed uno bianco, entrambi necessari.
La forma che assume dopo aver riunito le due pietre, due triangoli che si incontrano, rievoca quel percorso inziatico di discesa e salita che crea infine una perfetta corrispondenza fra i due poli, secondo la quale inizio e fine sono necessari l’uno per l’altro e coincidenti. Il concetto è riassumibile con la formula esoterica di Ermete Trismegisto “come sopra, così sotto”.
Uno dei più importanti simboli di questa unione fra discesa e salita è proprio la stella di David, la forma che l’incal assume una volta unite le due metà, un’unione perfetta di alto e basso, dio che compie la creazione verso la Terra e l’uomo che tenta di tornare in alto verso di lui.

Raggiungere dio tramite l’annullamento sacrificale

La divinità-creatrice, entità in perfetta simbiosi col tutto e dunque punto di arrivo della storia dell’incal (cioè OHR), si caratterizza per l’atto della creazione. L’uomo, nel tentare di raggiungerla, non può di certo (come si è spesso illuso di fare) imitare quest’opera grandiosa.

L’unica soluzione per approssimarsi al divino non è dunque l’imitazione, il tentativo di creare, ma consiste nel percorso inverso. La creazione, irriproducibile, va ripercorsa al contrario, cioè con la distruzione del proprio ego, arrivando quindi alla fonte divina.

La numerologia del 7 e il simbolo della Torre come cambiamento

Precisiamo ora un’altra numerologia ricorrente: il gruppo di cui Difool fa parte (da ora “la compagnia dell’incal”) è composto da 7 membri, esattamente come il numero dei pianeti del Sistema Solare nella conoscenza antica; come anche il numero dei colori dello spettro di luce dell’arcobaleno che sono tutti riassunti nel bianco (dell’incal); e come il numero dell’arcano del Carro, emblema del viaggio.
Questa numerologia torna spesso in altre opere di Jodorowsky, l’esempio più eclatante è la Montagna Sacra, coi sette personaggi che affiancano il protagonista nella scalata, ognuno associato a un pianeta.

Sempre nella Montagna sacra possiamo trovare altri due elementi che tornano anche nell’Incal: la dualità bianco e nero e la simbologia della torre.
Partendo dalla torre, nella Montagna Sacra essa è la sede dell’Alchimista, mentre nell’Incal è il luogo in cui il gruppo di Difool si riunisce per raggiungere il “cuore del mondo” in cui ha sede il dio interiore, cioè l’unione degli opposti dei due incal nero e luce.
Negli arcani maggiori la Torre è uno dei simboli più potenti:

Da sinistra: la Torre nei tarocchi Jodorowsky; la torre del cuore del mondo ne L’Incal; la torre dell’alchimista ne La montagna sacra

Sin dal nome Jodorowsky opta per assumere la versione “la maison dieu”, la casa dio o la casa di dio, in contrapposizione al classico “The Tower” dei Rider-Waite.
Il colore con cui rappresenta la torre inoltre è di un perfetto rosa carne.

È facile intuire come la torre rappresentante il corpo umano (la casa di dio), sia per Jodorowsky la sede del dio interiore. È proprio in una torre infatti che I due incal vengono riuniti e nasce un’entità dai poteri enormi.

Ciò che Jodorowsky rappresenta nella torre non è una rovinosa caduta, ma una forte scossa interiore, uno stravolgimento così potente da scoperchiare quella casa e far camminare a testa in giù i suoi abitanti: un ribaltamento totale di prospettive e del modo di vedere le cose. Questo è il senso dell’invito che Animah pone nella torre ai suoi compagni prima di riunire l’incal: “Preparatevi a disfarvi dei vostri autoconcetti”.
Di questa simbologia Jodorowsky si serve per rappresentare l’incontro della compagnia dell’incal col “cuore del mondo”, che è appunto il dio interiore di ognuno di loro e che risiede in una torre sotterranea attraversata da un forte fascio di luce, a rievocare quello che scoperchia l’arcano della maison dieu; compare inoltre una seconda torre nella foresta dei cristalli che stavolta è proprio di color carne.

Incal nero e incal luce (bianco): le vie delle Sephirot

Il dualismo bianco e nero delle due incarnazioni dell’incal, che si vedeva già nella Montagna sacra, è invece un tema classico dell’esoterismo. Sebbene nessun riferimento compaia nei tarocchi Jodorowsky, esso è presente nell’arcano 2 dei Rider-Waite: la Papessa.

A sinistra: gli alchimisti ne La montagna sacra; a destra la Papessa Rider-Waite

Nella montagna sacra è evidente come Jodorowsky abbia studiato alla perfezione l’equilibrio fra i due colori: nel caso dell’alchimista nero egli è circondato da donne vestite in bianco e da uno sfondo bianco e nero. Nel caso dello stregone bianco egli è circondato dalle due colonne bianca e nera, come avviene nella Papessa/Sacerdotessa dei Rider-Waite.
I due colori, oltre ad essere il punto di partenza assoluto di ogni coppia di opposti, simboleggiano le due colonne del tempio di re Salomone Boaz e Jachin (B, J).
La struttura del tempio di Salomone è stata utilizzata dalla massoneria per delineare i gradi della propria gerarchia interna, ma più in generale le colonne poste all’ingresso del tempio simboleggiano l’ingresso in un mondo nuovo e due delle tre vie dell’albero cabalistico. Con l’uomo al centro, nel momento del proprio passaggio, le tre colonne dell’albero sono complete e i due opposti sono fusi in una via mediana.

L’albero della vita cabalistico col percorso delle Sephirot, sovrapposto alle due colonne del tempio di Re Salomone (più quella centrale)

L’incal nero e il Diavolo

Per completare il quadro della dualità bianco e nero giova approfondire la funziona dell’incal nero. L’incal nero potremmo dire che è l’incarnazione del Diavolo dei tarocchi, l’arcano 15.
La componente oscura è emblema del costante discorso di accettazione e convivenza col negativo che i tarocchi portano avanti durante tutto il loro cammino.
Il diavolo, di colore blu, rappresenta l’inconscio, la parte più irrazionale di noi stessi, quella più difficile da gestire. È però allo stesso tempo anche fonte costante di spirito creativo e passione, ed è una tappa necessaria nel percorso di incontro col proprio dio interiore, poiché è parte di noi stessi, ed è probabilmente la parte più difficile e dolorosa del viaggio, come lo è stata per Difool, che viene seviziato dal tecno-papa.
Accettare il proprio lato più basso senza reprimerlo, imparare a convivere con esso e sfruttarlo come fonte di ispirazione è ciò che questo arcano vuole mostare. Il Diavolo, al contrario di quanto si potrebbe immaginare, simboleggia grande fermento interiore e creativo.
Ovviamente, nella geniale numerologia di corrispondenze dei tarocchi (1-11, 2-12, 3-13… ecc) non poteva che contrapporsi a questo arcano quello del Papa, il numero 5.

A sinistra: il Diavolo (15); a destra il Papa (5)

Il tecno-papa che indossa in testa lo psico-addome

Il papa e il diavolo formano la coppia perfetta, segnando entrambi un punto di passaggio (trovandosi alla
esatta metà, 5, delle due sequenze di dieci degli arcani), una sorta di ponte verso altre dimensioni spirituali opposte.
La composizione grafica dei due arcani è la medesima: un’organizzazione triangolare con un oggetto tenuto in mano sul lato destro (simbolo sacro per il papa e fuoco del desiderio interiore per il diavolo), con ai piedi due adepti.
Era necessaria dunque la presenza di questa setta di adoratori dell’incal nero, il cui papa, un rovescio dell’arcano 5, porta in testa quello che viene definito “psicoaddome”. Nei tarocchi Jodorowsky l’autore ha aggiunto varie bocche sul corpo del Diavolo che non compaiono invece nei marsigliesi “classici”, proprio a simboleggiarne l’estrema cupidigia; la bocca più grande è posta proprio sull’addome e indica una voracità non solo materiale.

Il dio interiore come metà percorso: fase finale della discesa iniziatica e punto iniziale della risalita

L’incontro con il proprio dio interiore, l’incal, è dunque una tappa fondamentale del percorso iniziatico, ma non è di certo la fine. L’incal ha dei poteri enormi, ma è solo il primo grande passo; potremmo paragonarlo al fondamentale arcano numero 1, il Mago.

Il Mago (1)

Nei tarocchi Jodorowsky il Mago ha di fronte a sé molti elementi sparsi su un tavolo, che rappresentano i 4 semi (coltello/spade; bacchetta nella mano/bastoni; moneta nella mano/denari e contenitori/coppe). Tutti questi oggetti significano la grande destrezza del mago e la sua enorme consapevolezza. Il Mago è un arcano talentuoso che sa padroneggiare il mondo e gli elementi, mostra dunque dei poteri simili a quelli dell’incal. Il Mago è inoltre in equilibrio fra maschile e femminile (ha nelle sue mani un simbolo fallico maschile e uno femminile), e indossa un ampio cappello a forma di infinito che è estensione delle sue vaste capacità mentali.
Il Mago è insomma colui che ha incontrato il proprio dio interiore (l’incal) e ha compreso la sua enorme potenzialità: la nostra mente è davvero in grado di modificare e plasmare con abilità il mondo per come lo viviamo e percepiamo, alterando la realtà.
A parità di condizioni infatti, alcuni vivono il mondo come un posto pieno di storture, violenza e criminalità, mentre altri come una positiva occasione di relazione con gli uomini e la natura. Il nostro approccio al mondo determina quindi il mondo stesso; la nostra mente è in grado di piegarlo e plasmarlo. Per questo la magia mediante la volontà ha la capacità di intervenire sulla realtà a suo piacimento. Da qui il frainteso insegnamento di Aleister Crowley “fa’ ciò che vuoi sarà tutta la Legge”.

DEEPO

Abbiamo già avuto modo di vedere in Deepo, il cui nome fa riferimento a qualcosa di profondo e interiore, la voce della coscienza di Difool, oltre che l’animale che accompagna il Matto nel suo cammino.
La simbologia di Deepo si stratifica però in un ulteriore riferimento simbolico che appare anche nella Montagna sacra: quello del pellicano.

A sinistra: l’Imperatrice dei tarocchi Thoth in cui appare il pellicano; a destra: un frame da La montagna sacra in cui l’alchimista compie il processo alchemico assieme a un pellicano

Il pellicano che appare nella Montagna sacra nel processo alchemico di purificazione (albedo) rappresenta la capacità di sacrificare se stessi.
I pellicani infatti, in caso di penuria di cibo, lacerano il proprio petto per nutrire i loro piccoli. Nei tarocchi Jodorowsky questo riferimento non è presente, tuttavia è proprio in questo atto di autofagocitazione che il pellicano viene colto nei tarocchi Thoth di Aleister Crowley, ben noti a Jodorowsky.
L’arcano in questione è il 3, l’imperatrice, simbolo del rinnovamento della natura e dei suoi costanti cicli, come è evidente dai motivi arborei e floreali che la circondano oltre che dai cicli lunari sui lati.
Il pellicano è dunque simbolo del trasferimento dell’essenza vitale tramite il proprio sacrificio (come avviene a una madre col proprio figlio); è inoltre simbolo della trasmissione del sapere iniziatico, come accade con l’alchimista ne la Montagna sacra.
Più di una volta Deepo ha avuto il ruolo di guida di Difool e ha inoltre sacrificato più volte se stesso per aiutarlo, per poi nel finale effettuare il sacrificio estremo del proprio ego assieme alla compagnia dell’incal al fine di unirsi alla coscienza del tutto e raggiungere ORH.

ANIMAH

A sinistra: la prima apparizione di Animah ne L’Incal; a destra La Stella (17)

Animah si presenta per la prima volta come “la regina dei ratti” e la troviamo negli inferi del pianeta fra enormi discariche e liquami acidi.
Il personaggio di Animah non è identificabile in uno solo degli arcani, poiché è riconducibile a una pluralità di figure, in primis La papessa e La stella.

Animah e la Stella: l’importanza dell’elemento fluido

La Stella è l’unico degli arcani maggiori ad apparire completamente nudo, esattamente come Animah è l’unico dei personaggi dell’Incal a fare la sua prima apparizione totalmente svestita.

Da sinistra: La papessa 2 (Jodorowsky); La sacerdotessa/papessa 2 (Crowley Thoth); Temperanza 14; Il Mondo 21; La Stella 17

La funzione di Animah nella storia è strettamente legata ai fluidi, come avviene nella Stella – che arricchisce di acque vitali il luogo in cui si è stabilita– , ma anche in Temperanza, che scambia i liquidi fra due anfore: Animah è la moderatrice di Difool (Temperanza), colei che bonariamente lo convince a prendersi le proprie responsabilità.
Nella struttura dell’arcano del Mondo (4 elementi più la quintessenza-anima nel mezzo), Animah impersona poi la donna al centro e gioca un ruolo di equilibrio fra le varie inclinazioni (le quattro manifestazioni) di Difool che la cerca costantemente.

Animah: la papessa/alta sacerdotessa

La figura principale a cui va ricondotta Animah è però la Papessa. Se infatti Solune e l’incal sono simboleggiati dai colori bianco e nero, ella sta nel mezzo a garantire l’armonia, come avviene nella Sacerdotessa dei tarocchi Rider-Waite.

A sinistra: La Papessa 2 (Jodo); a destra La papessa 2 (Rider-Waite)

La Papessa è un arcano legato alla dimensione dell’interiorità e del sacro, della purezza totale e senza macchia.
Ella conosce alla perfezione tutto ciò che è legato alla carne, e ne è dimostrazione il fatto che il libro che tiene in grembo nella versione Jodorowsky è proprio di colore rosa, a differenza della sua pelle che è bianca e candida. Proprio per questa sua capacità di leggere interiormente le persone Animah pronuncia la frase “il tuo cuore è un libro aperto per me”.

La papessa (2) tarocchi Thoth di Crowley

La Papessa è poi circondata da un velo in tutte le sue rappresentazioni in esame (Jodorowsky, Rider-Waite e Thoth). Questo velo è stato spesso paragonato al Velo di Maya, cioè a un nascondimento dell’essenza invisibile delle cose, del noumeno oltre il fenomeno.
La papessa è in diretto collegamento col divino, conosce alla perfezione l’interiorità umana, ma solo a chi davvero lo merita svela il collegamento verso una realtà nuova. Per questo motivo la Sacerdotessa dei tarocchi Thoth è colta nell’atto di alzare quel velo; e per questo stesso motivo Animah è la signora dei ratti, che nel racconto sono soltanto un’illusione (velo) che può essere mentalmente dissipata.

La sua estrema purezza è il motivo per cui Animah si presenta nuda (come la Stella) e nella figura della Papessa porta un libro aperto sulle ginocchia, poiché non ha nulla da nascondere riguardo sé; la sua purezza verginale è la ragione per cui ella non ha concepito Solune (affidato poi al Metabarone) pur essendone la madre, ed è la ragione per cui Difool non riesce mai ad avere contatti fisici con lei.
Animah è dunque la madre pura che esorta Solune ad abbandonare il suo essere bambino per crescere (torna un tema fondamentale per Jodorowsky); è inoltre la moderatrice, la speranza ed anche la guida inesauribile.
Per ciò nei tarocchi Thoth la papessa-sacerdotessa ha sotto di lei un cammello, capace di serbare al suo interno dell’acqua pura e salvifica, pur trovandosi in un arido deserto.

Ad Animah si contrappone la gemella Tanatah, da ‘thanatos’ che in greco che significa morte. Originariamente le due sorelle erano custodi degli incal luce e nero. Tanatah ha la funzione di riequilibrare la figura di Animah, essendo il rovescio della medaglia, il dualismo irrinunciabile dei tarocchi. La morte, lungi dall’essere negativa, è vista come atto fertile, la mietitura prima di una nuova semina. A questa stessa funzione rispondono i suoi sottoposti Kill, il guerriero cinocefalo che ricorda Anubi il dio egizio dell’aldilà, e il Metabarone ingaggiato per l’uccisione di Difool.

SOLUNE

Solune è il figlio non concepito di Animah e del Metabarone (per adozione). La sua simbologia è immediatamente evidente: androgino – concetto caro a Jodorowsky per il raggiungimento della pienezza spirituale, ribadito anche dalla figura dell’imperoratrix – portatore degli opposti bianco-nero e sole-luna.
È interessante vedere però come Jodorowsky presenti inaspettatamente un ribaltamento di situazione, in cui viene spiegato da Animah, lasciando tutti attoniti, che il vero padre di Solune è Difool.Questo ulteriore rimando simbolico può essere compreso mediante un sottile indizio che Jodorowsky inserisce nel suo mazzo di tarocchi e che non troviamo da nessuna altra parte.
Solune, il fanciullo che porterà alla nascita di un nuovo universo, è in realtà l’uovo orfico, la gestazione in potenza da cui rinascerà tutto, il seme che per tutto il percorso dei tarocchi ritroviamo in molte figure e germoglia sin dall’inizio, fino a diventare il Mondo.
Non stupisce allora che Jodorowsky ha concepito Solune come il figlio di una coppia ben strana: il Matto-Difool e la Papessa-Animah; entrambi nei tarocchi Jodorowsky sembrano procedere l’uno verso l’altro e “nascondono” un piccolo uovo – il Matto nella sua mano e la Papessa dietro la schiena – che è il frutto della potenzialità attiva e mutevole del Matto e della figura più ricettiva e conservatrice di tutti gli arcani, cioè la Papessa: i due genitori universali. La figura dell’uovo torna inoltre nel guscio d’uovo dell’imperoratrix e nella forma centrale della carta del mondo, anch’essa incarnazione di Animah.

L’uovo orfico nascosto nella coppia Il Matto e La Papessa

La parte finale dell’Incal dunque, quella che segue all’incontro con OHR e consiste nella nascita di un bambino, è un complesso di rimandi esoterici legati alla figura di Solune.

Solune: il bambino delle stelle e il nuovo eone

La struttura dell’Incal è basata sul viaggio iniziato e sul procedimento alchemico che si conclude con la trasformazione della materia in oro e con la creazione della pietra filosofale.
L’incal è diviso in tre parti: Incal nero, Incal luce e la Quintessenza. Le due parti corrispondenti agli incal nero e bianco (nigredo e albedo), sono due delle tre tappe del percorso alchemico, che si conclude con l’incontro con OHR (creatore supremo), un’immensa figura dorata che riempie e straborda oltre la pagina, ricordando in tutto e per tutto il raggiungimento dell’oro alchemico.Il passo successivo è la sostituzione di OHR con un nuovo creatore fanciullo di universi (rubedo, la pietra filosofale, terzo stadio del procedimento alchemico), che è incarnato da Solune, grazie al sacrificio della compagnia dell’Incal.
Per questo motivo nelle pagine seguenti compare un enorme bambino che nella simbologia è detto “bambino delle stelle”, un’immagine che vediamo campeggiare anche nel finale del colossale 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick.

Un frame col “bambino delle stelle” tratto dal finale di 2001 Odissea nello spazio di Kubrick

Nel finale dell’Incal tutti i compagni di Difool rinunciano alla propria individualità per completare il loro percorso spirituale, raggiungendo la totale trasparenza, cioè l’annullamento di sé, comprendendo la molteplicità dell’Uno e l’unita del Tutto.Frutto di questo sacrificio e della realizzazione a ritroso della creazione divina (annullamento), questo bambino diverrà artefice, mediante i sogni della molteplicità che racchiude, di un nuovo universo, che sarà a sua volta alimentato dall’energia del Matto-Difool che nel frattempo ha riniziato da capo il suo percorso con una nuova caduta nel vuoto, quella del finale dell’incal.
La compagnia dell’Incal (escluso Difool), col suo atto sacrificale di comprensione universale, prende il posto del precedente OHR, cioè un bambino delle stelle divenuto adulto e maturo, finché Difool non realizzerà a pieno il suo percorso iniziatico, senza sottrarsi egoisticamente al sacrificio di sé, che è una liberazione, completando così il ciclo e uscendo fuori dai corsi e ricorsi del samsara.
Non a caso, e nuovamente, nella tavola in cui il bambino delle stelle viene presentato nel racconto, Jodorowsky riproduce l’esatta struttura dell’arcano il Mondo, a segnare il completamento totale del ciclo dei tarocchi, con i soliti 4 elementi più quintessenza al centro.

Una delle tavole finali de l’Incal e il mondo. La struttura delle 4 parti più una al centro torna in entrambe le immagini

Solune, il bambino delle stelle che unisce gli opposti nell’androgino e dà vita a un nuovo universo, è dunque il profeta che annuncia la venuta di un nuovo periodo storico che Crowley rappresenta nei tarocchi Thoth nella carta dell’Eone, l’arcano 20 che appunto precede immediatamente il 21 del Mondo, la fine del percorso e la creazione di una nuova opera completa.

I gemelli e il bambino delle stelle nei tarocchi Jodorowsky e Thoth

La simbologia del bambino/gemelli (Solune), emblema di universo in formazione, è molto presente in entrambi i mazzi Jodorowsky e Thoth.
In quelli Jodorowsky i due gemelli compaiono per due volte: una sotto il giogo delle catene del diavolo; l’altra finalmente liberi e alla luce nell’arcano del Sole, in una struttura triangolare identica.
Nel Sole i due gemelli (Solune, che è in realtà uno solo) si lasciano alle spalle un muro oltre cui non vi è più nulla di visibile, dunque una conclusione netta e un nuovo inizio, quello appunto di un nuovo universo; i due bambini vengono guidati dal percorso di un fiume, il cui elemento acquatico non fa altro che rimandare alla simbologia dei fluidi della madre-guida di Solune che è Animah.
Le loro figure sono irradiate da una sorta di energia cosmica sotto forma di gocce che compare anche nella Torre, e rimanda appunto al sacrificio della compagnia dell’Incal (avvenuto in una torre) per alimentare l’essenza di un nuovo universo.

Il diavolo (15) e il Sole (19)

Nei tarocchi Thoth i gemelli-Solune compaiono in tre occasioni: la prima volta nella carta del Matto, cioè Difool che è il loro vero padre. In questo arcano i gemelli sono ancora in formazione, per cui compaiono in basso, ma solo delle parti dei loro corpi; la seconda volta negli Amanti, in cui si sviluppano come frutto di un’unione fra due forze (Matto e Papessa); la terza volta in Eone, il bambino delle stelle che preannuncia la venuta di una nuova epoca/universo.

Da sinistra: il Matto, gli Amanti (6) e l’Eone (20) nei tarocchi Thoth. In tutti appaiono i gemelli

Solune è dunque il fanciullino, il superuomo nietzscheano che gioca costantemente e trasmuta tutto, in perenne creazione e mutamento.

CONCLUSIONE

Siamo giunti così alla fine di questo lunghissimo cammino nella simbologia dell’Incal e nell’opera di Jodorowsky.
Questa analisi anatomica non deve però distrarre dalla vera anima dell’Incal: un viaggio iniziatico e spirituale, che parla il linguaggio dell’inconscio e che non dovrebbe essere vissuto, almeno come prima lettura, in maniera tanto sofisticata; bisognerebbe lasciar parlare le immagini.
Tutte le figure degli arcani maggiori sono presenti al contempo in ogni soggetto che intraprende questo cammino, e sta dunque a lui capire in che misura percorrere questa strada e dar vita ad ognuna di queste manifestazioni, per arrivare poi a riunirle in un’unica-molteplice entità e ricostruire una storia che assume forme diverse in base a chi legge.
La libertà per Jodorowsky è prima di tutto il liberarsi dai limiti della propria soggettività, che è l’unico vero limite alla nostra capacità di plasmare un intero universo.
Tutto questo può essere ottenuto mediante ciò che Jodorowsky mostra chiaramente nell’Incal: fiducia nelle nuove generazioni e nei loro sogni, nella spiritualità e nell’atto sacro di una preghiera che ha come fine un’unione mentale collettiva. Nel racconto l’unica arma per interrompere il dilagare della tenebra è infatti indurre uno stato di meditazione/trance in tutti gli abitanti dell’universo.Jodorowsky ha da sempre concepito le proprie opere come atti psicomagici, garantendo qualcosa di concreto che vada oltre le semplici parole.
Nei mesi in cui fu girato la Montagna sacra, altro simbolo di percorso iniziatico, Jodorowsky compì un vero e proprio cammino spirituale con tutta la sua troupe, ingaggiando come attori nel film i soggetti più disparati: “Uno, un transessuale, l’avevo scovato in un bar di New York, un altro era un attore di telenovelas, e poi mia moglie, con le sue nevrosi da fallimento, e un ammiratore americano di Hitler, e un milionario disonesto che era stato espulso dalla Borsa, e un omosessuale che era convinto di parlare in sanscrito con gli uccelli, e una ballerina lesbica, e un comico da cabaret e un’afroamericana che, vergognandosi dei suoi antenati schiavi, diceva di essere pellerossa”.
Da questa esperienza tali attori sembrarono uscire totalmente cambiati, ed è ciò che Jodorowsky ha tentato di fare anche nell’Incal: far vivere inconsapevolmente al lettore un viaggio iniziatico che seminasse un germe nella sua coscienza più intima.