
Sweet Salgari, un’analisi
Grazie alla collana Visioni ho potuto recuperare “Sweet Salgari”(pubblicato nel 2012, le prime tavole sono firmate 2009) di Paolo Bacilieri, un fumetto che mi interessava leggere in quanto collegato al tema di questo blog, dove analizzo le intersezioni tra letteratura e fumetto, specialmente in collegamento alla letteratura italiana. Ed Emilio Salgari, di cui non avevo ancora parlato, ha un rapporto profondo: la grande tradizione del fumetto avventuroso italiano nasce tramite la Bonelli, e Gian Luigi Bonelli aveva esordito come romanziere di stampo salgariano, prima di divenire il padre di Tex (e molto altro ancora): L’ultimo corsaro (1936), ovvero Le Tigri dell’Atlantico, I Fratelli del Silenzio (1937) e Il crociato nero (1940) denunciano, fin dal titolo, il loro debito salgariano. E al figlio Sergio Bonelli, scomparso nel 2011 (nel centenario di Salgari esatto), l’opera è dedicata da Bacilieri, che per la Bonelli ha lavorato e lavora.
A parte l’influsso indiretto, vi sono state numerose riprese fumettistiche salgariane:: qui ne parla AFnews, mentre la Fondazione Franco Fossati elenca filologicamente numerose testate qui. In tempi recenti, abbiamo avuto il Sandokan di Star Comics nel 2017, la serie di Cyrano Comics nel 2018,
Dell’opera di Bacilieri ha scritto molto bene qui Marco D’Angelo su Lo Spazio Bianco, richiamando anche, nel suo articolo, alcuni illuminanti contributi di Barbieri. D’Angelo illustra correttamente la scelta principale di Bacilieri, ovvero quella di non raffigurare direttamente l’immaginario salgariano, ma di evocarlo soltanto nei testi salgariani sovente citati, che contrappuntano in modo sempre significativo ciò che avviene nel mondo reale della biografia dell’autore, raffigurata dai disegni.
Molto interessante anche questa intervista, in cui Bacilieri chiarisce molte delle scelte operate nel suo lavoro.
L’opera fa una scelta frequente nelle biografie, ovvero il percorso “a rebours”: partiamo dalla morte del protagonista (cosa ancor più drammatica quando, come in questo caso, è un violento suicidio) e risaliamo da quegli ultimi momenti a tutta la vita.
Un espediente classico, declinato qui in modo magistrale, ed evocato fin dalla significativa copertina, che mostra quell’ultima passeggiata salgariana prima del seppuku orientaleggiante con una lama da barbiere.
Il fumetto si apre quindi con il Po a Torino accostato alla descrizione del Gange: seguono vignette in forma di cartoline esotiche, ma non da un altro spazio, ma da un altro tempo: la Torino di primo ‘900 cara a Gozzano. A p.15, il frastagliarsi del delta del Gange diviene un correlativo dei canali torinesi, ma ancor più, visivamente, del frammentarsi dello spazio della pagina in una miriade di piccole vignette, ognuna delle quali riprende un volto, un personaggio: le molteplici vite che si intrecciano l’una nelle altre, e nella fattispecie, qui, in quella di Salgari. Siamo all’ultimo giorno della vita di Salgari, con la stessa tecnica di frammentazione Bacilieri ci mostra il suo disordinato studio, le buone cose di pessimo gusto che sono sufficienti a tracciare il segno di un’esistenza. Poi inizia l’ascesa di Salgari al suo destino: ma tratteggiata con delicata malinconia, e quasi un pizzico di paradossale, amaro umorismo, a tratti (anche se nel prosieguo emergerà anche l’orrore inevitabile di quella morte).
Lo stacco tra i vari capitoli è segnato da Salgari intento alla scrittura: la sequela di queste immagini, specie se poi rilette in una sola sequenza, è struggente, e mostra il passaggio dalla scrittura giocosa (ma già ossessiva) del bambino a una scrittura professionale che diviene sempre più fardello e sfruttamento, fino a spingere al suicidio l’autore. In mezzo, i dettagli di una vita che corteggia l’avventura senza esserne autenticamente ricambiata nel reale, se non sulle pagine scritte. Bacilieri è molto attento a cogliere i segni della fascinazione dell’abisso nel corso della esistenza di Salgari, utilizzando il suo consueto abile montaggio narrativo.
Non entro qui nei dettagli per non rovinare la lettura a chi ancora non conosca l’opera: sottolineo solo la forza dell’uso del puro testo contornato nelle vignette per mostrare gli eccessi vessatori del contratto dell’editore Bemporad che Salgari è costretto ad accettare, a p.123-124. Parole burocratiche che schiacciano, opposta alla levità delle nuvolette salgariane che aleggiano sulle sue città (in primis Torino, ma anche Verona, Genova) nel corso del racconto.
Altro elemento interessante sono i frequenti inserti fotografici che punteggiano la narrazione, quasi a creare un ponte ulteriore tra i vari piani del discorso in gioco: il piano della narrativa di Salgari (mostrata solo nei testi), la vita dell’autore (mostrata nei disegni) e la sua vita reale: le foto costituiscono un punto intermedio tra questi due ultimi aspetti, nell’ingannevole “fedeltà” del testo fotografico, ma spesso poi rimandano a loro volta al mondo finzionale (p.132, ad esempio).
La notizia della morte dell’autore porta a una doppia citazione di Norman Rockwell e Li’l Abner (p.156-157) con l’inserto del personaggio di Mamma Yokum. Interessanti anche i volumi inseriti qua e là nella storia, quelli di Salgari ma anche quelli che poteva leggere per ispirarsi: ad esempio, molto curioso il rimando a “Cavour avvelenato da Napoleone III” (1871), opera anonima su un presunto complotto risorgimentale (tra i molti reali che vi furono). Come di consueto in Bacilieri, poi, l’architettura presente nell’opera e l’architettura della tavola hanno corrispondenze visive e concorrono a una simmetrica costruzione dello spazio (elemento ancor più programmatico in altre opere come “Tramezzino”).
Il finale, ad esempio, conclude gli eventi sugli scenari esotici dell’esposizione universale di Torino 1911, un perfetto correlativo oggettivo delle atmosfere salgariane, una riprova del suo aver saputo cogliere lo spirito del tempo. Gli studenti di “Cuore” di De Amicis che accorrono al suo capezzale sono un momento autenticamente commovente.
Insomma, un’opera potente e drammatica, che restituisce un giusto omaggio a un autore sfruttato in vita, amatissimo sempre dal vasto pubblico (fino all’inevitabile declino nel gusto col passare del tempo), influentissimo sulla tradizione fumettistica italiana e bistrattato dalla ricezione critica (dove Salgari non ha nemmeno una nota a margine nelle storie letterarie più blasonate).