ZUZU ha aperto gli occhi: intervista a Giulia Spagnulo

ZUZU ha aperto gli occhi: intervista a Giulia Spagnulo

Intervista a Giulia Spagnulo in arte ZUZU, giovane autrice che si è imposta all'attenzione di pubblico e critica con Cheese, il suo esordio per Coconino Press.

Abbiamo intervistato Giulia Spagnulo, in arte ZUZU, che con Cheese, il suo libro di esordio, ha catturato l’attenzione della critica e del pubblico rendendo il volume uno dei più venduti e ristampati dello scorso anno. Una carriera che non si è più fermata, confermando la giovane autrice come una delle voci più interessanti e versatili del panorama artistico italiano. Un talento che l’ha portata, tra le altre cose, a realizzare la nuova sigla de L’Assedio, il programma di Daria Bignardi, diventare collaboratrice fissa di Robinson, l’inserto di Repubblica, posare come modella per un servizio di Vogue e sbarcare in America sotto la prestigiosa etichetta Fantagraphics.

zuzu-2Ciao, Giulia, benvenuta e grazie per averci concesso l’intervista. Iniziamo. Mi racconti il tuo approccio al fumetto e come è nato Cheese? È stato un progetto studiato oppure è nato di getto, di pancia?
Cheese è nato come progetto di tesi, quindi con a disposizione tempi molto stretti per lo studio della storia e dei personaggi. Questo lo ha reso un fumetto figlio dell’istinto e della pancia. Anche se dopo la proposta di pubblicazione da parte della Coconino ci ho rimesso mano e mi è stato dato tutto il tempo che mi serviva per ampliarlo e perfezionarlo. Il mio approccio al fumetto è stato impulsivo e anche un po’ imprudente, prima di Cheese avevo scritto solo una storia breve di 30 tavole, quindi lo considero un esordio a tutto tondo.

Nel tuo percorso in Coconino sei stata affiancata da Gipi, nella veste di “Mago”. Come si è svolto il processo di creazione e come è stato coinvolto Gipi? Come si è strutturato il vostro rapporto?
Gipi, come anche Ratigher e gli altri della redazione Coconino, mi hanno seguito in un momento fondamentale della stesura di Cheese, perché avevo la storia, avevo più di 100 tavole pronte, ma non mi ero ancora chiesta seriamente che cosa volevo raccontare, con che stato d’animo volevo che i lettori arrivassero all’ultima pagina. Gianni è stato di enorme aiuto, mi ha fatto le domande giuste e mi ha dato il coraggio di rinunciare a un inutile pudore che mi aveva fatto raccontare i disturbi alimentari con una metafora. Tutte le splash pages e le tavole solo di testo sono nate dopo questo nostro dialogo.

Sei la più giovane autrice pubblicata in Coconino Press e la gente ha riposto subito fiducia nel tuo libro. Come è cambiata la tua vita con questo successo immediato e travolgente?
Inizialmente l’attenzione che ha suscitato il libro mi ha spaventata, è stato inaspettato. Le persone gli hanno voluto subito bene, e ne hanno voluto anche a me. Ci ho messo molti mesi prima di godere di questo successo in modo un po’ più spensierato. Il cambiamento è stato totale, ero uscita da pochissimo dall’università e sono stata subito catapultata nel mondo del lavoro, il lavoro dei miei sogni. Non mi ci sono ancora abituata, non mi sento quasi mai all’altezza dei riconoscimenti che ricevo. Forse solo adesso, a un anno esatto dalla pubblicazione, inizio a staccarmi da Cheese e dai suoi personaggi.

Quanto è stato terapeutico per te affrontare “i mostri di ZUZU”, dandogli forma e raccontandoli su carta?
L’unica terapia che consiglio a chi affronta mostri simili a quelli che ho affrontato io è quella di un/a terapeuta e di un/a nutrizionista. Nonostante ciò, riconosco che spiegarmi e spiegare agli altri una porzione della mia adolescenza mi ha fatto fare un po’ pace con la sensazione di aver buttato gli anni migliori della mia vita. Ho scoperto che l’adolescenza è dura per tutti, e che di bello ha proprio il fatto di essere un punto di svolta, dove decidi se buttarti a capofitto giù per una collina o se aspettare di farlo più avanti, o se non farlo mai e vivere una vita infelice.

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Nel fumetto il tema del corpo, della sua percezione e della difficoltà di comprenderlo si sviluppa soprattutto nelle illustrazioni e nelle “parole in libertà” che intervallano la narrazione principale. In un certo senso la completano e la spezzano. Come mai questa scelta particolare? Ti serviva per indicare un percorso parallelo a quello principale? Una difficoltà di esprimerlo in una forma narrativa compiuta e per cui era necessaria la frammentarietà?
La scelta di raccontare parallelamente le avventure del trio di amici e quelle del corpo di ZUZU nasce dalla mia esperienza coi disturbi mentali: spesso chi ne soffre prova un senso di dissociazione, per cui i drammi interni sembrano procedere indipendentemente dal resto. Il ricordo che ho di quegli anni è così, diviso in due. Da una parte gli amori folli, le risate, le cazzate. Dall’altro l’incubo di non sentirsi, non riconoscersi allo specchio. Mentivo a me stessa e mentivo agli altri, non riconoscevo il problema nemmeno nelle sue fasi più acute, per questo raccontarlo in una forma narrativa dove tutto sembra coerente sarebbe stato complicatissimo. L’ultima ragione di questa scelta è stata quella di usare il corpo come un quarto protagonista. Le parole in libertà sono parole che usa il corpo per esprimersi come può. Per questo sembrano, soprattutto all’inizio, così confuse e incerte. Mano a mano che si procede nella lettura impariamo insieme a ZUZU a capire il senso che hanno le sue sinestesie, le sue cancellature.

ZUZU, Dario e Riccardo: sono praticamente tre protagonisti alla pari nel libro. Si completano, si aiutano, si capiscono. Cheese sembra liberatorio per tutti loro. Oggi quali strade percorrono, dove stanno andando?
Anche se ispirati a persone reali, ci tengo a tutelare la bidimensionalità dei tre protagonisti, che potrebbero aver fatto scelte simili o lontane da quelli in carne e ossa. Quello che do per certo è che quando provi la sensazione di lanciarti nel vuoto, quando compi un gesto audace e folle come quello di scegliere di vivere come preferisci, restando fedele a te stesso e senza la paura del giudizio tuo e degli altri, non puoi più smettere. Quindi non so dove stanno andando, ma so che non smetteranno di andarci con il coraggio di chi vuole una vita felice.

Questa è una mia curiosità: la liberatoria gara di formaggi rotolanti che chiude Cheese si è davvero svolta?
Non si è mai svolta fisicamente, ma è la cosa più simile che esiste a quello che si prova ad entrare nella vita adulta. Quindi in un certo senso sì, si è svolta dentro di me e continua a svolgersi ogni volta che mi dico ‘’fanculo, questa sono io. Mi farò male, avrò paura, ma nessuna cosa bella arriva guardandola come spettatori, bisogna rincorrerla a 120 Km orari’

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Vogue Italia – Foto di Maria Clara Macrì

A livello social sei sempre molto attiva, soprattutto su Instagram dove ti racconti e coinvolgi davvero bene e con grande entusiasmo le persone che ti seguono. Ultimamente sei sempre in viaggio per presentazioni ed eventi. Come ti rapporti al pubblico reale e quanto è più difficile da gestire?
I miei lettori sono affettuosissimi, sia quando mi scrivono su Instagram che di persona. Ovviamente preferisco stringergli la mano, abbracciarli quando me lo chiedono e ridere con loro di me. Trovo molto più difficile da gestire i messaggi che mi arrivano, vorrei poter rispondere a tutti, mostrare di essere riconoscente, ma avrei molto meno tempo per disegnare. In più sono una sega a rispondere, ho una pessima memoria e manco di organizzazione

Molte delle tue storie di Instagram ti vedono danzare scatenata. Quanto è importante il ballo per te?
Il ballo è il mio vero momento di evasione, quando ballo posso far emergere lati del mio carattere che spesso nei fumetti passano in secondo piano. L’introspezione, la sensibilità e il dolore fanno parte di me, e trovano via libera quando sono sola davanti a una pagina bianca. Ma chi mi conosce sa che rido tantissimo, troppo. Saltello in continuazione, agito le gambe dall’eccitazione ogni volta che sono contenta, come farebbe un jack russel con la coda. Sono una molla coi peli, un pulcino ballerino, un uccellino che canta a tutte le ore. Ballare mi fa sentire una cosa sola, e mi fa esorcizzare tutte le paturnie. Mi diverte, e divertirmi è la cosa a cui tengo di più.

Ti senti più fumettista o illustratrice pura? In quale veste ti senti più libera di esprimerti?
Mi sento una fumettista più che un’illustratrice. Anzi, prima di tutto mi sento una racconta storie. Anche un’illustrazione senza testi è una storia, e il segno, i colori e tutto il resto sono solo espedienti per raccontarla.

Hai vinto il premio Boscarato – Cecchetto come miglior esordiente al TCBF e il Gran Guinigi a Lucca, tutte e due le volte a pari merito con Fumettibrutti. Prima di tutto vorrei chiederti che effetto ti ha fatto e poi cosa pensi che attragga così tanto del tuo stile e delle tue storie?
Non mi ha fatto nessun effetto, a essere sinceri. È un mio meccanismo di difesa, alle belle notizie, soprattutto lavorative, reagisco asintomaticamente. Tutti intorno a me mi chiedono “ma sei contenta?’’, ma io mi sento sempre un’impostora, perché faccio quello che mi piace e piace anche agli altri. In un mondo dove lavorare dev’essere un supplizio, un sacrificio che fai per goderti una settimana di vacanze, come posso far pace col fatto di divertirmi lavorando? Il motivo per cui le mie storie attraggono dovrei chiederlo agli altri, io mi limito a farlo perché ne sento l’esigenza. Ma forse il motivo sta proprio in questo, nell’urgenza che ho di farlo, senza troppi fronzoli.

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This is Not a Love Song – La Notte

Hai una tua rubrica settimanale su Robinson de La Repubblica. Trovi difficoltà a sviluppare il lavoro su base di tempo così ristretta, tipo “oddio, che dico questa settimana?”
All’inizio era molto più faticoso, sentivo la pressione di dover avere un’idea che funzionasse in tempi brevi. Ma ci si allena a tutto, e anche questa cadenza settimanale è stata un esercizio importantissimo. Sto imparando a familiarizzare con la paura del fallimento. Ogni tanto bisogna accontentarsi, altre volte rifare tutto da capo, ma quello che conta è fare, e divertirsi mentre lo si fa. Spesso le tavole che piacciono di più sono quelle che ho fatto all’ultimo, due ore prima della consegna. Credo che il motivo stia nel fatto che impiego molto più tempo a pensare a un fumetto che a realizzarlo, quando prendo carta e penna procedo veloce perché la mia testa ha avuto il tempo di elaborare il tema che mi è stato assegnato, anche senza che io me ne renda conto.

Un libro, due premi, la collaborazione con Robinson/La Repubblica, un servizio come modella su Vogue nel servizio FANTAGIRL, I am the woman I am (intervista Giustina Guerrieri – Fotografie Maria Vlara Macrì) e addirittura la nuova sigla de L’assedio di Daria Bignardi. Mi racconti quest’ultima avventura? Come è nata e come si è sviluppata?
Mi hanno contattato su Instagram, in redazione qualcuno aveva letto Cheese e l’ha fatto leggere a Daria Bignardi. Insieme agli Alkanoids, studio di animazione, abbiamo lavorato alla sigla. È stato bellissimo lavorare con un team di ragazzi e ragazze così entusiasti del loro lavoro, il risultato finale era esattamente come l’avevo pensato all’inizio, e questo perché si è creata un’ottima sinergia. Le fasi sono state 4: Ho proposto la mia idea, ho fatto lo storyboard, ho disegnato sfondi e fotogrammi necessari in base alle necessità dell’animazione, gli Alkanoids hanno montato e dato vita ai disegni.

Cosa ci possiamo aspettare nei prossimi mesi? Ci puoi anticipare qualche novità, qualche nuovo progetto?
Non saprei, spero di scrivere una nuova storia se ne trovo il coraggio. Resteremo tutti, me compresa, con una piccola dose di suspence.

Mi permetto di prendere spunto dall’ultima tavola di Cheese per chiudere l’intervista: oggi ZUZU ha definitivamente aperto gli occhi?
ZUZU ha aperto gli occhi, quindi vede molte più cose che fanno paura e che prima poteva ignorare. Ma ne vede anche tante che ogni giorno la rendono felice.

Grazie per avere risposto a tutte le nostre domande e curiosità, Giulia. Un grosso in bocca al lupo per tutto. Un saluto.

intervista realizzata il 07 aprile 2020 via mail

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ZUZU

Giulia Spagnulo è nata a Salerno, dove durante l’ultimo anno di liceo classico scopre il mondo del fumetto d’autore leggendo LMVDM di Gipi. Il nome d’arte ZUZU deriva dal nomignolo vezzeggiativo “Zuzù” datole dal padre da bambina.
Nel 2018 ha partecipato al progetto “Fumetti nei Musei” promosso dal MiBACT e da Coconino Press con la storia Super Amedeo per il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Ha preso parte a progetti, fanzine, riviste e autoproduzioni come Collana Isola, (n)INFOmaniac, Agenda Ritardo, Scomodo, Came4shots, Profondissima, Macondo, Comic Sons, Barking Dogs & Tiny Bones, This is Not a Love Song (disegnando la vhs illustrata de La notte di Michelangelo Antonioni e la cassettina di Vinavil di Giorgio Poi) e ha realizzato la copertina dell’album Childhood di Ed Mud.
A marzo 2019 ha esordito con Cheese per Coconino Press, diventando la più autrice esordiente della casa editrice, volume  più ristampato a una settimana dall’uscita,che le è valso positive recensioni e alcune apparizioni televisive, venendo segnalata tra i nuovi nomi del fumetto italiano .
Ad aprile 2019 è tra i cinque partecipanti della mostra MNPSZ al Napoli Comicon, insieme a Maicol & Mirco, Giacomo Nanni, Enrico Pantani e Roberta Scomparsa.

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Il 5 luglio 2019 sono annunciati i vincitori del 47º Premio di Satira politica di Forte dei Marmi e a Cheese di ZUZU va il premio per la categoria Romanzo a Fumetti. A settembre 2019 vince il Premio Cecchetto come Autore Rivelazione al Treviso Comic Book Festival ed il 1º ottobre è annunciata l’assegnazione del Premio Gran Guinigi del Lucca Comics & Games al Miglior Esordiente.
Nel numero 50 di luglio-agosto 2019 della rivista Artribune appare, associata ad un’intervista, la storia inedita solo Dio. Da agosto 2019 Robinson, inserto de la Repubblica, avvia una collaborazione con ZUZU, pubblicando una tavola inedita ogni settimana sul proprio sito nella rubrica Affari di ZUZU.
Ad ottobre 2019 realizza la sigla del nuovo programma di Daria BignardiL’assedio, in onda su Nove.
Il 30 gennaio 2020 il cantautore Giovanni Truppi rilascia l’EP 5 contenente canzoni inedite e tracce già pubblicate, in duetto con altri cantanti. Al disco è abbinato il libro Cinque, edito da Coconino Press, con cinque storie ispirate ai brani realizzate da altrettanti fumettisti; ZUZU disegna la storia de Il tuo numero di telefono.
A marzo 2020 è pubblicata la storia breve Red sul numero 8 della rivista antologica Now della statunitense Fantagraphics. Nello stesso mese ZUZU partecipa con numerosi altri fumettisti alla realizzazione del volume corale COme VIte Distanti, promosso dal festival Arf! per raccogliere fondi in sostegno dell’Istituto Spallanzani per la lotta alla COVID-19, e firma una delle tavole dello speciale di Robinson de la Repubblica del 28 marzo dedicato all’emergenza coronavirus.

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