Con il n.204 di settembre 2006 Zio Paperone conclude la sua corsa mensile per passare alla bimestralità, accomiatandosi dai lettori con un sommario ricco in cui a salvarsi è solo L’eredità fantastiliardaria di Zio Paperone di Jan Gulbransson: per il resto il sommario sembra ricalcare quello di un normale Mega Almanacco, con l’unica differenza che ci sono anche due ristampe (Tony Strobl e la coppia Kinney/Hubbard, che un po’ alzano la media delle storie) e soprattutto il nuovo stile grafico di Daan Jippes.
Fine di un’era
Per motivare la decisione, nelle due pagine conclusive la redazione racconta di come i motivi per cui Zio Paperone aveva iniziato come mensile sono ormai decaduti e non ha alcun senso proseguire in questa strada. Da molto tempo, però, sul forum del Papersera si dibatteva sui contenuti della rivista e su come, ognuno di noi forumisti, avrebbe confezionato Zio Paperone per farlo tornare, ogni mese e non ogni tanto, la migliore rivista di fumetti (non solo Disney) d’Italia. Senza nascondersi dietro un dito, la comunità del Papersera ha indicato sin da subito nelle scarse vendite il motivo principale della dolorosa decisione, e quindi come secondo motivo una certa confusione d’idee nella redazione.
In effetti finite le storie barksiane e recuperate tutte le storie inedite (in Italia) di Don Rosa e Daan Jippes, la strada intrapresa dalla redazione, condivisibile o meno, fu quella di presentare a singhiozzo ristampe di grandi maestri, italiani e stranieri, i migliori inediti di produzione Egmont (anche se in questo calderone finivano, inevitabilmente, anche avventure mediocri, per gli standard della rivista) e uno spazio fisso dove recuperare le avventure dei personaggi minori del cosmo ideato da Walt Disney, il tutto senza farsi mancare quel numero o due all’anno in cui presentare l’atteso inedito di Don Rosa.
Una situazione del genere era, inevitabilmente, insostenibile: lettori che avevano già abbandonato la rivista, o in procinto di farlo, si sono alternati in questi mesi sul forum del Papersera insieme a quei lettori che, nonostante tutto, per quel di più che gli articoli di Luca Boschi e Alberto Becattini danno sempre alla rivista, continuano ancora oggi a comprare Zio Paperone, chiedendo, in sintesi, un’unica cosa: cambiare direzione alla rivista ed avere maggiore rispetto nei confronti degli appassionati di lunga data, quelli, cioé, che hanno tenuto in piedi il reparto collezionisti e che oggi hanno ripreso ad acquistare i Grandi Classici Disney grazie alle migliorie nel sommario.
Proprio il miglioramento dei Grandi Classici avrebbe dovuto suggerire alla redazione di Zio Paperone la strada da intraprendere: ristampare, in maniera cronologica ed univoca, le storie dei grandi Maestri, come ad esempio quelle di Federico Pedrocchi, ma anche quelle papere di Romano Scarpa (anche a costo di non realizzare più alcun Maestri Disney dedicato al cartoonist veneziano): in pratica riproporre la magica alchimia che aveva fatto dei primi 69 numeri, dedicati a Carl Barks, dei grandi numeri, anche di fronte alle storie peggiori (se mai ce ne sono) del Maestro dell’Oregon. Non è sicuramente semplice una scelta editoriale del genere, ma personalmente mi sembra l’unica possibile per continuare a dare un senso ad una rivista come Zio Paperone.
Disney in latino
Il sommario dello Zio Paperone #205 di ottobre 2006 può essere visto come tentativo di lanciare al meglio la bimestralità: con l’idea di ripetere il fortunato esperimento proposto sull’81 del giugno di dieci anni prima (in quell’occasione venne ristampata, in doppia versione latina e italiana, Paperino e la notte del saraceno di Marco Rota, la più bella e barksiana storia di paperi non di Barks), la bimestralità viene inaugurata con Scrúgulus in re vere mirábili, versione in latino di Zio Paperone in Un caso davvero imprevedibile di Rudy Salvagnini e Giorgio Cavazzano.
Pubblicata per la prima volta nel 1983 sul primo numero di Topolino più, venne scelta insieme ad altre 5 storie di produzione italiana per la pubblicazione su Disney lingua latina, una serie di 6 cartonati realizzati nel 1985 dalla Mondadori in collaborazione con lo European Language Institute.
La storia di Salvagnini, disegnata da un Cavazzano giunto nel pieno della maturità artistica, si fonda sul tema del doppio, questa volta apparentemente generato dall’ennesima invenzione di Archimede. Solo dopo un susseguirsi ininterrotto di gag dietro i “cloni” di zio Paperone, si scopre alla fine che il magnate aveva sognato l’intera incredibile vicenda. Un’ottima avventura dal ritmo serrato per inaugurare sotto i migliori auspici la bimestralità della rivista.