X-O Manowar: essere un re, diventare un uomo

X-O Manowar: essere un re, diventare un uomo

X-O Manowar e la Valiant Comics rinascono grazie a Robert Venditti sotto il segno dell'azione, dell'introspezione e della realpolitik: un mix capace di intrattenere e di intrigare il lettore, (ri)creando un personaggio iconico e potente per una nuova generazione di fumetto mainstream.

Quando nel 2012 venne annunciato il rilancio dell’universo narrativo Valiant Comics c’erano pochi dubbi su chi sarebbe stato il primo personaggio a essere riportato su carta. X-O Manowar è stato sicuramente il più famoso degli eroi della Valiant, sebbene non il primo a essere creato dalla casa editrice (nel 1992 vennero lanciati, prima di lui, Rai e Shadowman).

La serie originale, ideata dal veterano Steve Engleharte disegnata dal leggendario Barry Windsor-Smith, durò per 68 numeri, raggiungendo dati di vendita impressionanti e facendo guadagnare al personaggio addirittura un videogioco, Iron Man and X-O Manowar in Heavy Metal, prodotto dalla Acclaim Entertainment (che nel 1994 acquistò, con esiti modesti, il parco personaggi Valiant) e Marvel.

Il personaggio ha origini bizzarre, non si può negare: nato come Aric di Dacia, soldato visigoto in lotta contro l’impero romano, viene rapito da una forza aliena e costretto in schiavitù, prima di liberarsi ed entrare in contatto con la sacra armatura di Shannara e diventare il potente X-O Manowar. Al ritorno sulla Terra, però, non trova più il mondo che ha lasciato: pochi decenni di schiavitù sono trascorsi come millenni nel suo pianeta natio. Il suo arrivo sconvolge un mondo non ancora pronto per una forza come la sua. Queste, in breve, sono le premesse che legano le tre incarnazioni del personaggio.

Ma se nelle serie degli anni ’90 X-O Manowar è soprattutto un guerriero (a capo di una multinazionale) e un eroe con più ombre che luci, nella nuova incarnazione scritta da Robert Venditti (autore di The Surrogates e delle Lanterne Verdi post-gestione Johns) Aric di Dacia è un personaggio ben più complesso, spaesato, adirato ma non senza cuore, che deve costruire la propria strada per essere un buon re e un buon uomo.

Essere un re

Il lavoro di Robert Venditti su X-O Manowar è stratificato e affronta molteplici tematiche, ponendo le basi anche per lo sviluppo di un universo Valiant interconnesso e che mostra quanto la presenza di esseri “speciali” nel nostro mondo possa portare a squilibri, guerre e scontri: una rielaborazione di quel percorso iniziato con la “decostruzione dei supereroi”, che qui trova una sfumatura politica più ampia, globale e articolata. 

Il percorso di formazione di Aric di Dacia è una crescita in un certo senso politica e “istituzionale”: dopo essere stato rapito dagli alieni della Vigna, guida il suo popolo verso la libertà e una volta tornato sulla terra dopo indicibili sofferenze, il Visigoto vuole solo ritrovare la propria patria, il proprio posto nel mondo, e pensa di sfruttare il proprio potere per reclamare ciò che è suo. Lo scontro con altri paesi e altri eroi (Ninjak, Unity) lo portano a confrontarsi con un mondo cambiato, con un nuovo status quo da cui non può prescindere. Pian piano, grazie all’amore per il suo popolo e alla comprensione delle sue responsabilità, X-O Manowar comincia a stringere alleanze e a diventare non solo un eroe riconosciuto dal mondo, ma anche un sovrano saggio e clemente, lontano dall’impetuoso combattente degli inizi, fino ad arrivare a perdonare e accogliere il decimato popolo della Vigna.

Pur inserito in una narrativa di fantascienza d’azione che ha ancora una volta gli Stati Uniti nel suo centro focale, e pur seguendo un canovaccio classico delle storie di formazione dell’eroe, Robert Venditti ha l’indubbia capacità di plasmare le vicende in maniera lenta e ponderata, riflessiva e approfondita, il che diventa anche una riflessione sul potere e sulle sue armi, sul merito di averne così tanto e sulle responsabilità di chi porta la corona, con tutte le sfide, i dubbi etici e i pericoli a cui espone (non solo se stessi, ma anche tutti gli altri).

Interessante è anche la scelta di calare queste questioni in un contesto internazionale credibile e interconnesso, aspetto che contraddistingue vari titoli del rilancio Valiant, che ha cercato in molte sue serie di ampliare lo sguardo al di là degli Stati Uniti, nonostante il forte radicamento delle vicende su suolo americano. Aric si trova a dover mediare con i governi mondiali e con un’agenzia dell’esercito statunitense, diventandone prima un’arma in cambio della protezione del proprio popolo, e trasformandosi pian piano un alleato di pari grado, non solo per le sue doti da eroe e superuomo, ma soprattutto di leader saggio, capace, risoluto e misericordioso: un sovrano compiuto.

In questo caso, Venditti sfrutta in maniera sapiente le interazioni Aric con il colonnello Capshaw, per far crescere il personaggio: nonostante sia una figura inizialmente stereotipata, la tipica donna risoluta e determinata capace di tener testa a un sovrano visigoto, il rapporto con il personaggio crea un’alchimia interessante, che permette a entrambi i personaggi di crescere e di mostrare gli aspetti più critici che si affrontano quando si è costretti a governare e a fare delle scelte.

Diventare un uomo

L’evoluzione del sovrano viaggia di pari passo con quella dell’uomo, nel solco della tipica epopea dell’eroe (e dell’uomo) disperso e ritrovato: oltre a essere re dei Visigoti, Aric di Dacia è un uomo fuori dal tempo, che lotta per vivere in un mondo che non è più il suo e che non riconosce, oltre a trovarsi in un ruolo a cui non era abituato. E in questa moderna Odissea dello spazio-tempo, sono le interazioni con gli altri personaggi a far crescere il protagonista, a porlo di fronte a domande che lo portano a riconsiderare se stesso: da Ninjak al compagno d’armi Volo, dal prete della Vigna a Gilad (il Guerriero eterno che aveva conosciuto in gioventù e con cui aveva combattuto i romani), ognuno di loro offre ad Aric nuovi punti di vista e nuove possibilità per crescere, trasformandolo da un ragazzo impetuoso e più propenso a combattere che a parlare in un uomo riflessivo che sa prendersi le sue responsabilità.

Ma i vari personaggi incontrati durante questa avventura non sono solo figure usate per esaltare l’eroe: ognuno di loro ha una caratterizzazione compiuta e ben riconoscibile, una voce che si differenzia da tutte le altre. Anche i nemici, come il capitano Trill e i cacciatori di Armature, vengono esplorati con flashback e piccole digressioni, diventando così elementi tridimensionali e drammatici che esaltano i contenuti emotivi e “filosofici” della storia.

Un personaggio fondamentale per Aric di Dacia è, anche sul piano personale, una donna: Saana, liberata da X-O Manowar dalla schiavitù della Vigna e ben presto diventata compagna del condottiero. Sebbene possa apparie come lo stereotipo della compagna dell’eroe, sempre ai margini dell’azione e delle decisioni importanti, durante il corso della storia la giovane donna si dimostra fondamentale per il sovrano Visigoto: grazie alla sua tenacia, risolutezza e coraggio, Saana si dimostra un aiuto fondamentale, attraverso discussioni e confronti che aprono gli occhi ad Aric, facendogli esprimere a voce alta dubbi e paure per ritrovare la forza smarrita.

Ora e per sempre, un guerriero

Robert Venditti riesce così a gestire la crescita del personaggio sotto più punti di vista, senza dimenticare la costruzione dell’avventura tipicamente eroica, che affonda le sue radici nel meglio della produzione (supereroistica, per di più) statunitense: l’autore sviluppa ogni saga in maniera avvincente e coinvolgente, gestendo al meglio i ritmi narrativi degli episodi per creare una saga epica in crescendo, ricca di pathos e di scontri all’ultimo sangue, che ripercorrono i classici canovacci del genere e ogni sequenza tipica, dalla carica a testa bassa dell’eroe alle situazioni disperate da cui sembra impossibile uscire.

Nonostante questa forte aderenza a modelli già ampiamente sviscerati, l’autore riesce a prendendosi il tempo non solo per costruire i personaggi, come detto sopra, ma anche per esplorare universo e ambientazioni delle storie: in particolare è interessante e approfondito il lavoro sugli alieni della Vigna, dato che Venditti si concentra sulla loro cultura e religione, e su Shannara, l’armatura di cui viene per la prima volta narrata la tragica origine nel numero 0 della serie.
Lo scrittore crea così un grande e glorioso arazzo, fatto di grandi battaglie e di sentimenti profondi, di demoni, eroi e persone comuni, uniti in una saga potente e iconica.

Tutti gli artisti alla corte del re

Ciò che colpisce di più di una serie lunga come X-Manowar (50 numeri più due speciali e due annual) è la sua costanza qualitativa in termini di disegni e colorazioni. Ogni artista coinvolto è stato capace di interpretare al meglio gli elementi descritti poco sopra, ovvero ritmo vivace e introspezione emotiva, grazie all’uso di layout spaziosi, splash pages, inquadrature larghe e prospettive studiate in modo da esaltare l’azione e i combattimenti della serie.
Ovviamente, costanza qualitativa non significa qualità in assoluto, dovendo fare dei distinguo tra i vari artisti che si sono succeduti sulle pagine della serie.

Cary Nord, che ha disegnato i primi volumi della serie, alternandosi con Lee Garbett, è sicuramente quello che si è evoluto di più durante la run: in coppia con Stefano Gaudiano il suo tratto è più ruvido e sporco, ricco di ombre e chiaroscuri, le pose e i layout risultano più classici e standardizzati per porre maggior attenzione alla storia e alla narrazione, con tavole geometriche e poche scelte nelle inquadrature.

Nei volumi successivi(il terzo e il quarto) lo stile cambia, diventando più massiccio con Victor Cifuentes e più sintetico nel terzo volume, in cui si inchiostra da solo. Anche lo storytelling si arricchisce e le tavole diventano più vivaci e dinamiche. Il numero 19 spicca rispetto agli altri numeri, dato che viene lasciato più spazio ai bianchi della pagina, il tratto si fa più elegante e sintetico, i colori più caldi e tenui, quasi acquerellati.

Ancora più imponente e volumetrico è Lee Garbett, che in coppia con Gaudiano sfoggia un tratto più ruvido del solito, ma sempre fatto di linee voluttuose e fluenti, che vengono esaltate dai chiaroscuri dell’inchiostratore.

Diego Bernard, autore dei numeri dedicati all’evento Armor Hunter, sfoggia uno stile e uno storytelling classici, in piena sintonia con il carattere più “supereroistico” della storia, grazie a un tratto potente, a volumetrie levigate e ad anatomie curate, sebbene abbia qualche tentennamento nei momenti più introspettivi, con qualche limite nella rappresentazione delle espressioni. Rafa Sandoval, pur non essendo un virtuoso dimostra sempre grande equilibrio tra dinamicità e espressività, sfruttando uno stile morbido fatto di linee chiare, corpi snelli e grande attenzione ai corpi dei personaggi.
Il meno convincente è Robert Gill, che dimostra spesso scarsa attenzione per i dettagli, soprattutto espressivi, e chesfoggia un tratto troppo legnoso per le scene più dinamiche.

Menzione a parte per Roberto De La Torre e Trevor Hairsine, che pur disegnando pochi numeri spiccano tra tutti gli altri disegnatori per qualità e inventiva: il primo illustra alcuni racconti mitologici della Vigna dedicate alle divinità note come “Il Tormento” usando un layout elegante e affascinante, costruendo la tavola con gli elementi tipici della cultura della razza aliena e creando così il senso della narrazione religiosa. Il secondo realizza un paio di numeri della storia “Planet Death” con un’energia elettrica che sembra crepitare dalle linee nervose e tratteggiate, capaci di rendere al meglio sia nei primi piani che nelle scene d’azione, modellando figure snelle e atletiche esaltate da colori sgargianti e scoppiettanti.

In conclusione, pur con i limiti dettati dalla narrazione di tipo “supereroistico” e mainstream, X-O Manowar è una serie equilibrata e di grande respiro, capace di ritagliarsi spazi introspettivi e riflessivi che a prima vista potrebbero apparire impensabili per una storia del genere. La prova che il fumetto d’azione può offrire molto a un pubblico vasto e diversificato. E che c’è sempre spazio per gli eroi, nuovi o ritrovati che siano.

Soldato, generale, imperatore, visigoto

Dopo la fine della prima serie firmata da Robert Venditti, la Valiant ha rilanciato in grande stile il personaggio affidandolo a Matt Kindt, che negli ultimi due anni è diventato vero e proprio demiurgo del Valiant Universe, scrivendo serie come Ninjak, Rai e Divinity. Ad oggi la nuova testata (di prossima pubblicazione da Star Comics) è arrivata al numero 14, suddivisa in 4 capitoli (Soldato, Generale, Imperatore e l’attuale Visigoto) disegnati da altrettanti artisti.
Kindt ha deciso di strappare Aric di Dacia dal suo pianeta, riportandolo nello spazio, su un pianeta alieno governato da una feroce dittatura e sull’orlo di una guerra civile. Senza darci nessuna informazione sui motivi di questo cambiamento, lo scrittore ci presenta un guerriero ferito e disilluso, che sembra aver trovato un nuovo equilibrio abbandonando la sua armatura e ogni ricordo del passato.

Nel corso dei numeri, però, Kindt scava pian piano nel personaggio, svelando i suoi lati più altruistici ma al tempo stesso più oscuri: il suo coinvolgimento nelle battaglie e nella politica del nuovo mondo alieno sono spinti da una insaziabile necessità di combattere, di avere una guerra da portare avanti, una missione da compiere e un nemico da sconfiggere. Un X-O Manowar valoroso ma dipendente, che sembra incapace di trovare una propria dimensione al di fuori del campo di battaglia, un eterno veterano prigioniero dei propri demoni. Kindt esplora una direzione al contempo simile e diversa rispetto a quella di Venditti, una evoluzione meno netta del personaggio, che si trova in una situazione che non comprende a pieno e che lo porta a commettere errori gravi che minano la sua forza e le sue certezze, restituendocelo meno eroico e più umano.

Ad alternarsi nelle prime tre run, alcuni dei migliori artisti del parco Valiant. Il talento iperdettagliato di Tomas Giorello anima i primi sei numeri della serie: l’artista si esalta nella creazione di mondi alieni esotici e letali e dona al personaggio una possenza e una presenza scenica impressionanti, grazie a splash pages e tavole dalla struttura libera che esaltano le doti spiccatamente “illustrative” dell’autore. Doug Braithwaite porta qualità costante, dinamismo e grandi doti narrative nella seconda, movimentata run, grazie a scene di azione e battaglie adrenaliniche raccontate con chiarezza e sicurezza.

Clayton Crain sfoggia una delle migliori prove della sua carriera nel capitolo “Emperor”. La costruzione più canonica e geometrica della tavola permette all’artista non solo di rappresentare con intensità le parti più lente e riflessive del racconto, ma soprattutto di narrare con chiarezza e precisione chirurgica le parti più movimentate e dense della storia: lo stile più sintetico ed evocativo gli permette di superare un suo tradizionale limite narrativo che ha spesso reso le sue scene d’azione troppo convulse e poco intellegibili (come accaduto in vari capitoli di Rai).

La nuova serie è cominciata da un anno, ma sembra che ci siano ancora molte interessanti novità nel futuro del guerriero visigoto. E quindi non resta che dire: “Lunga vita a Aric di Dacia, lunga vita a X-O Manowar!”.

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