Greg Rucka è un autore americano: ha scritto romanzi, sceneggiature per i fumetti e per la televisione. In ambito supereroico ha legato il proprio nome principalmente alla DC Comics, dedicandosi a molti eroi e dimostrando di trovarsi a proprio agio quando deve raccontare avventure e disavventure di personaggi femminili. Tra le altre, oltre a Renée Montoya, a Batwoman e a Lois Lane, si è occupato a più riprese di Wonder Woman. Il primo incontro, subito decisivo, risale al 2002, anno di pubblicazione della storia autoconclusiva Hiketeia: il risultato è più che positivo e dà il via a una gestione triennale, dal 2003 al 2006. In seguito, nel 2016 Rucka viene chiamato dall’editore di Batman a prendere le redini della testata di Diana nella fase Rebirth. Dopo venticinque episodi e un Annual lo sceneggiatore si congeda.
Se il rilancio più recente ha goduto da subito di una “copertura” adeguata anche qui in Italia, altrettanto non si può dire per la run più lunga. Ma il 2020, Covid-19 permettendo, è l’anno di Wonder Woman, che dovrebbe tornare al cinema con il secondo film diretto da Patty Jenkins e interpretato da Gal Gadot, perciò Panini Comics ha deciso di pubblicare anche lo storico ciclo dell’autore di San Francisco.
Il cartonato Wonder Woman di Greg Rucka volume 1 raccoglie Hiketeia e gli episodi #195-205 della serie regolare. La lettura, piacevole e avvincente, offre alcuni spunti interessanti legati alla cultura classica, in particolare al mito e alla letteratura greci. Questo articolo si propone di esaminare i vari riferimenti alle opere antiche inseriti nei racconti, tenendo conto delle fonti originali e delle etimologie dei termini.
Si prendono in considerazione i casi in cui i personaggi, attraverso le loro azioni o le loro parole, riprendano esplicitamente i testi letterari, quindi si tralasciano accenni semplici e infecondi, quali per esempio l’esclamazione: “Per il veleno della Gorgone”.
Si procede per archi narrativi o per singoli capitoli, qualora questi non facciano parte di un breve gruppo di narrazioni.
HIKETEIA
Danielle Wellys, una ragazza che si è più volte macchiata di omicidio, fugge da Batman e chiede protezione a Wonder Woman. Lo fa appellandosi alla sacralità dell’hiketeia, la supplica. Il termine è greco antico, viene dal verbo “hiketeuō“, “giungere supplice, supplicare”, che a sua volta discende dal sostantivo hiketes, “supplice, chi chiede aiuto o protezione” (i significati si ricavano dal Vocabolario della lingua greca di Franco Montanari).
Il fumetto sceneggiato da Rucka per i disegni di J. G. Jones è pregno di cultura greca. L’autore, come aveva fatto in precedenza George Pérez quando scriveva e disegnava le vicende di Diana, attinge alla classicità e la fonde con la modernità: la conoscenza della materia gli consente di districarsi tra le opere antiche e di guardare a esse con precisione; l’abilità nella tessitura delle trame gli permette di rendere densi e interessanti gli albi, senza appesantirli.
Proprio quest’avventura d’esordio ne è una prova. Come accennato, lo sceneggiatore si sofferma sul rituale della supplica, descrivendolo con parole accurate e lasciando che l’arte di Jones metta in scena la gestualità codificata. Quando il supplice chiede aiuto o protezione, deve inginocchiarsi di fronte alla persona supplicata, abbracciarne le ginocchia, portando il mento a contatto diretto con le gambe, rialzarsi e toccarne le labbra e in seguito rivolgersi nuovamente alle ginocchia.
Sono quattro i casi mostrati: oltre alla supplica della giovane nei confronti della supereoina, c’è quello relativo a un flashback, in cui un greco inviso alla folla chiede protezione, la richiesta di Bruce Wayne e, infine, la pagina di un libro in cui è riportata la foto di un vaso, una classica ceramica, con raffigurato l’atto dell’hiketeia. A margine, visto che si parla di arte antica, è giusto accennare al fatto che la protagonista nella sua dimora conserva una statua (originale o copia?) dell’Athena Parthenos di Fidia.
Wonder Woman accoglie Wellys e rispetta la ritualità, proprio come facevano i personaggi supplicati nei poemi omerici: nutre, offre un bagno all’ospite e la veste, la ascolta quando parla spontaneamente, così come il re dei Feaci Alcinoo si comportò con Odisseo o come fece Achille con Priamo, re di Troia. Le domande si fanno dopo o non si fanno; prima bisogna pensare al benessere dell’hiketes, che a sua volta ha doveri e obblighi nei confronti del protettore.
Per una supplica accolta, ce n’è una rifiutata. Supplicata è di nuovo Diana di Themyscira, supplice è Batman. L’Uomo Pipistrello cerca di “incastrare” la compagna nella JLA al fine di poter esercitare la giustizia ai danni di Danielle, ma la sua preghiera resta inascoltata, proprio come quella che Licaone rivolse ad Achille nell’Iliade. È un riferimento dotto, non da tutti, quello inserito da Rucka nei dialoghi del fumetto. Licaone, figlio di Priamo e di Laotoe, fu particolarmente sfortunato, dal momento che, come si narra nel Libro XXI del poema sull’ira del Pelide, s’imbatté in due riprese nel figlio di Teti. La prima volta fu catturato e venduto come schiavo, la seconda gli fu fatale. Sperando di avere salva la vita, il troiano implorò il nemico, abbracciandogli le ginocchia (il verso è formulare: codificato, ritorna nell’opera), ma ottenne in cambio solo insulti e, ineluttabilmente, la morte (Omero, Iliade, introduzione e traduzione di Giovanni Cerri, commento di Antonietta Gostoli, Bur Rizzoli, Milano, 2003).
Dunque, l’hiketeia si può rifiutare. Un rifiuto può comportare un discredito sociale per colui che non accorda la protezione al supplice, ma non ha ripercussioni peggiori. Le conseguenze negative entrano in gioco se il rituale viene eseguito completamente, ma le sue regole non sono rispettate. Se la protezione viene concessa e poi negata, se viene a mancare il rispetto per l’ospite che si è umiliato e ha consacrato la propria esistenza al benefattore, la punizione è tremenda. Le Erinni aspettano al varco il supplicato inadempiente per ucciderlo.
Conosciute anche come Furie, queste divinità sono antichissime, fanno parte dell’infornata di dei precedente a quella di Zeus e degli olimpici e, secondo Esiodo, sono figlie di Gea e di Urano. Sono tre, tutte vergini e dedite alla vendetta, e appaiono ovunque una madre sia stata offesa o uccisa; secondariamente difendono i diritti del padre e del fratello maggiore con le stesse modalità, ossia inseguendo il reo fino alla fine. A latere, le Erinni tormentano anche chi fa del male all’ospite, offende il forestiero supplice, i ladri di cose sacre e gli spergiuri (Kàroly Kerényi, Gli dei e gli eroi della Grecia, Il Saggiatore, Milano, 2009).
Proprio a una casistica di questo tipo fa riferimento Rucka, quando indica a Jones di disegnarle alla porta di Diana, pronte a coglierla in fallo. Wonder Woman, che tiene fede al proprio giuramento e non subisce l’ira delle tre sorelle, specifica che esse “arrivano anche quando l’obbligo della vendetta non è stato compiuto” e fa esplicito accenno alla vicenda di Oreste. Da qui espande il discorso alla tragedia greca, affermando che si tratta sempre di “una storia senza soluzione”. Prosegue: “Le tragedie iniziano sempre molto prima che la prima scena sia messa in atto… Spesso nascono da azioni fatte in buona fede, nelle intenzioni o nelle emozioni… Nella maggior parte dei casi fatte per i motivi migliori. Ma tutte le tragedie finiscono allo stesso modo”. Tale dichiarazione generale combacia perfettamente con il caso specifico citato sempre dall’Amazzone: “La tragedia di Oreste è che, se avesse risparmiato Clitennestra, le Furie sarebbero arrivate comunque… Perché sua madre aveva ucciso suo padre”.In questo caso l’autore, che dimostra ancora una volta una buona conoscenza della cultura greca e una grande padronanza del medium-fumetto, visto che non carica eccessivamente di informazioni balloon e didascalie, sta basando la propria sceneggiatura sulla trilogia conosciuta come Orestea. Tre opere di Eschilo vengono tramandate sotto questo nome: Agamennone, Coefore ed Eumenidi. Tolto il primo titolo, gli altri due derivano da altrettanti appellativi delle Erinni. Esse sono rispettivamente le liberatrici e le dee benevole: dopo che hanno perseguitato il matricida fino alla follia, prima affinché punisse la madre per l’omicidio del marito e poi proprio per il crimine contro colei che l’aveva generato, vengono placate da Atena, che segna la fine della giustizia colpo su colpo e benedice la nascita della cultura del diritto (Kàroly Kerényi, ib.; Eschilo, Sofocle, Euripide, Tragedie, introduzione di Guido Capuano, traduzioni di Luigi Battezzato, Franco Ferrari, Enrico Medda, Maria Pia Pattoni, Bur Rizzoli, Milano, 2009).
L’arrivo della dea figlia di Zeus è identificabile come un deus ex machina, una conclusione che “piove dal cielo”, quando la vicenda non può più essere risolta sul piano esclusivamente umano. Se fosse per gli uomini, la spirale di violenza non troverebbe soluzione di continuità e si continuerebbe a portare la morte potenzialmente all’infinito. Non è la prima volta né l’ultima che una tragedia classica necessita dell’intervento divino perché altrimenti, come dice Diana, resta “una storia senza soluzione”. Ai tragediografi, in particolare a Eschilo e a Sofocle, premeva evidenziare la precarietà della giustizia retributiva, destinata a creare continui squilibri, come già raccontato nell’Odissea (Federico Beghin, La figura della Giustizia nelle tragedie di Sofocle, tesi triennale, Padova, 2014). Infatti, nel libro XXIV, se non fosse intervenuta perentoriamente Atena, con l’ausilio di Zeus che scaglia il suo fulmine, la guerra tra la famiglia del protagonista e quelle dei Pretendenti sarebbe proseguita a oltranza in nome del diritto alla vendetta (Omero, Odissea, ib.).
LA MISSIONE (#195)
Terminata Hiketeia, che fa storia a sé, inizia il vero e proprio ciclo di Rucka. Il primo capitolo, disegnato da Drew Johnson, consiste prevalentemente nella presentazione del cast di supporto: Diana è ambasciatrice di Themyscira presso il “mondo degli uomini” ed è circondata da numerosi collaboratori. Tra questi comprimari spicca Jonah, ventinovenne neoassunto in perenne adorazione dell’Amazzone. Per l’autore, l’introduzione al posto di lavoro del nuovo impiegato è occasione per ribadire le qualità eccezionali, sia umane che fisiche, della protagonista e per far sfilare i tanti personaggi coinvolti. Tra questi c’è Ferdinand, un Minotauro o meglio un Ceritauro, come preferisce definirsi.
L’accenno è breve ma curioso, perché il bizzarro cuoco dell’ambasciata compie una distinzione perentoria. Alla domanda “sei un Minotauro?” risponde: “Non ‘un’, ragazzo, ‘il’”. Come a dire: c’è stato un solo Minotauro, non si tratta di una specie o di una razza ma di un esemplare unico. Almeno fino a quando non è nato lui, Ferdinand, che aggiunge: “Siamo imparentati, ma quello a cui pensi è del palazzo di Minosse. Io sono cresciuto fuori Cerigo, quindi immagino di essere un Ceritauro”.
La precisazione ha un’esigenza etimologica: in greco antico Minōtauros, meglio Minō tauros, significa “toro di Minosse”. Il re e legislatore di Creta ebbe a che fare con un solo individuo con la testa taurina, quello nato da sua moglie Pasifae in seguito all’accoppiamento con un toro. L’uomo-animale fu rinchiuso nel labirinto costruito da Dedalo e legò la propria sorte alle vicende di Teseo e Arianna, pagando con la vita la propria mostruosità (Kàroly Kerényi, ib.).
Cerigo, che Ferdinand chiama in causa, è un’isola del Mar Ionio conosciuta anche con il nome di Citera. Dal punto di vista mitologico è nota soprattutto per aver dato i natali ad Afrodite o, per essere più precisi, per averla ospitata appena dopo la nascita. Secondo Esiodo la dea, formatasi dalla schiuma che si era creata nel mare intorno al membro reciso di Urano, risalì la corrente e approdò a quei lidi prima di recarsi a Cipro. Per questo motivo ad Afrodite è attribuito l’epiteto di Citerea.
Rucka, quindi, non nomina un luogo qualsiasi ma un’isola fortemente connotata nella cultura classica. Forse cerca un modo per stringere un legame con gli appassionati e gli studiosi del mito, partendo da una base comune, per poi aggiungere un tassello ex novo, come l’esistenza di un secondo ibrido uomo-toro sul quale non si trovano riscontri nelle fonti antiche.
CON I PIEDI PER TERRA (#196-200)
Dopo un’invenzione, lo sceneggiatore torna a seguire fedelmente il modello omerico, ricordando il celebre episodio dell’amore consumato da Ares e Afrodite davanti agli occhi degli dei. Il fatto è raccontato con perizia anche da Ovidio, poeta di Sulmona che visse fortune alterne sotto il principato di Augusto, e viene sintetizzato efficacemente dai due amanti nel fumetto.Mentre la dea legge il libro pubblicato da Wonder Woman, le si avvicina il dio della guerra che si rifiuta di abbracciarla, memore dell’imbarazzo generato dallo stratagemma di Efesto. Nell’Odissea (Libro VIII) la vicenda amorosa è un metaracconto, un racconto nel racconto, narrato dall’aedo Demodoco. È un divertissement necessario ad allietare il pubblico alla corte dei Feaci. Diversamente, nell’Ars Amatoria di Ovidio (Libro II) assume la forma di un insegnamento: il poeta invita a sopportare il rivale in amore con patientia, per raggiungere una forma giocosa di sapientia.
È all’opera un paradosso. Il comportamento negativo è quello del marito, che sorprende gli amanti e per vendicarsi li mostra a tutti, purtroppo per lui inutilmente, perché quelli portano avanti al cospetto del pubblico divertito ciò che stavano facendo di nascosto. Vulcano / Efesto, insomma, è “cornuto e mazziato”. Si accennava al complesso rapporto tra Ovidio e Augusto, argomento che merita sia spesa qualche parola in più, proprio alla luce di quanto messo in scena dall’autore nell’Ars.
L’episodio di Marte / Ares e Venere / Afrodite torna anche nel Libro IV delle Metamorfosi con un intento narrativo e un registro diversi, quindi meno problematici, ma è proprio il modo in cui viene trattato nella poesia erotico-didascalica a rivelare un’adesione solo parziale al regime augusteo da parte dello scrittore. Nel 18 a.C. il Princeps emana la Lex Iulia de adulteriis che ritiene colpevole chiunque non denunci un adulterio. Nell’Ars, il Sole, che comunica a Vulcano il tradimento, viene accusato di dare un cattivo esempio e il verso è in antitesi con la svolta autarchica del Principato. Scrivere queste parole in quel periodo significa schierarsi apertamente contro la legge in un ambito molto sentito dall’autorità, ma non per questo si può ridurre Ovidio a poeta dissidente. Piuttosto, con il suo lavoro letterario egli esplicita il sentire comune della classe dirigente di cui frequenta i salotti (per i ragionamenti su Ovidio ci si rifà agli appunti presi durante il corso di Letteratura Latina 1 del Prof. Gianluigi Baldo, presso l’Università degli Studi di Padova).
Restando alle parole scambiate da Ares e Afrodite nel capitolo #196 di Wonder Woman, è giusto sottolineare come Rucka citi brevemente le origini mitiche della dea di cui si è parlato in precedenza. La moglie di Efesto biasima il marito, reo di non dedicarle le meritate attenzioni, e ascrive l’assenza d’interesse al fatto che lei sia nata dalla schiuma del mare e non dal ferro, materiale prediletto del dio del fuoco nonché fabbro. Con una battuta di spirito lo sceneggiatore californiano soddisfa le esigenze di due tipologie di lettore: quella che apprezza la vena umoristica del fumetto e quella a caccia di dettagli eterogenei.
Sempre a proposito di origini mitiche, sorprendono parzialmente quelle attribuite a Eros. Il ragazzo, raffigurato da Johnson con una voluminosa acconciatura rasta mentre suona la lira e fuma, si rivolge ad Ares chiamandolo “papà” ed è invitato a ordire uno scherzo ai danni di suo nonno Zeus, senza che sua madre lo venga a sapere. Proprio in quel momento compare Atena che afferma di aver ascoltato la conversazione tra i due. Se per alcuni autori antichi, tra cui Ovidio (Metamorfosi), la divinità alata dell’amore nasce dalla relazione tra Ares e Afrodite e per Platone da Penia e Poros, al contrario generalmente non si menziona la discendenza da Atena. A questo punto, però, è necessaria una precisazione: o lo sceneggiatore statunitense sta facendo leva sulla natura incestuosa dei rapporti tra gli olimpici (Atena, lo ricorda il dio stesso, è sorella di Ares), oppure la dea compare in un momento inopportuno rispetto al compimento del piano e non è la madre del giovane. Il suo “ho sentito”, che segue direttamente la battuta di Eros “sta’ certo che lo dico a mamma”, potrebbe semplicemente essere uno snodo narrativo e non una scenetta con perfetti tempi comici. Il dubbio resta, a maggior ragione se si ricorda che per la tradizione la garante della giustizia è Parthenos, vergine.
Rimaniamo sull’Olimpo, perché Zeus si mostra interessato al libro pubblicato da Wonder Woman: si chiede se l’Amazzone abbia menzionato i suoi patroni. La risposta è affermativa e dà un’indicazione interessante, perché si dice che Atena compare più volte nella pubblicazione con due epiteti: Glaucopide e Pallade. Il primo fa riferimento allo sguardo e ricorre nei versi formulari dei poemi omerici; l’etimologia è curiosa: glaukōpis deriva da glaux ( = civetta) e ōps ( = aspetto, occhio), quindi significa “dall’aspetto o dagli occhi di civetta”, altrimenti “dagli occhi lucenti” che nello specifico è proprio epiteto di Atena, alla quale è associata la civetta.
Il secondo è altrettanto ricorrente nell’Iliade e nell’Odissea, oltre che in Pindaro che lo usa anche in modo “assoluto” – cioè senza accostare il nome proprio della dea – e in altri poeti, e ha un significato più semplice e diretto, dato che il nome proprio Pallas deriva dal nome comune pallax, ossia “giovane”.
Esemplificando, è possibile citare i versi 430-433 del Libro II dell’Odissea: “Poi, dopo aver legato gli attrezzi sulla nera nave veloce, presero le coppe colme di vino e libarono agli dei che vivono eterni ma soprattutto alla figlia di Zeus, ad Atena dagli occhi lucenti”, in greco glaukōpidi. E ancora i versi 295-298 del Libro X dell’Iliade, quello in cui si narra la storia di Dolone: “Così, pregando, dicevano e li ascoltò Pallade Atena. / Poi, pregato che ebbero la figlia del grande Zeus, / balzarono [Odisseo e Diomede] come due leoni nella notte nera, / in mezzo alla strage, ai morti, alle armi, al sangue aggrumato”.
Tra gli dei che prendono la parola nell’arco narrativo Con i piedi per terra c’è anche Era, sorella e moglie di Zeus. I coniugi si contendono la devozione delle Amazzoni, fatto che non trova riscontro nella mitologia, anche se un sottile legame con Era esiste, dal momento che Apollodoro Mitografo riferisce che la dea prese le sembianze di un’Amazzone e consegnò a Eracle il famoso cinto di Ippolita tanto desiderato da Admeta, figlia di Euristeo. Cinto che la regina Ippolita aveva ricevuto in dono da Ares, suo padre (Kàroly Kerényi, ib.).
Altro oggetto di contesa tra gli sposi celesti è la fedeltà del padre degli dei. O meglio l’infedeltà, visto che è risaputo che il dio ebbe diverse amanti alle quali si manifestò sotto sembianti ferini o addirittura di fenomeno naturale. L’episodio menzionato da Rucka è celebre: la seduzione di Leda, alla quale il farfallone si accostò trasformato in cigno. Sempre Apollodoro Mitografo è fonte per l’unione tra l’animale e la mortale ma, proprio perché la vicenda è arcinota, è curioso riportare una versione diversa, offerta da un Inno omerico. “Leda” non è una parola greca, ma era in uso con la grafia lada presso i Lici, in Asia Minore, col significato di “donna”. Quindi, secondo questo componimento, Zeus assunse l’aspetto di un cigno per unirsi al primo essere femminile del mondo, chiamato semplicemente lada, “la donna” (Kàroly Kerényi, ib.).
Dopo numerosi accenni ai miti, lo sceneggiatore del fumetto passa alla storia greca, in particolare a quella del V secolo a.C., e accenna a due imprese belliche: la vittoria degli Ateniesi nella piana di Maratona nel 490 a.C. e la celebre resistenza degli Spartani al passo delle Termopili nel 480 a.C.. In entrambi i casi i nemici sono i Persiani e la fonte principale Le storie di Erodoto, storiografo di Alicarnasso, citato anche da Frank Miller in appendice al suo 300.
Si tratta di due fatti molto studiati e conosciuti, così come è risaputo che la guerra di Troia sia stata combattuta per decisione di Menelao, fratello di Agamennone e re di Sparta. Rucka spende due parole per ricordare che la spedizione achea fu organizzata per recuperare Elena, moglie di Menelao rapita dal troiano Paride, e vendicare l’offesa, come si narra nell’Iliade.
Altrettanto conosciuto è il mito di Prometeo, al quale fa riferimento Ares in Wonder Woman per ricordare come il Titano abbia ingannato Zeus. In questo caso più che al furto del fuoco l’autore potrebbe voler rispolverare un racconto spesso dimenticato, tramandato da Esiodo nella Teogonia, secondo il quale Prometeo divise in parti disuguali un toro e lo offrì al figlio di Crono. Proprio questo raggiro originò il rancore nei confronti degli esseri umani, creature legate al traditore, e la privazione del fuoco (Kàroly Kerényi, ib.).
Sempre di rancore si parla nel #200 della serie, un capitolo particolare perché diviso in due parti: la prima più classica e la seconda, disegnata con tratto dolce e cartoonesco da Linda Medley, che si concentra sulle peripezie di Perseo e, nello specifico, sul suo scontro con Medusa. Il fumettista rispetta con precisione le narrazioni antiche a partire dalla presentazione delle Gorgoni, quando scrive: “C’erano tre Gorgoni: Steno, Euriale e Medusa, sorelle e figlie del mare”. In questo caso ci si sofferma sulla discendenza dal mare, poiché è particolarmente interessante.
Per la mitologia, le sorelle sono figlie di Forco, un antico dio del mare, e di Ceto, un mostro marino, e questa discendenza si rintraccia nei loro nomi. Anzitutto Gorgō, il nome proprio al singolare, ha un legame con l’aggettivo gorgos, “veemente, impetuoso”, quindi ben si adatta a creature che si ricollegano alle acque. In seconda battuta, come spiega anche Kerényi (ib.), Medusa ha affinità con il verbo medō, che significa “dominare, regnare”, e veniva utilizzato nella forma maschile da chi invocava Forco o Poseidone, in quanto sovrani del mare. Similmente, l’appartenenza di Euriale ai flutti è sottolineata dall’etimologia: eurys vuol dire “vasto” e hals “mare”. Meno significativo da questo punto di vista è il nome della terza sorella, Steno, poiché si traduce con “forte”, tuttavia consente di comprendere una caratteristica che la accomuna a Euriale ma non a Medusa. Infatti, le prime due sono immortali, mentre la terza no. Non è dettaglio di poco conto e viene sfruttato da Rucka nel #201 di Wonder Woman, quando Circe parla di un ragazzino troiano che ha tagliato la testa di Steno senza conseguenze per la Gorgone. In quel caso la storia, che non trova riscontro nei racconti più noti, sarebbe andata diversamente rispetto a quanto accaduto alla sventurata Medusa.
Due passaggi sono dedicati dallo sceneggiatore rispettivamente alle Grigie Sorelle e all’egida di Atena. Con il primo sintagma si designano le Graie, ossia le dee vecchie, solitamente indicate come sorelle delle Gorgoni stesse. Di costoro parla Esiodo nella Teogonia, per esempio. Invece, dello scudo della dea (aigis = “pelle di capra, scudo di pelle di capra”) racconta Euripide nella sua opera drammatica intitolata Ione. Si tratta di una sorta di mito eziologico, ossia di una storia che indaga le cause o le origini di qualcosa. In merito Kerényi (ib.) scrive: “La testa della Gorgone simile a una maschera, la ‘gorgoneion’, fu anche in seguito portata da Atena, o come ornamento del suo scudo o sulla corazza, saldata alla sacra pelle di capra”.
INCRESPATURE (#201) E BOCCONI AMARI (#203-205)
Le ultime annotazioni di questa rassegna riguardano la maga Circe e sono distribuite nell’ultima parte del primo volume edito da Panini Comics. La figura è molto conosciuta, principalmente perché compare nell’Odissea come colei che trasforma in porci i compagni di Odisseo e in seguito mette in guardia l’eroe circa la pericolosità del canto delle Sirene. La figlia del dio Sole e di Persa nel fumetto viene chiamata a riportare in vita Medusa e, prima di farlo, menziona ovviamente Ulisse e la guerra di Troia. Di primo acchito può sorprendere, invece, il fatto che nomini Achille: potrebbe farlo solamente perché ne rimpiange le proverbiali forza e bellezza ormai trascorse come le epoche antiche, visto che dice con una smorfia: “Troia è caduta moltissimo tempo fa, tesoro. Odisseo non tornerà, Achille è cenere, è finita”. Oppure potrebbe elevare il figlio di Teti e Peleo a simbolo del conflitto, argomentazione plausibile e “naturale” se si tiene conto che l’Iliade non è altro che il poema dell’ira di Achille, come esposto nel proemio. C’è, però, un’altra possibile chiave di lettura che, qualora l’ipotesi si rivelasse azzeccata, metterebbe in luce ancora una volta la preparazione di Rucka. Bisogna fare il giro largo, ma l’accenno al Pelide potrebbe derivare dalla familiarità della maga con gli eroi, soprattutto con quelli dell’era antecedente ai fatti di Ilio, poiché, come narra Apollonio Rodio nelle Argonautiche, ebbe a che fare con gli Argonauti. Proprio Peleo, padre di Achille, partecipò alla spedizione per la ricerca del vello d’oro.
Lo sceneggiatore fa in modo che inizialmente Circe rifiuti di collaborare con Euriale e Steno per la rinascita di Medusa ed è curioso che un personaggio così legato a Odisseo lamenti l’impossibilità di tornare a casa. A farle cambiare idea, in un modo non del tutto limpido, è l’intervento di Poseidone. In questo caso l’autore si rifà alla mitologia dell’Universo DC e non a quella greca, poiché il dio fa leva sull’amore della strega per la figlia Lyta, avuta nei comics insieme ad Ares.
Ancora qualche riga, prima di concludere, merita il passaggio relativo a Ecate, la multiforme dea dei crocicchi descritta con ricchezza di particolari da Esiodo nella Teogonia. Si tratta anche di un’antenata della maga dell’Odissea, perciò la definizione “prediletta di Ecate” usata nel fumetto per parlare di Circe conferma ancora una volta la bravura di Rucka nel gestire il mito e nell’introdurlo nella storia senza appesantirla. In modo simile, in altre pagine, quasi a suggellare il grande lavoro svolto guardando alla classicità, strizza l’occhio all’appassionato di opere elleniche inserendo nei balloon testi in greco antico: due riti pronunciati dalla strega e una canzone cantata da Ferdinand.
Abbiamo parlato di:
Wonder Woman di Greg Rucka volume 1
Greg Rucka, J. G. Jones, Drew Johnson, Linda Medley, Shane Davis, Stephen Sadowski
Traduzione di Sveva Scaramuzzi
Panini Comics, 2020
384 pagine, cartonato, colori – 35,00 €
ISBN: 9788828730811
In riferimento al mito e ai testi classici si consiglia di leggere anche:
Dei, eroi e supereroi: identità, epica ed etica (parte 1 di 5)
Il dio vagabondo: odissea nel mito
Parlare dell’umano attraverso il mito: Fabrizio Dori