William Gibson: dal cyberpunk letterario alla distopia a fumetti

William Gibson: dal cyberpunk letterario alla distopia a fumetti

Magic Press porta in Italia "Arcangelo" dello scrittore cyberpunk William Gibson, storia di fantascienza distopica ambientata nel 1945.Nata prima come serie televisiva, mutatasi poi in sceneggiatura cinematografica e infine adattata al fumetto, segna l'esordio di Gibson nel media.

Il nome di William Gibson agli appassionati di fantascienza porta immediatamente alla mente il movimento cyberpunk – di cui è stato la voce letteraria più rappresentativa – e due romanzi, Neuromante (1984) e Monna Lisa Cyberpunk (1988), che di quel movimento restano tra le opere più rappresentative.
Precursore di tante istanze, aspetti e problematiche della realtà contemporanea, Gibson è sempre rimasto fedele alla letteratura, salvo un salto (non riuscito e dimenticabile) nel mondo del cinema, quando nel 1995 scrisse la sceneggiatura di Johnny Mnemonic, adattamento di un suo racconto contenuto in La notte che bruciammo Chrome.

Tra il 2016 e il 2017 lo scrittore statunitense (naturalizzato canadese per sfuggire all’arruolamento per la guerra del Vietnam) approda al mondo del fumetto alla IDW Publishing con la miniserie in cinque numeri Arcangelo scritta insieme a Michael St. John Smith e disegnata da Butch Guice, Alejandro Barrionuevo e Wagner Reis che Magic Press raccoglie in un unico volume in italiano.
È un approdo un po’ particolare e complesso, visto che il progetto non nasce in origine per il medium fumettistico e in questo, come vedremo più avanti, risiede una delle criticità.

Scordatevi cyberspazio e cowboy digitali: Arcangelo è quanto di più lontano possa esserci dall’immaginario letterario creato da Gibson nelle sue opere. Si lega piuttosto, come rivela l’autore nella postfazione al volume, a un interesse nato da bambino, quello per la Seconda Guerra Mondiale, che lo ha portato ad approfondire gli aspetti più strani e misteriosi del conflitto, legati alle operazioni dei servizi segreti americani, britannici e sovietici e all’occultismo nazista.
Furono proprio questi temi che Gibson e St. John Smith proposero alla televisione tedesca in cerca di un’idea per una miniserie fantascientifica per il piccolo schermo. Al rifiuto dell’emittente teutonico, i due autori proseguirono nello sviluppo dell’idea provando a trasformarla in un soggetto cinematografico e giungendo infine ad adattarla in un prodotto fumettistico.

Proprio il soggetto e la storia sono i punti di forza di Arcangelo. Fatte salve alcune sequenze ambientate negli USA del 2016, l’azione si svolge completamente nei sei mesi che vanno da febbraio ad agosto del 1945 nella Berlino occupata dalla forze Alleate.
La distopia alla base del racconto è che il 2016 presentato nelle prime pagine appartiene a una realtà alternativa nella quale gli USA sono usciti dal secondo conflitto bellico quale unica potenza egemone che, nel corso dei successivi settant’anni, ha dominato l’intero pianeta portandolo sull’orlo della catastrofe ambientale.
Al presidente americano “a vita” e a suo figlio vicepresidente non resta altro che sfruttare la scoperta dei viaggi nel tempo per pianificare lo sbarco nel nostro continuum temporale. Il vicepresidente approda nel nostro 1945 per modificare gli eventi storici della nostra realtà in modo da ricalcare quelli della linea temporale alternativa, in  modo da fornire ai dittatori americani una nuova Terra ancora intatta da sfruttare.

Su questo paradosso temporale Gibson e l’amico St. John Smith intessono una sorta di spy story anni ’40 dove gli elementi fantascientifici – come il meccanismo di viaggio temporale – sono sì il motore degli eventi e resi realistici e plausibili, ma restano comunque sullo sfondo.
Il ritmo è alto, i salti tra passato e presente chiari, la narrazione procede spedita e lineare e grande è l’efficacia nella costruzione dell’atmosfera che si poteva respirare in una città occupata come la Berlino del ’45.

All’efficacia della messa in scena contribuiscono sicuramente i disegni. A dettare lo stile è Butch Guice – autore anche degli studi preparatori sui personaggi – al quale si uniformano Barrionuevo e Reis, in tavole dalla struttura variegata ma sempre leggibile dove primi piani e piani americani la fanno da padrone.

Il tratto è realistico, sporco, adatto alla resa della Berlino distrutta dalla guerra e i colori di Diego Rodriguez e Wes Dzioba arricchiscono l’atmosfera con toni spenti, malinconici che si accendono dei rossi delle esplosioni e dei viola dei viaggi temporali.
Proprio il discorso degli effetti speciali permette di riallacciarci alla criticità cui accennavamo in precedenza.
Il fumetto rispetto al cinema e alla tv ha l’immensa possibilità di avere a disposizione un campionario di effetti speciali limitato solo dalla fantasia e dal talento del disegnatore.

In Arcangelo, che resta comunque una storia di fantascienza e viaggi temporali, le sequenze fantastiche sono ridotte al minimo, giusto all’effetto visivo dei salti temporali. Tutto è improntato al realismo, le ambientazioni sono spesso interne, tanto che il mondo devastato del 2016 narrativo non viene mai mostrato se non nella pagina iniziale della storia.
Ciò può essere interpretato in due modi. Da un lato scelta consapevole da parte degli autori di creare una storia fantascientifica ma fortemente legata a un realismo la cui consistenza non viene meno nemmeno nelle scene più immaginifiche. Dall’altro, a fronte della genesi che la storia ha attraversato, può essere visto come un retaggio dell’originaria idea di serie tv prima e di film poi, dunque una scelta di raccontare una storia fantascientifica limitando al massimo la necessità di costosi effetti speciali.
Vista in quest’ottica, ciò che può diventare un punto di forza in un linguaggio televisivo o cinematografico può esser visto come un freno nel linguaggio fumettistico, non tanto per il modo in cui si racconta la storia quanto per la minor potenza con cui si espone il lettore a determinati eventi.

Se la criticità precedente può essere ridotta a un semplice punto di vista di chi scrive, limite oggettivo del fumetto è il lavoro fatto sui personaggi, soprattutto sugli antagonisti ridotti a meri meccanismi narrativi.
Se Gibson a questa sua prima esperienza nel fumetto è parso subito a suo agio nel ritmo e nei tempi da dare alla storia, sui personaggi è sembrato orfano dello spazio che possono fornirgli le pagine di un romanzo per il loro sviluppo e caratterizzazione. In questo fa eccezione la protagonista, donna forte e psicologicamente ben delineata che ricorda molto da vicino vari personaggi femminili dei suoi romanzi.

Arcangelo resta comunque una solida storia di fantascienza distopica con forti venature spionistiche ed è un esordio nel fumetto per Gibson molto più riuscito di quanto fu oltre venti anni fa quello nel cinema.
Vale la pena menzionare infine la raccolta dalle copertine variant della miniserie, che impreziosisce il volume, da quelle splendide di Tula Lotay, a quelle grafiche di James Biggie fino a quelle a opera dei disegnatori del fumetto.

Ultima nota sull’efficace traduzione di Daniele Brolli, che di cyberpunk ne ha masticato e che scommettiamo sarà stato felice di poter adattare all’italiano il linguaggio di Gibson.

Abbiamo parlato di:
Arcangelo
William Gibson, Michael St. John Smith, Butch Guice, Alejandro Barrionuevo, Wagner Reis, Diego Rodriguez, Wes Dzioba
Traduzione di: Daniele Brolli
Magic Press, 2017
128 pagine, brossurato, colori – 15,00 €

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