I Volti di Sergio Cavallerin e Paola Barbato

I Volti di Sergio Cavallerin e Paola Barbato

Volti: gli autori Sergio Cavallerin e Paola Barbato ci hanno parlato della loro ultima opera, uscita in occasione del Napoli Comicon 2016.

 

Intervista a Sergio Cavallerin

biofotoSergio Cavallerin, artista eclettico e versatile, nasce nel 1957 a Perugia. La sua carriera inizia presto disegnando comics, per poi passare alla grafica pubblicitaria, all’illustrazione, alla fotografia e alle installazioni. Ha preso parte a oltre trecento mostre in tutto il mondo, personali e collettive, ottenendo premi e riconoscimenti. Tra i suoi volumi: Levitazioni, Felineide, Cats, Pinocchio Mon Ami, Alba e Misteriose E Lucenti. È co-fondatore della casa editrice Star Comics.

Che cosa rappresenta Volti nell’ambito della tua lunga carriera?
Volti è una tappa importante della mia carriera. Io non riesco a vivere se non dipingo, se non disegno, se non ho con me un foglio di carta bianca da poter colorare e/o imbrattare. A monte di questa mia grande passione c’è però anche un sacrificio e una rinuncia. Io ho iniziato come disegnatore di fumetti, ma ho poi volutamente interrotto questa carriera, questo lavoro che con le sue consegne mi impegnava otto o dieci ore al giorno. Stavo per entrare in Disney, avevo fatto delle prove con Scala, ma non accettai perché dentro di me nacque questa consapevolezza di voler rendere la nona arte qualcosa di condiviso da un pubblico più ampio. Con chiunque parlassi, del fumetto si conosceva poco al di fuori di quei tre o quattro grandi maestri come Sergio Toppi, Dino Battaglia, Hugo Pratt. Mi resi conto che la gran parte dei ragazzi non conoscevano i fumetti e soprattutto non avevano la possibilità di andarli a comperare da nessuna parte. Quindi decisi di fondare, prima con la Labor e poi con la Star Comics, delle casi editrici che producessero i fumetti in italiano e poi che importassero fumetti. Voglio ricordare che una grande opera come Sin City di Frank Miller è stata la Star Comics a pubblicarla per la prima volta, così come Spawn e tanti altri titoli della Image e della Marvel. Una volta che la casa editrice fu ben solida, mi decisi a trovare il modo per far arrivare capillarmente questi fumetti sul territorio. In edicola c’era poco o nulla di fumetti e per quelle testate che potevano essere stampate in mille o duemila copie la distribuzione in edicola era impensabile. Come facciamo? La risposta fu apriamo delle fumetterie. E così iniziò questa campagna di apertura di negozi a fumetti, gestite da valorosi appassionati che credevano nella forza di questo media. Pensate che a fine anni ’80 cerano solo sei o sette fumetterie sparse in tutta la penisola, e solo nei grandi centri urbani. Si potrebbe stentare a crederlo ma questo era lo scenario.
Il mio lavoro, quindi, divenne quasi una missione e fu così che nacque in Italia la  prima distribuzione indipendente per fumetterie: la Star Shop Distribuzione. Oggi è una grande gioia e una soddisfazione sapere di aver contagiato in questi anni migliaia di ragazzi, dando loro la possibilità di conoscere anche i manga. C’erano state in quest’ambito le operazioni pionieristiche di un genio coraggioso come Luigi Bernardi, poi altre iniziative nel fumetto sexy ed erotico, ma tutto finì lì.
Star Comics e Star Shop hanno dedicato la propria vita  professionale  alla diffusione capillare del fumetto in Italia in tutti i suoi aspetti. E grazie a questo lavoro costante e continuo  oggi molti ragazzi conoscono anche realtà “minori”, meno popolari del classico Tex o Zagor, che vanno dal graphic novel al fumetto d’autore. Insomma, in questi ultimi venticinque anni l’Italia fumettistica è cambiata totalmente. E senza falsa modestia ritengo di aver contribuito anche io a questo cambiamento. Qualcuno potrebbe dirmi che l’ho fatto per soldi: certo, per fare certe operazioni è necessario avere delle capacità economiche, ma io ho iniziato da zero, con mio padre insegnante che non poteva certo sostenermi economicamente. È chiaro che a questo punto non potevo dedicarmi a entrambe le carriere. Dovevo scegliere tra una strada che certamente mi avrebbe dato soddisfazioni e gratificazioni personali oppure contribuire a far esplodere il fenomeno: ma che amore è se costringi tuo figlio a star sempre dentro casa perché hai paura che fuori potrebbe farsi male? Continuando a disegnare avrei avuto probabilmente una ricca carriera, in Disney o magari in Bonelli, non lo so, invece decisi di dire a mio figlio (che è il fumetto) “vai fuori, vai nel mondo, vai a farti conoscere”. Creammo quindi una vera e propria fucina di fumettisti: Ade Capone, Giancarlo Olivares,  Stefano Vietti, Alessandro Bocci, solo per citarne alcuni. Per me è una gioia che la loro carriera sia continuata e fiorita, ma hanno iniziato con noi di Star Comics, così come molti altri ragazzi, su testate come Hammer o Lazarus Ledd, che sono state il loro banco di prova. È questa per me la cosa più bella. Aver creduto e investito nel talento è la forza di Star Comics e la sua dimostrazione d’amore verso il fumetto. E la risposta dei lettori è il nostro premio quotidiano: di noi si fidano, perché sanno che siamo puntuali, precisi, non mancheremo mai un’uscita, così come lo sanno fornitori, disegnatori giapponesi, americani; abbiamo una continuità nella qualità delle edizioni, nella politica dei prezzi. Fare diversamente vorrebbe dire andare contro la nostra vision, la nostra mission. Prima di tutto viene il lettore.
Però ogni tanto faccio una piccola immersione nel mondo dell’arte con una mia mostra o un mio libro. Volti è il frutto di un amore viscerale e della volontà di dare al lettore nuove occasioni per sognare. Il fumetto, col suo silenzio, ti permette di andare in un’altra dimensione, più onirica, più visionaria. È importante che i cervelli non si rammolliscano, non si blocchino. Con Volti, quelle immagini che possono ricordare uno zio o un amico, insieme ai racconti brevi di Paola Barbato, possono suscitare qualcosa, nuove emozioni, nuovi sogni. È un modo di dire: ragazzi continuiamo a sognare, io continuo a farlo tutti i giorni quando decidiamo di pubblicare cose nuove o quando diamo la possibilità a un disegnatore di alimentare a sua volta questo sogno. Tengo molto a specificare e ribadire che la nostra è una battaglia legata all’idea del sogno: tutto è pensato per quel ragazzo che in un attimo di silenzio, a tu per tu con il fumetto, con il libro, con la sua sensibilità, i suoi problemi, trova qualcosa di magico, in cui il silenzio ti parla e ti fa sognare come nessun altro media può fare.

Il fumetto, dunque, ha una capacità tutta sua nel cogliere questi volti, inimitabile dagli altri media?
Certo, il fumetto è un linguaggio a sé e la risposta non può che essere affermativa.

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Insieme a Paola Barbato, hai creato un vero e proprio universo attraverso queste poche pagine. I protagonisti di questo universo sono diversi per estrazione sociale, provenienza geografica, per i sentimenti che si portano dentro. Com’è nato?
Io credo che una delle più grandi scoperte del secolo sia stata quella di Stan Lee di inventare l’universo Marvel, che ha aperto un confine ampio e stupefacente. Io e Paola abbiamo creato il nostro micro universo attraverso una via nuova, legata ai tempi di oggi, alle problematiche dell’attualità. Io ho sottoposto a Paola i miei volti disegnati e lei ha contribuito egregiamente a creare questo universo. La cosa interessante è che di questo volume non è stato scartato via nulla: le immagini pubblicate sono tutte quelle che io avevo disegnato. Non abbiamo né aggiunto né tolto alcunché. Questo universo è sicuramente frutto di una creazione, ma in fin dei conti è l’universo in cui viviamo.

Quali tecniche hai utilizzato per realizzare i volti?
Così come nelle produzioni fumettistiche, a me piace esplorare. Esplorare anche proprio con la materia, quindi tempere, acrilici, inchiostri, dita o tamponi, tecniche miste insomma, a volte quasi violente tanto che alcuni lavori sono quasi strappati. C’era un problema nel quotidiano, sentivo che qualcuno subiva delle ingiustizie e allora ho realizzato Cosetta. Lei rappresenta una storia di periferia, può essere la periferia di Milano, così come quella di Napoli o Caserta. Cosetta è la gioia di chi si accontenta di avere un piccolo, unico,  grande amore.

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Le scelte cromatiche sono forse l’elemento con il più alto impatto emotivo per il lettore. Come le hai realizzate?
D’istinto, d’impulso. Sono tutte opere che ho realizzato in massimo un quarto d’ora. È una realizzazione veloce, dettata da sensazioni di vario tipo. Ho voluto realizzare, ad esempio, anche un omaggio (Martin) al maestro Alfredo Castelli, che è uno dei grandi del fumetto, anzi un grandissimo.

Si chiama Volti, ma un ruolo importante in queste tue opere lo hanno gli occhi. Ad esempio, in Martin, di cui parlavamo.
Gli occhi sono la vita. Suona banale dire che sono lo specchio dell’anima, ma per me è così. La luce negli occhi per me è fondamentale. In tutti gli esseri viventi muniti di occhi, riesci a intuire la storia della loro vita. E la vita è un dono meraviglioso la cosa più bella. L’occhio per me è la sublimazione della vita.

Paola Barbato a partire dalle tue opere ha scelto i titoli e scritto i testi. Stamattina, durante la presentazione qui al Comicon, hai detto che non ne ha sbagliato nemmeno uno. Com’è da artista ritrovarsi in questa empatia completa con un’altra artista?
È stata un’esperienza bellissima proprio perché non mi aspettavo questo risultato. Mi spiego. Paola non la conoscevo: quando ho preso appuntamento con lei, volutamente non sono andato a recuperare le sue opere e i suoi scritti e il mio lavoro era quasi ultimato. Ma la cosa incredibile è che ci siamo incontrati per un quarto d’ora, lei ha visto un solo disegno, Mino, e ha accettato la mia proposta. Io le ho mandato gli altri lavori a casa e lei si è messa a scrivere. È questa la magia, è strano, non si può spiegare. Non ci siamo mai sentiti neanche al telefono, ci siamo scritti delle mail – “a che punto sei?” – ma per il resto niente. Quando lei ha finito, mi ha mandato i testi e ci sono rimasto di sasso. Quindi ditemi voi se non c’è un po’ di magia in questa cosa. Ed è questa la magia del fumetto. Abbiamo lavorato a quattrocento chilometri di distanza e lei ha fatto tutto nel modo migliore, e se io le avessi dato delle indicazioni sono certo che il risultato non sarebbe stato lo stesso: è tutto perfetto, non ci sono state correzioni… non è stato affatto necessario.   

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Intervista a Paola Barbato

biofotobarbatoPaola Barbato nasce a Milano nel 1971. Scrittrice e sceneggiatrice di fumetti, fa il suo esordio su Dylan Dog nel 1999. Per la Bonelli ha scritto altre storie, tra cui la miniserie UT, al momento in edicola. Tra le altre cose, per Rizzoli ha scritto tre romanzi thriller, vincendo anche il premio Scerbanenco. 

Che cosa sono questi volti per te?
Sono come voci nella nebbia. Non sai da dove arrivano, non sai dove vanno, sono frammenti di vita che attraversano la tua per un istante. Puoi afferrarne solo la coda prima che spariscano di nuovo.

Di solito, nel fumetto, si va dalla scrittura al disegno, in questo caso è avvenuto il contrario. Com’è stato lavorare in questo modo?
Molto stimolante. Generalmente, a meno di non intervenire su personaggi preesistenti, si parte da zero, un po’ sparando nel mucchio quando si va a creare una cosa ex novo. Qui avevo un punto di partenza del tutto originale, un input unico eppure potente, già carico di significati. Non credo mi succederà mai più di vivere un’esperienza creativa simile.

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Da lettore, guardando le opere di Sergio Cavallerin le si vive in maniera molto emotiva, al primo sguardo, prima ancora di decifrarle completamente. Quanto ha pesato il fattore emotivo nella scrittura dei testi?
Al 100%. Il mio approccio è stato esclusivamente emotivo, per prima ho afferrato la sensazione che i volti suscitavano in me e poi cercavo di restituirla composita e strutturata. Non è detto che la mia impressione fosse quella giusta o che fosse universale, laddove io vedevo una vittima altri avrebbero potuto vedere un delinquente, chissà. Io ho seguito una scia del tutto personale.

Hai scelto i titoli,  creando un universo di personaggi e addirittura famiglie.  Come sono avvenute tali scelte?
Solo in tre casi (la famiglia, per l’appunto) avevo i titoli, in tutti gli altri casi sono derivati naturalmente dal pezzo scritto, arrivando senza alcuno sforzo. Solo in un paio di casi ho affrontato il titolo prima della stesura del testo perché avevo l’esigenza, io per prima, di definire il volto che avevo davanti a me.

Ti ritrovi in maniera particolare in uno dei personaggi?
Fortunatamente no, in questo caso un’identificazione sarebbe stata deleteria. Il mio ruolo era prima di spettatrice e poi di narratrice, per questo era necessario mantenere una distanza minima da ciascun personaggio.

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C’è qualcuno dei personaggi su cui avresti voluto scrivere di più, in qualche caso per esigenze editoriali hai dovuto porti un limite quantitativo?
Sì, senza dubbio. Alcuni volti si prestavano a una narrazione più lunga. Avevo un tetto massimo di battute e in diversi casi l’ho raggiunto. E’ stata una forma di autodisciplina.

Stessa domanda fatta a Sergio. Dal vostro lavoro, emerge una certa intesa artistica, com’è stato scoprire questo feeling creativo così forte con una persona quasi sconosciuta?
Con me, Sergio ha trovato terreno fertile. Innanzitutto sono una persona curiosa, gli esperimenti e il terreno inesplorato sono un invito a nozze. L’approccio postomi da Sergio, poi, era il regalo più grande che si possa fare a un autore, a un creativo: guarda e inventa. Le sue immagini erano un trampolino dal quale lanciarmi, non ha voluto pormi freni o limiti (per esempio, salvo che in tre casi, non avevo titoli). Il suo è stato un grandissimo atto di fiducia e di generosità, una vera rarità nel nostro ambiente.

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Si ringraziano gli autori per la disponibilità.

Interviste realizzate in occasione del Napoli Comicon 2016 e via mail

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