Premessa doverosa: quella che segue non vuole essere una cronaca minuziosa e oggettiva di un evento, né un’analisi del mercato fumettistico tedesco, bensì un viaggio alla scoperta di un mondo nuovo e poco conosciuto, fatto da un appassionato di fumetti che vuole conoscere meglio il paese in cui vive da sette mesi. Insomma, questo è il viaggio nel fumetto teutonico intrapreso da Emilio Cirri, dottorando in chimica di stanza da circa sette mesi a Jena, città nel mezzo dell’Europa, immerso in una cultura per molti aspetti tanto estranea da essere ogni tanto confuso e smarrito.
Manga, cosplay, gadget
Il viaggio comincia alla stazione di Jena Paradies alle 8:40 di un nebbioso 18 Marzo 2016.
Un’ora di viaggio in treno e sono a Lipsia, affascinante e contraddittoria città della Sassonia. Insieme a me scendono dal treno centinaia di persone dai vestiti multicolore ispirati a Naruto, Bleach, Dragon Ball e chi più ne ha più ne metta. Con mia grande sorpresa, realizzo che anche qui in Germania il fenomeno del cosplay è diffusissimo e molto sentito.
Nel sottopassaggio della stazione di Lipsia, in attesa di prendere la s-Bahn per la zona fiere, la situazione è questa:
Un’ora dopo, dovuta ai ritardi dei treni per la grande affluenza (ho già detto Lucca?), sono infine dentro il padiglione della Manga-Comic-con di Lipsia, manifestazione che si svolge all’interno della ben più vasta “Leipziger Buchmesse“, una delle più grandi fiere del libro in Germania, seconda solo a quella di Francoforte.
L’atmosfera che si respira è elettrica, anche se l’aria ha già raggiunto temperature elevate per via del gran numero di persone: un esercito di cosplayers si aggira per i numerosi stand, la maggior parte dei quali vende gadget nipponici, dai portachiavi di Death Note ai poster di boy band giapponesi, fino ad arrivare al cibo di importazione. Accanto a questi stand, banconi sterminati pieni zeppi di manga, per ogni gusto e per ogni età.
Parlando con alcuni ragazzi e più tardi con alcuni autori, capisco che oggi in Germania il fumetto fa rima quasi esclusivamente con manga. Anche una rapida ricerca su internet mette in luce questo fenomeno: un mercato letteralmente invaso dalla produzione nipponica, non solo nel campo dei fumetti, ma anche in quello dell’animazione (il cinema Anime è una delle grandi attrazioni della fiera).
La passione per queste storie, questi personaggi e questa cultura è così grande che una delle più attese ospiti della fiera è Jamie-Lee Kriewitz, vincitrice dell’edizione tedesca del 2015 di The Voice, caratterizzata da un look ispirato fortemente al fenomeno cosplay.
Anche la grossa sezione dedicata ai “creativi” e composta da fumettisti e illustratori emergenti in cerca di visibilità, conferma questa tendenza alla “nipponizzazione”: gli artisti riproducono gli stili più consueti del fumetto giapponese, soprattutto shojo (ogni tanto esplicitamente yahoi).
Oltre al manga, ci sono anche spazi per il fumetto europeo e statunitense, con ospiti come i nostrani Valerio Schiti ed Elena Casagrande, i francesi Wilfrid Lupano, Cèsar Ferioli e Paul Cauuet, il brasiliano Gustavo Duarte e la statunitense Staphanie Gladden.
Soprattutto il fumetto statunitense legato ai grandi brand, quali quelli DC e soprattutto Marvel, oppure legato a serie televisive e film (da Games of Thrones a The Walking Dead, passando per Doctor Who, Star Trek e Star Wars) sembra godere di buon successo, anche se i prezzi mediamente più elevati rispetto a Italia, Francia o Spagna, tenendo conto del tipo di edizione e del rapporto pagine/prezzo, fanno capire che il mercato per queste opere sia ben più di nicchia rispetto a quello di altri paesi, considerando anche che i fumetti in Germania non vengono venduti in edicola (di fatto, qui le edicole non esistono) o in libreria.
Quello che non riesco a trovare, nel mio tour in mezzo alla folla gioiosa e colorata di questo Comic-con, sono autori tedeschi che scrivano opere originali tedesche: se si escludono quelli pubblicati da Panini Verlag (dominatrice insieme a Carlsen Manga del mercato), ovvero Marvin Clifford (game designer e autore del webcomic Schisslaweng) e Daniela Schreiter (autrice di Schattenspringer, in cui parla della sindrome di Asperger di cui soffre), il resto degli autori tedeschi presenti in fiera lavorano su opere estere, come Viktor Bogdanovich (Batman) e Thomas Nicolai (comico e scrittore dell’edizione tedesca de I Simpson).
Sembra quindi che la produzione di fumetti autoctoni sia un po’ poco diffusa rispetto a quella di importazione. In realtà, basta spostarsi nel padiglione adiacente della fiera del libro, quello dedicato alle letture per giovani, per trovare stand dedicati ai fumetti, come quelli di Reprodukt e Avant-Verlag, due delle più importanti case editrici di fumetti in questo paese.
Tra autori stranieri come gli olandesi Erik Kriek e Guido von Driel e altri tedeschi come Sasha Hommer e Aisha Franz, il fumetto nordeuropeo sembra cercare una propria strada per attrarre il pubblico, che affluisce incuriosito a questi stand, sebbene non in numeri elevati come quelli visti nel padiglione dei manga, anche per via dei pochi incontri con gli autori pubblicati e per un programma difficile da seguire.
Comunque, la scelta di occupare un padiglione diverso da quello dedicato ai comics mi ha fatto pensare a una estremizzazione di quel processo (non so quanto giusto) che anche in Italia sta creando un doppio binario per i fumetti: da una parte quelli cosiddetti popolari, dall’altra le graphic novel che meritano di stare anche in libreria (ma qui sono difficili da trovare a volte anche nelle fumetterie).
Mostre, autoproduzione, arte concettuale
Per pura coincidenza, pochi giorni prima di partire per la fiera, ho scoperto che a Lipsia, in contemporanea alla fiera del libro si sarebbe svolta anche una piccola convention, “Comics and Graphic Novels”, organizzata dal Millionaires Club (una biblioteca cittadina) presso il GFzK, la Galleria di Arte Contemporanea. Dato che ho letto le opere di alcuni degli autori presenti, come Josephine Ritschel (pubblicata l’anno scorso in Italia da Canicola con il suo Solitudine) e Aisha Franz (Alien, edito sempre da Canicola), decido di andare a vedere questa convention dedicata alle autoproduzioni.
L’atmosfera qua è totalmente diversa: per la mostra si aggirano giovani diversi rispetto a quelli del Con, di vari estrazioni (sì, hipster e alternativi abbondano).
La convention si sviluppa su due piani, uno dedicato alle mostre di Aisha Franz, Max Baitinger, Sascha Hommer, Marie-Luce Schaller, Michael Hurley and Christoph Kukla, l’altro a una mostra mercato con vari collettivi e autori di autoproduzioni di varie nazionalità. Il clima è disteso, amichevole. “Siamo relativamente pochi, sempre gli stessi, quindi alla fine ci si conosce tutti ed è bello per questo“- mi confida Josephin Ritschel.
Dato il mio interesse per le autoproduzioni, faccio un po’ di domande in giro a vari autori, che si dimostrano disponibili e contenti di parlare con me.
“Sono stato in Italia quest’anno, al BilBolBul. Un bellissimo festival!” mi dice Joe Kessler, editore e autore dell’Inglese Breakdown Press, uno degli ospiti internazionali del festival. “È un mercato abbastanza difficile, anche noi è da pochi anni che abbiano iniziato. Purtroppo a Londra non ci sono librerie esplicitamente dedicate alle autoproduzioni. Conosci Gosh!Comics? Molto bello, però ha un po’ di tutto e le autoproduzioni sono un po’ limitate“.
Il potenziale di tutti questi autori è grande, sono affascinato dalla commistione di varie arti, il design dei lavori artigiani fatto da ogni collettivo, i volumi autoimpaginati e spillati personalmente dagli autori, la grande collezione di zines sperimentali portate dalla St. Patrick’s Zine Library di Colonia.
“Siamo un collettivo austriaco, io sono il membro della parte tedesca” mi spiega Michael Jordan, membro di Tonto Comics. “Il nostro lavoro si basa su fondi statali austriaci, come succede spesso anche qui in Germania: esce un bando a cui si inviano progetti per operazioni culturali e artistiche, e vincendolo si ha diritto a un fondo. Purtroppo i soldi ora come ora si sono ridotti, ma c’è di buono che con quei soldi possiamo fare quello che vogliamo. Oggi il mercato qui in Germania è dominato dai manga, un po’ dalle graphic novel, per noi lo spazio è ristretto, ma con fiere così possiamo farci conoscere e oggi mi sembra che ci sia parecchia gente.”
E in effetti ha ragione: tanti ragazzi interessati e affascinati, pronti a fare domande agli autori per scoprire di più sul loro lavoro.
Con queste immagini si conclude la mia intensa giornata a Lipsia, città che già avevo conosciuto e che mi aveva colpito, ma che adesso mi ha decisamente catturato. Una giornata che mi ha permesso di iniziare a capire che, pur non essendo un fenomeno diffuso come in altri paesi, il fumetto ha anche qui un suo pubblico di persone entusiaste, curiose, piene di energia, di autori intelligenti, capaci, fantasiosi, tutti da scoprire.
Una giornata che mi ha fatto capire ancora una volta quanto il fumetto possa essere un elemento di coesione e di crescita, un’arte sociale che crea comunità.
E una giornata fatta di piccoli dettagli familiari (l’ora di treno per arrivare alla fiera, i cosplayer intorno a me, le chiacchiere con gli autori, la stanchezza e la contentezza di questo viaggio) che mi hanno fatto sentire non come straniero in terra straniera, ma un pochino di più a casa, ritrovando una parte importante del mio mondo.
Trascendere la carta e farsi esperienza di vita e di comunicazione con gli altri: potere inestimabile del fumetto.
LiVing4arT (@LiVing4arT)
25 Marzo 2016 a 14:22
molto interessante… anche se a me il voler distinguere (o dividere) fumetti e graphic novels come se fossero 2 cose diverse mi causa acidità di stomaco… comunque in Germania mi pare di capire il solito..scarso mercato interno … massiccia importazione …manga manga manga… però qualcosina si muove e pare di aver capito che l’entusiasmo ci sia…
Emilio Cirri
29 Marzo 2016 a 22:36
Ciao Living4art
Sono contento del tuo interessamento, in effetti è un mondo affascinante. Ovviamente il mio reportage è molto parziale, basato su scoperte che sto facendo giorno dopo giorno, vivendo in questo paese. Posso aggiungere alcune considerazioni per integrare: in effetti, il mercato interno è molto scarso, non esiste una serialità a fumetti o una produzione “di massa”, come avviene in Italia con Bonelli. Un elemento chiave secondo me è l’assenza di edicole: io ho iniziato a leggere fumetti grazie alle edicole, così come gran parte dei lettori italiani. Pur non leggendo Bonelli, conosco titoli come Zagor, Tex, Dylan Dog, Nathan Never, Scorpio, Lanciostory, per non parlare dei titoli Disney. Qui le persone non appassionate conoscono a malapena Topolino, Paperino e Asterix e Obelix (unici fumetti con una certa diffusione popolare). E i fumetti non li trovi nemmeno in libreria, se non in alcune molto grandi. Le fumetterie non sono così tante, e spesso sono indirizzate ai gadget e ai giochi. La presenza di manga di per sè non è un problema, anzi. Però si assiste ad una saturazione del mercato e una ricerca da parte di tanti autori di una forma artistica ispirata ai manga. Per contro, il fumetto autoprodotto e undergound produce opere molto complesse, a volte di difficile comprensione, che spesso si legano a doppio filo con l’arte contemporanea e le mostre in museo. Una strada molto interessante, anche se a volte porta a chiedersi se sia ancora da considerarsi fumetto. Comunque l’entusiasmo delle autorpoduzioni, l’energia che si respira è coinvolgente. E mi ha fatto molto piacere che tantissimi degli autori in fiera abbiano indicato l’Italia come uno dei paesi più all’avanguardia da questo punto di vista (praticamente tutti hanno citato il BilBolBul come uno dei migliori festival a cui abbiano partecipato).