Matteo Casali è stato il primo sceneggiatore italiano a raggiungere il mercato statunitense, con un percorso che dall'autoproduzione lo ha portato fino a DC Comics e Marvel Comics, passando per Gli Scorpioni del Deserto di Hugo Pratt. A Lucca 2019 è stato presentato in anteprima il primo volume di K-11, serie che ha creato per l'etichetta Audace di Sergio Bonelli Editore e di cui è in uscita ad aprile 2020 la seconda parte. Gli abbiamo fatto qualche domanda su questa nuova opera e sul suo lavoro di sceneggiatore e di insegnante nel difficile momento odierno che vede gran parte di noi chiusi in casa per evitare il diffondersi del contagio del Covid-19.
Ciao Matteo e bentornato su Lo Spazio Bianco.
Cominciamo parlando subito del secondo volume del tuo K-11. La sua uscita era prevista in anteprima al Cartoomics, poi rimandato: uscirà comunque vista l'emergenza sanitaria in atto?
Uscirà. Si troverà, finché non riapriranno le librerie, sui canali di vendita on-line, come lo store di Sergio Bonelli Editore e, immagino, su Amazon. Anche perché siamo già avanti con la realizzazione del terzo volume, che è già stato colorato e sta per entrare nella fase di lettering, la cui uscita è prevista per giugno2020. Rispetteremo la trimestralità anche per tutti gli altri volumi, che in totale saranno cinque. Pandemia permettendo, ovviamente (il volume è effettivamente uscito e si trova sugli store on line da fine marzo 2020 – N.d.R).
In rete hai annunciato che questo secondo volume sarà molto diverso dal precedente. Cosa deve aspettarsi chi segue la serie? Hai programmato un cambio di registro ad ogni uscita?
Un cambio di registro c'è sempre ed è merito dei disegnatori, nel senso che ogni numero avrà un disegnatore diverso. Ti dico anche, in anteprima, che il terzo volume sarà disegnato da Andrea Accardi. Ci sarà quindi un'unità narrativa data dalle sceneggiature, che sono tutte mie, ma approcciata da diverse visioni. A un certo punto poi, ci sarà un cambio anche nella scrittura, che però non posso anticipare. Ci sono delle cose sottili in K-11 che magari possono sfuggire a una lettura non dico disattenta ma, normale, non approfondita. Per dirne una, nei dialoghi nessuno dice mai “okay”. Sono stato molto attento a far sì che nessuno pronunci mai parole che non appartengono alla lingua del luogo. È una sfumatura se vuoi, ma di certo contribuisce. Come anche il fatto che non ci sono didascalie su quel che pensano i personaggi. Però ci sono elementi che con il tempo cambieranno, quello sì. Poi in questo secondo volume prende corpo in modo chiaro quella che è l'identità di K-11 rispetto a quello che molti magari si erano immaginati leggendo la prima parte. Io ho lasciato correre la vulgata o quel che si leggeva su internet, soprattutto quel che dicevano i detrattori, i poco convinti dall'iniziale approccio alla serie. Quelli, insomma, che hanno pensato fosse la solita rimasticatura del supersoldato con i superpoteri, tipo Capitan America in Russia… qualcuno ha detto anche “Capitan Unione Sovietica”. K-11 è tutt'altra cosa. È una storia, come dico sempre, molto umana e qui l'umanità la fa da padrona, nel senso che in questo secondo capitolo sono proprio i racconti dei personaggi a dettare il tempo, il ritmo e tutto quello che accade loro. Succedono delle cose che faranno sì che non si possa più tornare indietro, e questo rende la storia ancora più personale per Karl e tutto il resto del cast.
Il primo volume è disegnato da Davide Gianfelice, questo secondo ha le matite di Luca Genovese, mentre i prossimi vedranno all'opera altri autori differenti. Com'è il rapporto creativo fra chi scrive una serie come questa, e la conosce perfettamente poiché l'ha creata, e chi invece l'ha disegna un pezzettino per volta e che è quindi solo “di passaggio”?
In realtà, prima di partire, ho fatto una cosa un po' all'americana, nel senso di come loro lavorano alle serie televisive e nel cinema. Nel 2018, se non ricordo male l'anno, ci siamo trovati con tutti i disegnatori a Bologna, luogo scelto per comodità, perché quello che abitava più lontano era Davide Gianfelice che vive a Milano, insieme anche a Michele Benevento che aveva fatto i primi studi dei personaggi. Abbiamo fatto una chiacchierata sul soggetto a casa di Andrea Accardi, dopo che tutti avevano già letto l'intera storia, visto che esisteva già il soggetto completo di tutti i capitoli, e poi ho parlato con loro per capire chi volesse disegnare cosa. Quindi l'assegnazione è stata fatta anche in base alle preferenze di ognuno. C'era chi voleva disegnare la parte con una scena d'amore, chi quella dove si spacca tutto, e via dicendo. A parte il primo numero, per cui ero già d'accordo con Davide Gianfelice, gli altri se li sono un po' palleggiati. Poi siamo andati a farci una mangiata colossale di sushi, siamo tornati a casa di Andrea continuando a parlarne e nel pomeriggio abbiamo anche letto alcune parti del soggetto insieme, un po' come fanno gli attori quando si imparano le parti, perché li volevo il più possibile coinvolti. La lavorazione di K-11 è stata molto da team work. Come dicevo, il numero due sta per uscire e il terzo sta andando in lettering adesso, quindi i disegnatori, almeno per quanto riguarda questi volumi, hanno cominciato a lavorare in contemporanea. Gli studi dei personaggi, che inizialmente appunto sono stati fatti da Michele Benevento, sono poi stati modificati in corso d'opera dagli altri disegnatori. Se ad esempio un personaggio appariva a pagina 40 del numero uno e a pagina 5 del numero due, veniva disegnato prima da chi disegnava quest'ultimo, per cui la sua interpretazione veniva poi adottata anche dagli altri. C'è stato solo un piccolo dubbio sul taglio di capelli di Karl ma l'abbiamo risolto… con stile (ride).
Mi ha colpito il fatto che il primo volume di K-11 ha un passo particolarmente posato e riflessivo, tutto volto all'esplorazione degli ambienti e dei personaggi, e appena si comincia ad accelerare l'episodio finisce. L'ho trovata una scelta interessante, qualcosa di abbastanza inedito in questo momento dove più si spara in alto e più si fa rumore, meglio è. L'avevi pensata proprio così?
Assolutamente sì. Ma è anche la scrittura che mi è venuta naturale per questa storia. È un po' come quando quelli dell'ambiente che conoscevano il progetto a cui stavo lavorando, colleghi in Bonelli e addirittura gli stessi artisti che la stanno disegnando, mi chiedevano come mai l'avessi progettata di cinque capitoli e non di sei, pensando magari anche a raccolte in volume di due episodi, come è stato fatto ad esempio per Mister No Revolution. Io rispondevo che i capitoli sono cinque perché quelli ci volevano per raccontarla tutta. Non l'ho deciso io, l'ha deciso la storia. Quando l'ho strutturata, ho fatto in modo che durasse il giusto e funzionasse al meglio, senza pensare di quanti volumi avrebbe potuto essere.
È prevista anche un'edizione da edicola più avanti?
Potrebbe darsi, ma al momento non ho date al riguardo. Credo che la faranno, ma solo una volta esaurita l'edizione in volume. La mia sensazione è che comunque uscirà prima tutta in libreria, anche perché ho preso accordi con la Bonelli per avere uscite ben definite, che rispettino la trimestralità, così da dare ai lettori un punto di riferimento. L'idea è che, come dicevo prima, il terzo volume esca a giugno, il quarto a settembre e l'ultimo in anteprima a Lucca 2020. Se tutto va bene e questa emergenza sanitaria non complicherà le cose per l'editore.
Probabilmente l'avrai già raccontato spesso nelle presentazioni del primo volume, ma ti chiedo, in due parole, per chi dovesse avvicinarsi solo ora alla serie, da dove nasce l'idea di questa particolare “fantascienza sovietica”.
L'idea nasce dalla lavorazione della serie stessa, attraverso varie riscritture che la storia ha subito, anche dettate da necessità editoriali. Inizialmente, quando ho cominciato ad approcciarmi a questa storia, non esisteva nemmeno l'etichetta Audace e doveva essere una miniserie vecchio stampo, in formato bonelliano da edicola. Poi è cambiato un po' tutto, comprese appunto le premesse editoriali, e nella revisione che ho fatto la storia ha assunto una serie di connotati che sono quelli che ha oggi e si è pensato anche di fare una cosa diversa dal punto di vista geografico. Si è cercato un “altrove” rispetto ai soliti canoni narrativi e questo “altrove” è stato appunto l'Unione Sovietica. Un luogo che si vede poco solitamente e che ha anche un bellissimo immaginario visivo a cui fare riferimento. Dai feedback ricevuti finora, poi, pare sia stata una scelta apprezzata per l'originalità.
Immagino che tutte queste ricerche abbiano portato anche nuovi materiali e idee alla storia stessa.
A me piace molto fare ricerca e imparare cose mentre lavoro, per cui arrivano sempre spunti nuovi. Comunque l'ambientazione non sarà solo l'Unione Sovietica. Ci muoviamo nel “vecchio mondo” e ho dovuto quindi prendere in considerazione tutto quello che era anche l'Europa alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Un momento bello tosto, con un sacco di roba interessante che ho voluto usare e che ha arricchito la storia. Con il cambio di ambientazione molte cose sono cambiate e io sono andato a utilizzare tutto quel che di nuovo e interessante l'Unione Sovietica e il periodo storico portavano con sé. Se si pensa a questa storia come a un Capitan America atomico, allora certo che sembra il super soldato americano. Ma il fatto di averlo “europeizzato” lo ha cambiato anche da quel punto di vista, non solo geograficamente. Mi sono divertito a giocare anche con la Storia con la “s” maiuscola.
Il tuo passato da disegnatore ti ha reso uno sceneggiatore molto preciso nel descrivere le scene. Come ti relazioni con i disegnatori? Lasci loro alcune libertà? Fin dove ti spingi nel suggerire inquadrature, pose e layout?
Io scrivo tutto. Di solito sono molto preciso, anche se lascio dei margini al disegnatore. Però a me viene da descrivere molto la vignetta, come se la dovessi disegnare io. Ci metto del tempo a scrivere la sceneggiatura. Quando disegnavo guardavo la pagina bianca e quello che “vedevo” sul foglio lo ricalcavo, per dire così. All'epoca la magia era questa. Adesso che scrivo faccio la stessa cosa, ma scrivo quello che “vedo”. Un po' un effetto da trance.
Dal 2008 sei anche insegnante (e co-fondatore) della Scuola Internazionale di Comics di Reggio Emilia. Come state affrontando il delicato momento odierno?
Dopo le prime due settimane di blocco, dove nessuno sapeva esattamente cosa sarebbe successo di preciso, visto che l'aria che tirava non era delle migliori, abbiamo capito che per garantire ai nostri studenti lo stesso tipo di formazione, anche se con il limite del non potersi approcciare di persona, avremmo dovuto utilizzare“strumenti virtuali” per “operare in remoto”. In breve: video lezioni da casa. Al momento sta andando tutto bene, con gli studenti che sono molto disciplinati e partecipativi, anche in classi grandi, come i corsi di fumetto, dove abbiamo anche 20-21 studenti. Gli studenti lavorano bene, non rompono le scatole (ride) e, insomma, fanno le cose come si deve. Purtroppo, per l'aria che tira, non butta bene e temo che l'anno scolastico potrebbe terminare senza fare ritorno a scuola. Spero ancora, comunque, che si possa riuscire a recuperare un po' di lezioni in aula.
Insegnare a tanti giovani aspiranti sceneggiatori e fumettisti è stimolante? Mi sembra che per il fumetto sia un momento molto vivo, con tante nuove proposte e molto entusiasmo.
È molto stimolante, certo. E sì, è un momento molto vivo e c'è anche molta concorrenza. E buona parte l'abbiamo costruita noi. Ci siamo coltivati le serpi in seno (ride). A volte alcuni colleghi mi dicono che non vogliono insegnare per non crescere chi poi gli ruberà il lavoro. Io penso invece che se uno te lo ruba, vuol dire che è più bravo di te. Anche perché, quello che non può sapere chi non ha mai insegnato, è ciò che danno gli studenti agli insegnanti. È qualcosa che io non avrei mai pensato. Io insegno dal 2006, perché prima di aprire la Scuola di Comics a Reggio Emilia, insegnavo in quella di Firenze. E anch'io mi sono dovuto far convincere dalla direttrice dell'epoca, perché non volevo farlo. Non me la sentivo, poiché io per primo non avevo mai frequentato un corso. Sono poi caduto nella “trappola” facendo un primo workshop di alcune ore, frequentato tra l'altro da molti di quelli che poi hanno fatto parte del gruppo di Mammaiuto, e da lì ho continuato. Lorenzo Palloni, ad esempio, è stato proprio un mio allievo a scuola, ha frequentato con me i corsi di Fumetto 1 e 2, e lo vedo un po' come uno dei miei allievi prediletti. Adesso insegna anche lui ed è un collega in aula e “là fuori”.
Hai in cantiere qualche nuovo progetto per il mercato statunitense?
Sto discutendo alcuni progetti, ma nulla ancora di definito, con quella che io considero la mia “casa madre”, ovvero la DC Comics. Purtroppo anche lì adesso è cominciata questa brutta faccenda del Coronavirus. Mi ha chiamato proprio l'altro giorno Jim Lee per sapere come stavo, come andava qui da noi, e che nuovi progetti avevo, ma non abbiamo ancora fatto in tempo a risentirci. Oltretutto ho visto proprio oggi che hanno attivato il lockdown anche sulla California, quindi credo proprio che lo sentirò a breve, per sapere come sta. Ho un paio di idee delle quali sono convinto, una da proporre e una già in redazione, pensate per l'etichetta DC Black Label, che ha un po' preso il posto della vecchia Vertigo, da sempre lo stile di racconto a me più affine. Non mi attira molto lavorare sul fumetto seriale, preferisco i progetti autoconclusivi, come appunto K-11. Ho poi anche un altro progetto che potrebbe vedere la luce a Lucca, ma è ancora presto per parlarne, vista (ancora una volta!) la situazione.
Per concludere ti chiedo se hai qualche lettura da consigliare ai “quarantenati”.
Mah, innanzi tutto vorrei aver tempo per poter leggere io (ride). E poi vorrei consigliare dei libri, perché nel campo dei fumetti c'è tanta roba bella ma non vorrei mai fare un torto a qualcuno, nominando alcune cose ed escludendone altre. C'è invece un libro che ho letto qualche anno fa, che è stato per me una vera sorpresa, ovvero In cold blood di Truman Capote, ovvero a A sangue freddo. L'ho letto in lingua originale e, a chi può, lo consiglio così. Non avevo nemmeno visto il film, per cui è stato una vera scoperta. Un libro straordinario. Quando l'ho letto ho avuto davvero una folgorazione, tutto di grande impatto, dallo stile di scrittura al modo in cui i personaggi vengono presentati. Poi ho sul tavolo, pronti per essere letti, un paio di libri con la “m”. Uno è M-il figlio del secolo, di Antonio Scurati e vincitore del Premio Strega, che mi incuriosisce molto e l'altro è Moby Dick, che credevo di aver letto alle medie, scoprendo anni dopo di aver letto solo una riduzione per ragazzi. Ci sono rimasto malissimo e da allora mi sono ripromesso di leggere il “vero”Moby Dick: è una cosa di cui mi vergogno molto (ride) e credo che, in questa quarantena, potrò recuperare grazie all'edizione Feltrinelli, esaurita e pagata a peso d'oro, tradotta da Alessandro Ceni, che è considerata la migliore dagli esperti (sì, esistono esperti delle mille edizioni di Moby Dick e io li ho consultati…).
Grazie mille Matteo!
Grazie a voi e buon resto-dell'Anno-del-Topo. Vi saluto ricordando una divertente e apparentemente morigerata iattura cinese che recita: “Che tu possa vivere in tempi interessanti.” Direi che ci siamo dentroun po' tutti…
Intervista condotta al telefono il 20 Marzo 2020
Foto in evidenza di Simone Florena, in collaborazione e a cura di Napoli COMICON, tutti i diritti riservati.
MATTEO CASALI
Matteo Casali fa il suo esordio, insieme a Giuseppe “Cammo” Camuncoli, sulle pagine della serie Bonerest, pubblicata poi anche negli Stati Uniti dalla Image Comics. Ha creato e scritto Quebrada, Silent dance e Sotto un cielo cattivo e collaborato, tra gli altri, con Coconino Press, Eura, saldaPress e RCS Rizzoli. Ha ripreso l'opera del maestro Hugo Pratt con Gli scorpioni del deserto e scritto La neve se ne frega, adattamento a fumetti del romanzo di Luciano Ligabue. Collabora con la Sergio Bonelli Editore scrivendo per il Dylan Dog Color Fest e per la serie regolare di Dylan Dog.
Dal 2003, primo italiano a farlo, scrive diversi albi per DC Comics, come la miniserie Batman Europa e la graphic-novel99 Days, vincitrice dello Spinetingler Award 2012 come Best Crime Comic. Nel 2009 realizza storie per Whatif? Astonishing X-Men e per Iron Man: Titanium per la Marvel Comics.
Insieme ad Alessandro Apreda, è il fondatore del Progetto RADIUM, realtà editoriale che ha finanziato con successo i quattro progetti presentati attraverso una piattaforma di crowdfunding, tra i quali Quebrada e Zeroi, quest'ultimo scritto insieme a Tuono Pettinato.
È stato ed è docente di Sceneggiatura e Storytelling presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna e le sedi della Scuola Internazionale di Comics di Firenze e Reggio Emilia, della quale è co-fondatore e Direttore Creativo. Ha vinto il Premio Carlo Boscarato 2012 come Miglior Sceneggiatore e il Romics d'Oro 2017.