Sul campanile del duomo di Messina, le statue di due figure femminili vegliano sulla città da dei piccoli poggioli e hanno il compito di suonare le campane. Sono lì fiere e risolute a ricordo di un evento storico nel quale la città ha dimostrato caparbietà e desiderio di essere libera. La storia di queste due donne, Dina e Clarenza, è arrivata ai nostri giorni quasi sotto forma di leggenda, i particolari sono poco conosciuti, questo il motivo per il quale queste figure hanno assunto un ruolo allegorico per la città, simboleggiano la fierezza, la risolutezza e la voglia di indipendenza dei e delle messinesi.
La storia raccontata da Lelio Bonaccorso in Vento di Libertà affonda le radici al tempo dei Vespri Siciliani e racconta, in maniera parzialmente romanzata come dichiarato dall’autore stesso nella prefazione, le vicende che hanno portato la città di Messina nel 1282 alla rivolta contro il dominio angioino e all’assedio fallimentare che sancì la cacciata della casata francese dalla città. Le rivolte che danno il nome a questo evento presero il via nella città di Palermo, quando il Lunedì dell’Angelo nel momento della preghiera del Vespro, un abitante della città si scagliò contro un francese brutalmente, accusandolo di aver molestato sua moglie. Da qui, al grido “mora! mora!” iniziò una vera e propria caccia ai francesi, che si tramutò velocemente in un’autentica sommossa e che si allargò a macchia d’olio su tutta l’isola. La Pace di Cartabellotta nel 1302 fu l’armistizio che pose fine ai moti insurrezionali chiamati Vespri Siciliani e sancì ufficialmente l’avvicendamento del dominio sull’isola tra gli angioini e gli aragonesi.
Le vicende storiche si fondono quindi con la leggenda che a sua volta si fonde con il romanzo. Questa miscela narrativa dà vita a un fumetto ricco di dettagli di fine accuratezza storica, di personaggi non stereotipati e di avvenimenti appassionanti. Il contesto storico viene garantito sia attraverso l’utilizzo di una voce fuori campo dentro a chiare didascalie, sia attraverso la rappresentazione di edifici, veicoli, strumenti e abiti dell’epoca. In tal senso una grande cura è stata riposta nei disegni dei vestiti dei nobili angioini, con i drappeggi colorati e gli stemmi della casata e nelle uniformi dei soldati, con camaglio ed elmo bollitore tipici della fanteria di terra del dodicesimo e del tredicesimo secolo.
Il fumetto si apre con il racconto di alcune dinamiche tipiche dei ragazzini, semplici e senza sovrastrutture. Due ragazzine siciliane e un giovanotto francese giocano e si rincorrono tra loro divertendosi; il fratello di una di loro si intromette in maniera violenta convinto di difendere la sorella dallo “straniero”. Questo accadimento non solo funge da elemento scatenante di quanto accade nella parte centrare del fumetto, ma si può forse già leggere come anticipazione di una vicenda di incontro-scontro che dalla persona singola passa al gruppo, e quindi all’intera città.Così come narra la leggenda che le vede protagoniste, Dina e Clarenza sono la chiave che permette alla città di vincere l’assedio e cacciare gli oppressori indesiderati. Bonaccorso le ritrae come donne semplici, risolute, interessate a fare del proprio meglio per il bene della loro città e della gente che la abita. Non eroine con doti straordinarie o vittime di miracolose epifanie, avrebbero potuto essere chiunque in quel momento potesse lanciare sassi e correre a far suonare una campana per dare l’allarme. Proprio per questo motivo è tanto importante che siano proprio loro, due donne, che con azioni quasi elementari hanno contribuito in maniera sostanziale al buon esito della resistenza. Non molte donne vengono ricordate nella storia per atti come questo, le poche di cui abbiamo conoscenza sono solitamente all’interno di eroiche narrazioni che le ritraggono come emulatrici degli uomini. In questo caso invece, Dina e Clarenza non hanno dovuto vestirsi o comportarsi “da uomo” per poter fornire un apporto fondamentale alla causa cittadina, bensì sono rimaste fedeli a loro stesse, agendo con naturalezza a difesa del bastione.
Il fumetto non è solo rivolto agli appassionati di storia della Trinacria o messinese: anche gli amanti dell’azione sono accontentati. In effetti l’autore non lesina sulle scene di combattimento: attraverso una griglia scomposta e l’utilizzo di linee cinetiche marcate, la parte action della narrazione risulta preponderante e coinvolge il lettore in prima persona. Il ritmo è rapido e incalzante, in particolare durante gli scontri, sia quelli che coinvolgono scontri tra soldati e messinesi sia quelli che vedono protagonisti singoli personaggi. Il disegno delle figure e degli sfondi, siano essi paesaggi o interni, è morbido e dettagliato pur non essendo di stampo realistico. Questo favorisce la contestualizzazione temporale e storica di cui abbiamo parlato poc’anzi, e allo stesso tempo conferisce ai personaggi plasticità nei corpi e forte espressività nei volti.
Sono tre i livelli di lettura che Vento di libertà ci permette di affrontare.
Primariamente ci possiamo soffermare sulla storicità della vicenda, sul significato della leggenda andando a ricercare tutti i riferimenti ai moti dei vespri siciliani. Andando un po’ più in profondità balza all’occhio di chi legge la sollecitazione in merito al rapporto accettazione-sconto con l’altro, il diverso, lo straniero, spesso complicato da sovrastrutture, pregiudizio, eredità di cui nemmeno si conoscono le radici. Ultimo, ma non per importanza, l’attenzione al protagonismo femminile nella vicenda: in una narrazione “maschiocentrica” della storia, è significativo dare risalto ad avvenimenti in cui le donne hanno fatto la differenza.
Abbiamo parlato di:
Vento di libertà
Lelio Bonaccorso
Tunué – Collana Ariel, 2022
160 pagine, cartonato, a colori – 17,50 €
ISBN 9788867903627