Here we are
By this river, Brian Eno
Stuck by this river
You and I
Underneath a sky that’s ever falling down, down, down
Ever falling down
Quale rumore provoca una perdita nella vita di un uomo? Non è semplice rispondere a tale domanda, ma leggendo Una breve elegia, primo graphic novel del fumettista taiwanese Animo Chen, arrivato in Italia grazie ad Add Editore, sembra che tale evento terribile e sconcertante provochi inaspettatamente un rumore nullo, un silenzio prolungato. Le tre storie che compongono il volume (Fiume in secca, Zanzare comuni e Il nastro) vanno infatti a dipingere un ritratto intimo e malinconico dell’assenza, in un susseguirsi di tavole mute, in cui la parola si annulla per lasciare spazio soprattutto alla cifra comunicativa del colore.
Non è un caso che ad aprire la raccolta sia un racconto in cui il protagonista è un bambino il cui tranquillo e ordinario viaggio in autobus viene turbato da un incidente. Attraverso questa figura innocente ed ingenua, l’autore introduce la domanda forte e sentita all’origine dell’opera: come ci relazioniamo all’inatteso senso di finitudine che d’improvviso investe le nostre vite? D’altra parte, il termine elegia si riferisce a un componimento letterario di carattere meditativo, nato spesso in relazione a un lutto o una perdita.
È senza dubbio complesso riuscire a tradurre in immagini tale sensazione di spaesamento e confusione, quella che ci coglie nel nostro primo, tangibile incontro con la morte e Animo Chen decide di farlo soprattutto attraverso immagini in cui a fare da protagonista non è solo la dimensione umana, ma anche quella floreale e faunistica. Il confronto con la realtà animale e naturale è infatti il significativo leitmotiv che percorre incessantemente l’opera: nel grande dipinto di Chen, l’esperienza della perdita ha il carattere dell’universalità, come un unico canto che avvolge e coinvolge ogni essere vivente nello stesso condiviso destino.
Parallele appaiono infatti le tavole che rappresentano le vittime dell’incidente e quelle della morte di una cane divorato dai corvi: il rosso domina la scena, in maniera irruenta e incontrollata; ma ancora più evidente diviene tale legame nel secondo racconto, Zanzare comuni. Protagonista è una coppia che si ritrova ad affrontare la perdita del figlio, in una casa in montagna infestata da una marea di zanzare; il lettore segue il percorso dei piccoli insetti, il loro sottile infiltrarsi in ogni angolo della casa e della vita della coppia: il punto di vista degli insetti permette quindi di farsi strada, seguendo il loro silenzioso ronzio, nell’intimità travagliata della coppia, nel loro muto e condiviso dolore. Particolarmente significativa la tavola in cui i piccoli insetti si insinuano in un vecchio scatolone pieno di giochi e libri per l’infanzia: le zanzare si poggiano così sui resti tangibili di un’assenza ancora straziante, che in maniera diversa coinvolge i due genitori “orfani” del loro bambino.
Il racconto acquista quindi una dimensione corale, in cui tutte le specie sembrano partecipare alla stessa esperienza esistenziale: così la sopravvivenza delle imperterrite zanzare, provate dalla pioggia, si sovrappone a quella dei due genitori, anche loro presi dal loro tentativo di sopravvivere alla più profonda delle perdite; ed anche l’immagine finale del primo racconto, una sepoltura improvvisata del povero cane da parte del bambino spaesato dall’evento traumatico, rievoca la stessa sensazione di comunione tra gli esseri, capaci di riconoscersi in un’unione che non potrebbe essere meglio espressa se non attraverso l’accostamento di immagini.
Gran parte dei disegni occupa infatti l’intera tavola (spesso anche due), in un susseguirsi di veri e propri “quadri” che anche autonomamente, sottratti alla sequenzialità del racconto, dimostrano una notevole carica espressiva e narrativa. L’assenza di parole nulla toglie alla fluidità del racconto, anzi permette una maggiore libertà espressiva e una conseguente maggiore libertà interpretativa: una natura più didascalica sottrarrebbe invece alla narrazione quello stato di sospensione che sembra caratterizzare il racconto.
Come scriveva anche Fresnault-Derulle nel suo saggio Il linguaggio dei fumetti: “queste vignette a parola-zero sono lontane dall’essere prive di senso; estremamente suggestive esse fanno a meno del testo per la buona ragione che parlano da sole”1; l’essenzialità delle tavole di Chen mira infatti a comunicare il più possibile attraverso pochi determinati elementi particolarmente carichi da un punto di vista simbolico.
Si pensi al nastro rosso dell’ultimo racconto: l’oggetto fa da protagonista, il lettore ne segue il percorso di vignetta in vignetta, fino a quando diviene esplicito quello che il lettore aveva già avuto modo di intuire: che il nastro rappresenta l’ultimo tangibile legame della protagonista con il suo amato.
Oppure si consideri il dolore oggettificato nella densa onda nera che scaturisce dal pianto del protagonista del secondo racconto che, dall’alto verso il basso, si disperde in tutto lo spazio; in maniera efficace a quest’immagine si contrappone successivamente quella della nuvola bianca dell’insetticida che, dal basso verso l’alto, riempie similmente la tavola distruggendo ogni zanzara, come a ripulire tutto quel nero precedentemente diffuso e tutto il dolore dei protagonisti.
Alla potenza evocativa dei soggetti e soprattutto all’uso del colore è affidato quindi il maggiore peso comunicativo: ad esempio il rosso sanguigno che irruentemente “sporca” le tavole nel secondo racconto, dovuto ai persistenti morsi delle zanzare, definisce un’atmosfera perturbante, capace di angosciare il lettore ancor prima che egli scopra qual è l’evento drammatico che ha sconvolto la coppia.
La quasi totale assenza di linee fa sì poi che il colore riempia lo spazio in maniera libera, annullando il confine dei corpi che spesso paiono amalgamarsi allo sfondo in maniera naturale; d’altra parte non casualmente l’autore scrive nella sua postfazione che “guardando gli album fotografici di questi anni, ciò su cui lo sguardo si ferma è una parete screziata, porte e finestre arrugginite, fiori appassiti, capelli caduti“: è proprio questa la sensazione che Chen riesce a rievocare attraverso le sue tavole, quello di una parete screziata e vissuta, di cose morte che attraversate dall’ondata libera e contaminata dei colori riacquistano vitalità e potenza comunicativa. In questo contesto narrativo, le poche parole e i pochi dialoghi spiccano per la loro essenzialità e sembrano esserci solo quando effettivamente inevitabili: come la lettera nell’ultimo racconto o la decisiva ed intensa battuta che la donna rivolge al suo compagno nel secondo racconto («Mi stai sempre accanto in questa educazione alla perdita») o infine come lo scambio tra padre e figlio che chiude teneramente il primo racconto.
L’autore desidera quindi raccontare tutto ciò che accade al di sotto della superficie delle nostre quotidianità, in quel confuso groviglio emotivo che non sempre la ragione riesce a sbrogliare. Sulle pagine si riversa il movimento interiore che silenziosamente ci agita nella dimensione emotiva della perdita e nelle tavole di Chen ciò si traduce anche in grandi tavole paesaggistiche in cui i protagonisti sembrano riflettersi e perdersi. La vastità dei cieli e dei fiumi che i personaggi si ritrovano ad osservare sembra inglobare il loro dolore, come ad avvolgere la loro esperienza privata e introspettiva in una dimensione globale: se da un lato risulta spaesante, dall’altro lato tale profonda identificazione tra l’interiorità travagliata dei personaggi e la dimensione naturale che li circonda ha un effetto quasi consolatorio.
Il graphic novel di Animo Chen sembra quasi rievocare i versi di uno dei brani più significativi di Brian Eno, citato all’inizio di questa recensione: i suoi personaggi ci appaiono così, fermi di fronte al fiume, sotto un cielo troppo grande che sembra lentamente investirli, immersi nello stesso destino di attesa, inconsapevoli di cosa ci sia sull’altra sponda, al di là della perdita.
E se il confine sembra invalicabile e alcune distanze semplicemente incolmabili, quel che è certo è che non si è mai soli su questo lato del fiume poiché a un’unica indistinguibile melodia appartengono le nostre private elegie e l’opera di Chen ci ricorda che anche quelle più silenziose e discrete partecipano al canto.
Abbiamo parlato di:
Una breve elegia
Animo Chen
Traduzione di Martina Caschera
Add editore
312 pagine, brossurato, colori – 28,00 €
IBSN: 9788867834426
P. Fresnault-Durelle, Il linguaggio dei fumetti, Sellerio, Palermo, 1977, p.61. ↩