Ed Gein è stata una di quelle ferite che hanno attraversato e colpito l’immaginario collettivo americano con violenza, tracimando poi nella cultura popolare in diversi modi. Basti pensare a tre film completamente diversi tra loro, che a loro volta hanno tracciato solchi fondanti in tre diverse identità cinematografiche, che si sono ispirati alle sue vicende: Psycho di Alfred Hitchcock – che arriva dal romanzo omonimo di Robert Block -, Non aprite quella porta (The Texas Chainsaw Massacre) di Tobe Hooper e Il Silenzio degli Innocenti di Jonathan Demme – che, a sua volta, deriva da un libro di Thomas Harris .
Tra gli aspetti che più hanno sconvolto l’opinione pubblica oltre il disgusto e l’orrore, c’è sicuramente qualcosa che in qualche modo viene evocato dal titolo scelto per questo resoconto in formato graphic novel: Hai sentito che ha fatto Eddie Gein?. Parliamo della sorpresa dello scoprire che il male e l’orrore si nascondono in bella vista, dietro la porta accanto e dietro il volto di una creatura che appare mite e gentile (un disturbante genitore del “salutava sempre”), lì, in quel bucolico e ottimistico mondo rappresentato da un piccolo paese rurale dell’America degli anni ‘50.
Lo scrittore Harold Schechter, specializzato in true crime story, mette insieme un resoconto e una ricostruzione estremamente dettagliata, pennellata da una cornice narrativa che esplora soprattutto l’emotività del nostro protagonista, senza alcuna forma giudicante e sensazionalistica e scrivendo un’ipnotica docufiction su carta. Fondamentalmente il racconto si dipana in due momenti definiti.
I primi capitoli ci mostrano l’infanzia e la famiglia di Edward Theodore Gein, ovviamente raccontandoci soprattutto di sua madre Augusta e del morboso amore che il bambino sviluppa per questa figura autoritaria, bigotta e anaffettiva, mostrandoci di contro un ragazzino che ha un’evidente emotività disfunzionale. Una volta che il racconto raggiunge il momento della morte di Augusta, la narrazione compie un salto di alcuni anni e ci ritroviamo a seguire, nei restanti capitoli, la vita di Ed adulto a partire dai giorni in cui la polizia inizia a indagare su di lui e finisce per scoprire cosa nasconde in casa – ovvero la ricca collezione di trofei realizzati con parti anatomiche umane, pelli conciate per farne suppellettili e costumi da donna -, il conseguente arresto e i processi che seguirono fino alla sua morte, a 77 anni, in un manicomio criminale.
Il resoconto di Schecter, oltre a sfruttare meccanismi narrativi per portare avanti la storia, si prende qualche piccola libertà come creare due giornalisti di finzione per rappresentare in qualche modo l’intervento della stampa sul caso. Il fatto che ogni capitolo si apra con una prima pagina di un giornale ci lascia intuire quanto il ruolo della stampa sia tutt’altro che accessorio alla vicenda. Per tutto il libro l’autore inserisce elementi che contestualizzano il mondo, il periodo storico e la mentalità in cui vive e hanno vissuto Gein e la sua storia, e momenti in cui racconta qualcosa di quello che Ed Gein ha significato per la cultura pop.
Sono un esempio i momenti in cui vengono rappresentate carrellate di pubblicità di prodotti d’epoca, o quando si mostra un estratto di un’intervista ad Alfred Hitchcock, o ancora quando si racconta di come Bloch abbia scritto Psycho.
Il risultato è qualcosa che ci mette davanti a una serie di fatti che, ricordiamo, hanno un discreto numero di irrisolti – ci sono solo due omicidi conclamati, mentre non sappiamo se e quante altre persone abbia davvero ucciso Gein, o se si sia limitato a soli atti di profanazione tombe e necrofilia – senza piegarsi a un giudizio o spingere il lettore sul binario di un’interpretazione univoca e preconfezionata.
A margine, in coda alle pagine del fumetto, l’autore spiega le sue scelte e segnala dettagliatamente tutti i punti in cui è intervenuto fuori dalla realtà: parliamo davvero di pochi elementi. E ancora seguono un’intervista al dottor George Arndt, psichiatra che ha studiato il caso di Gein, e a Irene Hill, una vicina dei Gein, ulteriori elementi che consolidano e confermano la volontà di costruire con questo libro un quadro di fatti e non una loro possibile chiave interpretativa.
Per trasformare in immagini questo lavoro è stato scelto il disegnatore Eric Powell, famoso per la sua serie The Goon, per Avatar Press prima e Dark Horse poi e pubblicata in Italia sempre da Panini Comics, e, soprattutto, per la particolarità del suo tratto grottesco e dal gusto vintage che sembra quasi farne una crasi tra Mike Mignola e Richard Corben.
In questa graphic novel, Powell (che partecipa anche alla fase di sceneggiatura), seppure mantenendo altissima la riconoscibilità del suo tratto, allenta un poco le caratteristiche grottesche a fronte di una maggiore somiglianza ai soggetti umani ritratti anche se, com’è facile intuire, la storia presenta numerosi elementi che offrono al disegnatore un ampio spazio di manovra per dare fondo al suo naturale gusto del macabro. Come dicevamo, c’è una grande attenzione e desiderio di far emergere la componente umana del racconto e delle vicende e questo si traduce anche nelle immagini che mostrano e inducono nella recitazione dei volti e nell’espressioni di ampie gamme emotive, o a volte nelle disturbanti assenze di espressioni empatiche – come nel caso di Eddie – ma anche di rappresentarla nei suoi dettagli più fisici, indugiando sui solchi, le rughe, le difformità e i difetti fisici, con un realismo anatomico che arriva perfino a mostrare i dettagli peggiori delle azioni di Gein. Difficilmente viene mostrata la scena efferata o si indugia nello splatter, ma le conseguenze, le maschere di pelle e i resti umani sono invece messi in scena con un rigore clinico e documentarista.
Inoltre, seppur in poche tavole, la scelta è di non farne cifra stilistica ma renderle così, nella rarefazione, ancor più dirompenti e stranianti. La scena si sposta verso una rappresentazione metaforica della percezione del mondo da parte di Ed, come quando ad esempio sovrappone la venerazione della madre e le azioni che lui ha compiuto alle ritualità di un culto antico, e il disegno si piega ad uno stile che richiama i fumetti dell’orrore della EC Comics – che per altro vengono citati, più o meno esplicitamente, diverse volte nel corso della storia.
Le tavole sono realizzare in scale di grigi, in un bianco e nero mai netto ed estremamente ricco di sfumature e volume, che costruisce un’atmosfera che combina un effetto retrò – riporta a certe pellicole in bianco e nero, come M il mostro di Düsseldorf o lo stesso Psycho – a una certa forma di angoscia di fondo. La gabbia è estremamente libera: nella maggior parte delle tavole non si va oltre le sei vignette, spesso meno, rettangolari, in composizioni molto variabili, a volte estremamente rigorose e regolari, altre affastellando strisce orizzontali o composizioni di vignette verticali. Non ci sono segni nero che ne delineino i bordi: la separazione tra una vignetta e l’altra è compito del bianco, netto e dal bordo spesso – fatto salvo per quella breve sequenza onirica che richiama i fumetti horror prima citati. Rare e ben selezionate alcune splash page e alcune vignette scontornate.
Hai sentito che ha fatto Eddie Gein? è un volume che sembra avere la volontà di suggerire quanto la natura del suo protagonista e quello che ha fatto facciano parte di un quadro complesso, dove ci sono sì alcuni punti fermi, ma anche diversi vuoti: forse, cercare a tutti i costi spiegazioni semplicistiche non è che un palliativo per convincerci di aver trovato dei confini e delle regole a simili orrori – e che quindi, come i racconti e i film dell’orrore ci hanno insegnato, se conosci le regole puoi salvarti – là dove i bordi netti fanno da confine soltanto a una storia piena di grigi.
Abbiamo parlato di:
Hai sentito che ha fatto Ed Gein?
Harold Schechter, Eric Powell
Traduzione Fabio Gamberini
Panini Comics, 2022
226 pagine, cartonato, bianco e nero – 22,00 €
ISBN: 9788828712367