Simone Tansini, musicista e scrittore, torna a scrivere di musica, portando i lettori in uno spazio narrativo nuovo e differente dai precedenti lavori; dopo i tre volumi in cui ha lavorato per parole e immagini, in sodalizio esclusivo con Nicola Genzianella su altrettanti classici della lirica italiana (Rigoletto, Madama Butterfly e Don Giovanni) questa volta affronta atmosfere scure e fumose sporcandosi le mani con le sonorità e le metriche lessicali e narrative del jazz.
In Smoky Tales, titolo che è promessa e premessa, l’autore piacentino abbandona le luci e le fastosità dei palchi dell’opera classica e si cala nelle caliginose atmosfere delle vicende che si svolgono nel Club, misterioso e onirico locale dove su un palco oscuro musicisti non meglio definiti suonano jazz mentre tutto attorno scorrono le vicende dei diversi personaggi che animano i racconti del volume.
Usando una formula parzialmente già sperimentata nell’ultimo lavoro dedicato al Don Giovanni di Mozart della sua “trilogia classica”, Tansini scrive un volume antologico di 8 brevi racconti (più introduzione e prologo) ognuno illustrato da un disegnatore differente; fanno da ponte, o legatura tra i racconti, aforismi sul tema di jazzisti di fama mondiale. I nomi della band alle matite sono quelli dell’inseparabile Genzianella a cui, come a un pianista jazz, è affidato il compito di illustrare le tracce narrative principali, affiancato dagli altri “strumentisti” Paolo Bisi, Helena Masellis, Giorgio Sommacal e Giovanni Freghieri. Illustrazioni in prevalenza in bianco e nero, perfettamente adatte all’atmosfera dei racconti e del Club con alcuni inserti di colore, come “colorate” sono alcune sonorità jazz basate sull’uso di assonanze e dissonanze apposite, proprio come nel lavoro congiunto di scrittore e illustratori.
Fuori dalla gabbia del fumetto, scrittura e disegno diventano libere di intrecciarsi al di là di schemi grafici predefiniti in un esperimento creativo che porta il lettore dentro a una jam session narrativa lunga 112 pagine dove i ritmi, le cadenze e le metriche si intrecciano, si sovrappongono, creano continuità ma anche discontinuità, pause e sincopi.
Il jazz è musica sporca e sporchi, graffiati e ombrosi sono i racconti che suonano nel volume.
Ineluttabilmente attratti dal Club (che risuona quasi come un epifenomeno del Bang Bang Bar di Twin Peaks) uno alla volta personaggi senza nome s’incontrano, muoiono, assumono contorni indefiniti, si ritrovano e portano a conclusione vicende iniziate al di fuori del locale, nella vita “normale”. Personaggi senza nome ma non senza identità o aspirazioni: così il lettore viene introdotto nel Club, dal “barista” del locale che apre il volume con un prologo in cui confessa un suo sogno, non piccolo, ovvero essere chiamato Ismaele.
E come l’altro Ismaele di melvilliana memoria, il suo sogno è quello di accogliere gli esuli della vita quotidiana e navigare e far navigare i clienti dentro al suo locale come la ciurma di una nave, poco importa se baleniera o meno, ognuno alla ricerca o in fuga più o meno consapevole dal proprio Leviathan.
Dopo l’incontro con il barista “Ismaele” abbiamo il racconto intitolato quasi idiosincraticamente “Non chiedermi chi sono”, come in un ironico gioco di specchi che posti uno di fronte all’altro non riflettono però la stessa immagine; incontriamo poi la Bambola, una ragazza alle prese con un’identità (e un nome, in un certo senso) di cui vuole liberarsi anche a rischio di perdersi fuori da quella che per lei è una gabbia ormai troppo stretta.
La partitura narrativa però mette in musica sia le vicende di chi sta giù dal palco sia di chi ci sta sopra e suona; la musica è come la vita, sembra dirci l’autore, e nel suo senso più ampio comprende anche il suo opposto, la fine. Senza mai chiamarla per ciò che è, incontriamo così una Donna Bellissima e Letale, che “accompagna” al fine vita alcuni personaggi, come al termine di uno spartito o di un’improvvisazione, quando l’ultima nota resta sospesa per qualche secondo nell’aria per poi sparire.
Tansini come sempre non si limita a raccontare ma ama giocare con le parole, con la letteratura e i riferimenti, e nel racconto Scritto sulla pelle il protagonista è un Dorian Gray prigioniero di un’immagine di sè asettica che vorrebbe fermare il tempo in un’eterna perfezione, ma che si troverà invece a confrontarsi con l’Eternità della Musica e della Vita nelle sembianze di una anziana cantante jazz.
Simone Tansini, ormai consapevole e maturo dei propri mezzi, dopo i lavori precedenti che comprendono anche il gioco di ruolo Sipario, ha dichiaratamente voluto sperimentare e improvvisare in questo lavoro: le parole e le strutture dei racconti si mescolano alle illustrazioni dei diversi autori creando una spartitura narrativa fatta, simmetricamente a quelle musicali, di pause, ritmiche e metriche che si mescolano e scivolano via in modo naturale.
Chiude la serata un piccolo colpo di scena nell’ultimo racconto, che inevitabilmente porterà il lettore a rivedere e quasi a riascoltare retrospettivamente i racconti precedenti sotto una luce differente, fino quasi a sorridere di se stesso perchè, con il senno del poi, ci si accorge che l’autore aveva seminato piccolissimi indizi gia’ in apertura del volume.
Ma giunti a quel punto è ormai tardi, è Closing Time come canterebbe Tom Waits, lo spettacolo jazz e la lettura sono finiti, si riaccendono le luci e il Club si prepara a chiudere per riaprire più tardi in serata.
Abbiamo parlato di:
Smoky Tales
Simone Tansini, Nicola Genzianella, Paolo Bisi, Helena Masellis, Giorgio Sommacal, Giovanni Freghieri
40GB Editore, 2022
112 pagine, cartonato, b/n e colori -17,00 €
EAN: 9788894384956