“Kaiju” è un termine ormai sdoganato anche presso i non appassionati grazie al film Pacific Rim di Guillermo del Toro. Si tratta dei mostri giganti della cinematografia Giapponese, figli dello spettro dell’era atomica, il cui capostipite sta di nuovo tentando di fare capolino oltre l’arcipelago del Sol Levante in diverse forme.
Dopo una pessima reinterpretazione dalle influenze Jurassicparkiane, diversi fumetti e persino una serie animata, Godzilla è tornato ad essere protagonista di produzioni cinematografiche americane, con un dittico che pare sfocerà in un terzo capitolo in crossover con il nuovo King Kong, una trilogia di film animati, prodotti in Giappone ma distribuiti in tutto il mondo sulla piattaforma in streaming Netflix, e nuovi fumetti.
L’americana IDW, specializzata nella creazione di fumetti nati da diversi franchise, ha stabilito qualche anno fa un accordo diretto con la Toho, casa di produzione delle pellicole originali, per realizzare fumetti non solo sulla lucertola gigante più famosa del mondo, ma anche su tutto il pantheon di mostri che appaiono nei loro film, protagonisti, antagonisti o meno.
Tra i vari differenti prodotti realizzati, James Stokoe, autore canadese di cui abbiamo letto qualche incursione nel franchise di Alien, ha dato vita a La guerra dei 50 anni, una miniserie che reinterpreta l’intera storia della lucertola nucleare in una versione alternativa ed estremamente coerente.
La storia cinematografica di Gojira (questo il suo nome giapponese), ha diverse identità. Inizia con il film omonimo del 1954, in bianco e nero e diretto da Ishirō Honda, che realizza un vero e proprio disaster movie, per un pubblico adulto. Il film vede una versione alternativa americana con l’aggiunta di un personaggio ex novo e di alcuni tagli e modifiche, una pratica che gli Stati Uniti applicheranno a molti prodotti nipponici nel corso degli anni, animati o live action, trasformandone spesso completamente le trame (come ad esempio è successo con il franchise Super Sentai/ Power Rangers).
Il successo di questo primo film spinge la Toho a realizzare diversi seguiti. Siamo in quella che viene definita l’Era Showa (dall’omonimo periodo storico corrispondente) di Godzilla: 15 film in cui progressivamente i produttori si rendono conto che la maggior parte del suo pubblico è composto da bambini, agendo di conseguenza e dando vita ad un Godzilla sempre più gigioneggiante e veri e propri scontri di catch fra mostri.
Dall’84 al ‘95 entriamo nell’era Heisei, con 7 pellicole dalla continuity molto forte, che torna a temi adulti e che si propone come seguito diretto della prima pellicola del 1954, ignorando le derive bambinesche di tutto il periodo Showa.
Tra il 1999 e il 2004 c’è l’era Millennium, che in un tripudio di effetti speciali distribuisce 7 film in forma autonoma, ognuno pensato di nuovo come diretto seguito dell’originale del 1954, mentre negli ultimi anni siamo entrati nell’era Reiwa, che comprende il reboot ad opera di Hideaki Anno, Shin Godzilla, e la trilogia animata citata prima.
Tutto questo presenta materiali estremamente eterogenei, ricchi di incongruenze narrative e di diverse versioni, a cui si aggiungono le versioni statunitensi. Quello che realizza Stokoe è un arco narrativo univoco e coerente, che pesca da tutte le varianti e racconta un periodo di 50 anni e ripende l’anima e le intenzioni originali con cui il lucertolone spara radiazioni nacque in origine.
L’autore fa una selezione di mostri, di personaggi, di idee, di situazioni e di armi e le cuce insieme a geografie e momenti storici (come la guerra del Vietnam), e a un personaggio creato ad hoc, che rappresenta il trait d’union della storia, certo, ma anche la chiave di volta per restituire a Godzilla il ruolo che gli compete di diritto: quello di personificazione di calamità naturale. Godzilla, infatti, non è un semplice mostro, ma è l’incarnazione della natura arrabbiata e sconvolta dal nucleare. Irragionevole, devastante e violenta come un tifone o un terremoto, ma non per questa per forza nemica dell’uomo, solo con ragioni spesso oltre la sua comprensione.
Il punto di vista di tutto il racconto è quello di Ota Murakami, soldato giapponese che, dopo essersi trovato davanti il Re dei Mostri alla sua prima apparizione ed essere sopravvissuto, diventa membro dell’A.M.F. (Anti Megalosaurus Force), unità il cui scopo è quello di eliminare o contenere queste gigantesche creature che continuano a fare la loro comparsa, anche per colpa di uno scienziato traditore.
Nel corso di quasi cinquant’anni, Ota incontra diverse volte Godzilla, che diventa in qualche modo una sua ossessione. Ossessione che affronta con una dedizione, abnegazione, uno stoicismo e spirito di sacrificio estremi, quasi una sorta di moderno samurai. Il racconto assume tratti quasi documentaristici, lasciando su un piano secondario le vicende umane, nonostante sia attraverso il loro punto di vista che seguiamo la narrazione. Ancora, anche qui è la natura di “cataclisma” che è Godzilla il punto chiave, forse a discapito di un coinvolgimento emotivo più importante.
Il tratto di Stokoe è estremamente ricco e dettagliato, e inanella pagine estremamente piene e realistiche (non agli stessi livelli, ma siamo nella direzione maniacale di Geoff Darrow) che contribuiscono non solo a dare grande impatto a tutto il lavoro, soprattutto nelle scene d’azione, ma anche a controbilanciare con un deciso realismo la presenza dei Kaiju. Anche l’estetica dei vari mostri che appaiono nella storia, da Mothra a King Ghidora, da Ebira a Kumonga è, come tutta la storia, un lavoro che mette insieme selezione e interpretazione. Stokoe ha compiuto le sue scelte tra le varie versioni in cui appaiono i mostri nelle varie ere dei Godzilla cinematografici, a volte facendone delle crasi e mettendoci infine il suo tocco.
Il risultato riesce a essere allo stesso tempo estremamente rispettoso e personale, ma soprattutto estremamente soddisfacente per qualsiasi fan, sia dei personaggi che di storie di mostri e robot.
E questa idea di “rispetto” delle storie originali si conferma non solo nell’enorme quantità di ovvie citazioni e strizzate d’occhio ai film a cui si è ispirato, ma anche nell’estetica nipponica che permea i disegni. Persino i volti degli essere umani hanno tratti che si accostano ad un stile quasi manga, ricordando in diversi momenti personaggi di Katsuhiro Otomo. Peccato che la cura e l’attenzione dedicati a mostri e ambientazioni non sia la stessa dedicata agli esseri umani, su cui il realismo cede un poco, con diverse incertezze sulle anatomie.
Le scelte dell’autore sono oggetto di un approfondimento, dello stesso Stokoe, che accompagna l’edizione in volume in appendice insieme a tutte le cover e le variant della miniserie, molto ben curato graficamente e fedele all’omologa edizione americana.
Godzilla La guerra dei 50 anni è un’opera alternativa, ma finora si tratta di uno dei lavori tra i più rispettosi e gli omaggi più sentiti a un personaggio che ha vissuto molte vite e ha appassionato pubblici diversi, Godzilla. Ma è anche un fumetto godibile, che non si limita al gioco degli omaggi e dei rimandi, ma costruisce una storia che al termine spiace di aver concluso, soprattutto sapendo che non avrà un seguito.
Abbiamo parlato di:
Godzilla – La Guerra dei 50 anni
James Stokoe
Traduzione Andrea Toscani
saldaPress, 2020
136 pagine, cartonato, colori – 24,90 €
ISBN: 9788869197215