Un brutto weekend: quando la convention si tinge di noir

Un brutto weekend: quando la convention si tinge di noir

Nel nuovo capitolo di Criminal, Ed Brubaker e Sean Phillips raccontano la faccia oscura dell’industria dei fumetti USA.

CoverPubblicato inzialmente nei numeri 2 e 3 della quinta serie di Criminal, e successivamente raccolto in una nuova edizione con l’aggiunta di alcune pagine, Un brutto weekend (Bad Weekend in originale) ha per protagonisti Hal Crane, leggendario quanto scorbutico autore di comic book e Jacob Kurtz, già visto in Criminal: Una brutta nottata. A Kurtz, che è stato assistente di Crane, viene richiesto di accompagnare (o più correttamente sorvegliare) il vecchio maestro durante una convention dedicata ai fumetti.

Non è la prima volta che la serie di Ed Brubaker e Sean Phillips incrocia il mondo del fumetto: oltre al già citato Una brutta nottata, era già successo in Nel momento e nel posto sbagliato, in cui il protagonista TeegLawless si trova a vivere un’esperienza simile a quella raccontata nel fumetto che sta leggendo, Zangar, opera appunto di HalCrane.
Tutto questo dimostra come Criminal sia un progetto caratterizzato da una struttura molto articolata e fortemente coerente, un vero e proprio mondo fatto di vicende che si intrecciano e protagonisti che più o meno consapevolmente si incrociano nel corso degli anni. Il valore aggiunto sta nella capacità di Brubaker di raccontare ciascuna di queste storie con la stessa freschezza e lo stesso pathos delle prime, riuscendo a muoversi con disinvoltura attraverso gli anni, andando a pescare personaggi già apparsi per approfondirne la psicologia attraverso il racconto di episodi che li vedono protagonisti, il tutto con grande naturalezza e facilità.
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È questo il caso di Jacob Kurtz, che avevamo lasciato nei panni di un tormentato autore di fumetti e che qui ritroviamo in veste di co-protagonista e voce narrante della storia. È infatti attraverso i racconti e i pensieri di Jacob che conosciamo Hal Crane, talentuoso fumettista dal carattere piuttosto difficile e indurito da una vita dedicata a un lavoro che gli ha lasciato una discreta fama (di cui non sa cosa farsene) e pochi soldi (di cui invece avrebbe bisogno).
Crane è un personaggio tanto stimato quanto discusso: è un attaccabrighe che – si vocifera – avesse l’abitudine di far sparire tavole originali dagli uffici degli editori, e che non disdegna di autenticare con la propria firma dei falsi. L’evento che però contribuisce maggiormente ad alimentarne la fama è il fatto che fosse in auto assieme ad Archie Lewis, celebre autore di Star King, la notte in cui l’auto guidata da Archie finì contro un muro, uccidendolo.

Il fascino principale di una serie come Criminal sta indubbiamente nell’avere una fisionomia ormai definita e specifica. Il team di autori lavora con una scioltezza che fortunatamente non scade nell’autocompiacemento o nella riproposizione annoiata e noiosa di una formula consolidata e premiata dalle vendite. Il lettore sa già quali saranno le atmosfere, come parleranno i personaggi e che le cose andranno a finire male. Che i personaggi femminili, quando presenti, portano guai; che anche il miglior piano può essere rovinato da un piccolo imprevisto; che il disastro è dietro l’angolo ma allo stesso è impossibile fermarsi e non guardare oltre quell’angolo.

Eppure la magia funziona quasi sempre e di sicuro funziona in queste 72 pagine nelle quali i due autori riescono a dare corpo e spessore ai propri personaggi, manipolando cliché con grande mestiere. Brubaker è un maestro a gestire un topos classico del noir, quella voce narrante che accompagna il lettore nella vicenda e ne guadagna la fiducia. Alle volte lo seduce, altre lo inganna, ma riesce sempre a far sì che in poche pagine tutto sembri credibile. Il narratore onniscente è il mezzo attraverso cui lo scrittore genera suspance, anticipando fatti che devono ancora accadere oppure “raddoppia” il materiale narrativo, riuscendo in una sola pagina a portare avanti due narrazioni, quella propria delle didascalie e quella che si snoda attraverso le vignette e i dialoghi presenti in esse.

Brubaker sfrutta questi strumenti con esperienza, supportato dai disegni di Phillips il cui tratto negli anni si è fatto meno tagliente, spostandosi verso una linea più morbida e meno nervosa e graffiata. Un’evoluzione che si nota soprattutto nella resa dei primi piani, decisamente meno convincenti rispetto a quelli tratteggiati nei lavori di qualche anno fa. Ma si tratta di dettagli che, seppur importanti, non risultano decisivi in una narrazione dal ritmo pressoché perfetto, sorretta da una scelta delle inquadrature sempre azzeccata e dall’ormai caratteristico uso del chiaroscuro dal sapore fortemente cinematografico.

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Un brutto weekend è anche un cinico resoconto sull’ambiente del fumetto USA: Brubaker ha dichiarato di non essersi ispirato a nessun autore in particolare per il personaggio di Hal Crane, sostenendo però che sono molti, se non la maggioranza, gli autori di fumetti che negli anni l’industria ha sfruttato senza corrispondere loro un adeguato riconoscimento anche economico. Nella storia vengono citati numerosi autori di fumetti reali come Stan Lee, Al Williamson, Wally Wood e compare Will Eisner. L’incidente in cui perde la vita Archie Lewis è un chiaro riferimento a quello in cui, nel 1956, morì a 47 anni Alex Raymond. La convention è teatro di alcuni episodi particolarmente divertenti (e feroci) che non vogliamo svelare ma che, probabilmente, riflettono l’esperienza e l’opinione degli autori.

Un brutto weekend è l’ennesimo ottimo capitolo di una serie che negli anni ha regalato storie di genere di altissima qualità, e che convince anche quando abbandona i luoghi abituali del noir e fa scarso ricorso alle pistole. Una testimonianza di grande vitalità creativa per la quale gli estimatori del noir a fumetti non possono che gioire.

Abbiamo parlato di:
Un brutto weekend
Ed Brubaker, Sean Phillips
Traduzione di Andrea Toscani
Panini Comics, 2021
72 pagine, cartonato, colori – 13,00 €
EAN: 9788828701682

 

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