Umbrella Academy: i supereroi secondo Gerard Way

Umbrella Academy: i supereroi secondo Gerard Way

Umbrella Academy: una famiglia disfunzionale, assurde minacce a suon di musica, dramma e battute sagaci nel segno della grande narrazione supereroistica.

Nel 2007 ero al terzo anno di liceo, un periodo non tra i più memorabili della mia vita, fatto soprattutto di vita in casa e uno studio matto e disperatissimo, per dirla con le parole di chi ha studiato ben più di me. In quegli anni la mia televisione era spesso accesa, e i canali più guardati erano Italia Uno (per via dei cartoni animati) e, soprattutto, MTV, che all’epoca stava sparando gli ultimi fuochi artificiali per poi spegnersi definitivamente in uno fiorire di reality shows da quattro soldi e programmi di musica relegati al palinsesto notturno.

MTV forniva una serie ininterrotta di hits e tormentoni, e tra il 2006 e il 2007, in mezzo a pezzi di System of a Down, Foo Fighters, Christina Aguilera e Nelly Furtado, una delle band sulla cresta dell’onda erano i My Chemical Romance.
Non ricordo esattamente il numero di passaggi esatti, ma i video musicali di  Welcome To The Black Parade e soprattutto di Teenagers andavano in onda dalle quattro alle sette volte al giorno, con mio sommo fastidio.

Sì, perché all’epoca i gruppi sociali erano ben definiti dai gusti musicali, ed io ero in quello dei metallari (anche se all’acqua di rose, a dire il vero) e quindi dovevo, per mantenere una identità culturale ben precisa e granitica, osteggiare tutto ciò che fosse pop-punk, o peggio ancora, emo.

E quindi i My Chemical Romance e soprattutto Gerard Way, sommo sacerdote di questa corrente, con la sua voce acuta e sofferente al tempo stesso, con la sua teatralità esasperata e il suo look gotico, era il bersaglio preferito di battute poco lusinghiere, nonostante i video piuttosto fighi e ben girati (il videoclip di The Black Parade è frutto del lavoro di Samuel Bayer, regista di Smell Like Teen Spirits). Il preambolo per arrivare al fatto che pochi anni dopo, addentrandomi sempre di più nel mondo dei fumetti, ho scoperto che il suddetto Way non era solo un cantante ma anche un autore di fumetti. Aveva addirittura vinto un Eisner Award.

Ma questo non mi bastò a perdonargli quello che alle mie orecchie (o meglio, al ricordo che le mie orecchie avevano) era un peccato irremissibile. Arriviamo al 2017, dieci anni dopo quel primo, diffidente e brusco incontro. La DC Comics annuncia la linea Young Animals, una serie di fumetti slegati dall’operazione Rebirth, maggiormente sperimentale. Curatore della collana proprio lui: Gerard Way. A causa della mancanza di tempo, non riesco a leggere nulla di ciò che scrive o coordina, ma leggo dappertutto che l’operazione è molto interessante, un successo.

D’accordo Gerard, hai avuto mia attenzione, ma visto che sono un completista, decido di approfittare della recente pubblicazione in Italia da parte dei tipi di Bao per iniziare con il tuo primo lavoro, il premiatissimo Umbrella Academy.
E subito mi accorgo che ti devo per le scuse. Non per i My Chemical Romance, che continuano a non piacermi, ma perché sei un gran bel fumettista e questo è un gran bel fumetto di supereroi.

Una superfamiglia con supercomplessi tra Mignola, Moore e estetica gotica

“Fu lo stesso anno in cui Tom “Zuffa” Gurney mise al tappeto il calamaro spaziale di Rigel x-9. Accadde alle 9:38 di sera… Cominciò tutto con una gomitata atomica volante.”

Questo l’incipit al fulmicotone di Umbrella Academy, un inizio rapido che espone in poche pagine, raccontate da un narratore onnisciente, i fatti necessari a comprendere la storia: nello stesso momento in cui la gomitata viene sferrata, 43 bambini speciali nascono in tutto il mondo. Il Monocolo, un misterioso inventore e imprenditore (nonché alieno), si mette subito alla loro ricerca, ma ne riesce a trovare e salvare solo sette. Per quale motivo li salva?

“Semplice, per salvare il mondo”.

Da qui, con due salti nel futuro, uno più breve (dieci anni dopo la nascita dei bambini) e uno più lungo (30 anni dopo, alla morte di Sir Hargreeves), Gerard Way lancia il lettore in una storia ricca di azione e idee grottesche fra cui una torre Eiffel assassina, un´orchestra sinfonica nichilista, viaggi nel tempo e animali parlanti.
Ne risulta un fumetto divertente e ben bilanciato, sorretto da una voce narrante persistente ma non invasiva, che anzi sorregge le vicende con un piglio ironico e brillante e un ritmo sostenuto e fluido.

L’amore di Way per il fumetto è palese, viste le miriadi di riferimenti al comicdom statunitense, a partire da Pogo per finire a La Lega degli Straordinari Gentlemen, passando per Superman e Hellboy. E proprio Moore e Mignola sono i riferimenti principali dello scrittore del New Jersey, che si ispira a loro in fatto di atmosfere e ingegno: l’incipit in particolare è mutuato proprio da Hellboy e dalla Lega, con un gusto particolare per l’ estetica gotica e sovrannaturale, in cui il supereroico si incontra con l’avventura crepuscolare ricca di elementi grotteschi e fantascientifici.

Ma Umbrella Academy non è solamente avventura a 100 all’ora: Way riesce a dosare i tempi, rallentando il ritmo per dedicarsi all’approfondimento dei personaggi e delle loro relazioni. Emergono personalità diverse e scontri che hanno la loro radice in una dinamica familiare difficile e complicata, in cui i peccati di un padre hanno allontanato i vari fratelli, condannandoli alla solitudine e al dolore.

Sebbene alcuni dei personaggi siano sviluppati meglio di altri (in particolare Voce, Space Boy e Kraken), le relazioni tra i fratelli emergono grazie a dialoghi emotivamente intensi ma sempre naturali e mai forzati, che creano una dinamica variegata e complessa.

Ovviamente la complessità è sacrificata in questo primo arco narrativo, che deve barcamenarsi tra presentazione di personaggi e del loro mondo, azione e introspezione. Alcuni passaggi risultano quindi necessariamente criptici, così alcune risoluzioni e interazioni un po’ abbozzate e frettolose, ma gli elementi messi in campo lasciano ben sperare per il proseguimento.

Oscurità, dramma e cartoon: l’arte di Gabriel Bà e James Jean

Le influenze che si percepiscono nella storia scritta da Way si ritrovano nei disegni espressivi di Gabriel Bà e nei colori plumbei di James Jean, che danno compattezza formale e contenutistica al fumetto.
Gabriel Bà, al suo esordio nel mercato statunitense con questo titolo, dimostra una grande capacità narrativa: sebbene la costruzione della tavola, nonostante alcune sovrapposizioni di vignette e tagli particolari, sia abbastanza classica e ordinata, l’artista imposta le inquadrature in maniera precisa e meticolosa, soffermandosi sui dettagli più importanti ed essenziali che vengono esaltati soprattutto nelle scene più introspettive ed intense.

Sguardi e gestualità ricevono tutta l’attenzione dell’artista, che dimostra una buona capacità compositiva anche nelle scene più dinamiche, sebbene i dettagli e gli sfondi vengano a volte un po’ sacrificati nelle scene più affollate e ci siano ogni tanto dei problemi di fluidità nel racconto delle battaglie. Lo stile di Bà è comunque espressivo, grazie ad un tratto denso e corposo che gioca con i chiaroscuri e le linee spezzate per definire i volti e i corpi dei personaggi: si percepisce la grande influenza di Mignola e O’Neill, abilmente miscelata con un particolare gusto per il cartoonesco e l’esagerazione anatomica tipica degli artisti sudamericani che negli anni ’90 e 2000 hanno collaborato con il mercato statunitense.

Ad esaltare queste caratteristiche ci pensa la tavolozza di James Jean, che sceglie un registro opaco, con molti toni tendenti al grigio, al bianco pallido, al nero per conferire quell’estetica gotica tipica dello stile di Way, in cui si vanno ad inserire colori accesi che riconnettono la vicenda alla base fondamentalmente supereroica del fumetto.

Ci é riuscito, Mr. Way

Esatto, caro Gerard: la tua opera prima a fumetti mi ha piacevolmente colpito, un racconto di supereroi di ispirazione classica ma declinato in maniera moderna, brillante e pieno di sorprese, di omaggi e ispirazioni ai grandi del passato, ampiamente metabolizzato e abilmente reinterpretato. Quindi aspetto con curiosità il prossimo volume per vedere lo sviluppo di queste idee e la conclusione di questa saga, che ancora non hai portato a termine ma sulla quale stai lavorando.
E nel frattempo posso confessarti che sì, Teenagers la fischiettavo anche io. E la fischietto ogni tanto anche adesso.

Abbiamo parlato di:
Umbrella Academy vol. 1: La Suite dell’Apocalisse
Gerard Way, Gabriel Bà, James Jean
Traduzione di Leonardo Favia
Bao Publishing – settembre 2017
184 pag., cartonato, a colori – 20,00 €
ISBN: 978-88-6543-915-9

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