“Trama” di Ratigher: quanto pesa una testa mozzata?

“Trama” di Ratigher: quanto pesa una testa mozzata?

"Trama" di Ratigher è un libro che si è conficcato tra i fumetti italiani del 2011. In occasione della ristampa, riproponiamo un'analisi di Massimo Galletti.

C’è un prima e un dopo. In ogni narrazione, in ogni sequenza. In mezzo c’è una trama.

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Copertina edizione Grrrzetic (2011)

C’è un disegno in copertina, ha un prima e un dopo, in mezzo ci sta un forcone a dividere il prima e il dopo della testa del sottotitolo, il prima e il dopo di una testa mozzata.
C’è un libro che si è piantato, conficcato, dentro il tessuto di avvenimenti a fumetti italiani dell’ultimo anno, con una tale incisività acuta, appariscente e disturbante, che se non lo si considera e non ce ne si fa un’opinione, ci si sente disonesti; se non se ne parla, in qualsiasi modo sia ma sinceramente, si è lasciato un buco pusillanime e che pesa (il peso di una testa mozzata!).
C’è un autore che ora, dopo le top ten quando non addirittura i top one tra i libri dell’anno, dopo le dichiarazioni d’amore dai più letti e stimati critici art e critici pop, dopo le mostre personali ai festival, non è più solo un cult per pochi, è uno che non è più evitabile, ci devi fare i conti, ti piaccia o non ti piaccia: Ratigher.
C’è un prima e un dopo. In mezzo c’è Trama – il peso di una testa mozzata (prima edizione 2011 da Edizioni GRRRzetic, nuova edizione targata saldaPress), io provo a scriverne le mie sincerità un anno e un’estate dopo, quando una nuova stagione (anche di fumetti ma non solo) si appresta ad avere i suoi nuovi protagonisti, e a emettere i suoi nuovi verdetti.

C’è il prima e il dopo dei due protagonisti. In mezzo c’è la trama.

Edizione saldaPress, 2015
Edizione saldaPress, 2015

I protagonisti sono Giulio e Lavinia. Sono cugini. Lei è reduce da vacanze in Sicilia. Devono andare a una festa. A una festa esclusiva, dove si capisce gireranno droga, sesso, alcool. A una festa di ricchi. Sono su un promontorio, sereni nella natura, parlano intimi e sboccati, probabilmente ricchi pure loro, viziati e arroganti, un po’ “fatti” a prescindere dalle sostanze. Sono dentro a una pausa da quello che è il loro mondo, stanno per raggiungerlo di nuovo; non sanno che quelle quattro pagine sono solo il prima, non sanno che l’autore li ha scelti come cavie a cui spalancare occhi e terrore, che quello è il promontorio della paura.

Il basso mostro deforme sale dal promontorio, è armato di un volgarissimo poverissimo forcone, sì, proprio quello che nella copertina divide la testa dal corpo della giovane donna, il prima dal dopo. Col forcone li minaccia, sa della festa, ci vuole andare anche lui alla festa, dei ricchi. Non accetta scambi, non cerca denaro, lui è deforme, fa schifo, e proprio per quello ci vuole andare anche lui a quella festa dei ricchi. Li mette davanti alla sua realtà e al suo odio, se lo vogliono capire. Li fa drogare con ciò che hanno in tasca per metterli davanti a come loro normalmente vivono, se si vogliono vedere.

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Loro sono le vittime ma noi leggiamo e pensiamo che un bel po’ se lo meritano.

Lui è il cattivo ma ci sta più simpatico. Forse vedersi e capire è la loro impossibile ultima possibilità.
Ma “forse”. È “impossibile”.

Perché intuiamo che tutto lì è già sbagliato e irrimediabile, che qualunque sia l’uscita della trama appena iniziata lo sbocco sarà amaro e inevitabile. Giulio e Lavinia riescono a fuggire, sono ancora lontani dal capire che quello è il tunnel senza ritorno di un’espiazione impossibile. Fuggono, ma dalla padella alla brace. Un camionista li carica e finge di aiutarli, in verità li abbandona e con una gang di altri camionisti organizza una caccia all’uomo con le intenzioni più truci nei loro confronti.

In mezzo ci sta ancora il passaggio dalla strana casa di libri di un anziano intellettuale solitario, poi la fuga inseguiti sempre dai camionisti giustizieri, un’inaspettata scena di sesso tra i due cugini proprio nel bel mezzo della fuga, i camionisti che urlano ai due cosa gli faranno dopo averli presi, una grotta e nella grotta ancora il nano deforme col forcone, il mostro del promontorio, lo “spirito della vendetta che ti mette davanti alle tue colpe e le sue parole sono lame forgiate nelle fornaci della verità e del giudizio”.
Li interroga e li accusa, dei loro privilegi e delle loro belle vite, fino a farsi dare del mostro dalla loro sincerità arrogante e a lasciare la scena intonando un lamento sui pezzi di corpi rimasti sul campo di battaglia; un lamento su quanto serva sentire il peso, afferrandola per i capelli, di una testa recisa, perché non basta guardare per capire il peso, di ciò che si fa e che si è e delle sue conseguenze.

E poi li abbandona, segnalando ai camionisti dove trovarli, li abbandona consapevolmente nelle mani della loro follia sadica.
Il libro finisce coi loro corpi torturati, sanguinanti, incisi, bucati, oltraggiati in ogni come e in ogni dove, che salgono martoriati dal solito promontorio, ma stavolta si trovano davanti immediatamente la villa della festa, che era il loro mondo prima di questo incubo, e stavolta il forcone è nelle mani di Giulio che parte all’assalto, carico d’odio lui stavolta per i suoi pari.

Ma forse qua già siamo dopo la trama, perché siamo già a ciò in cui Giulio e Lavinia si sono trasformati a causa della trama, e sappiamo, grazie a una tavola molto dopo la fine incastonata nella storia grazie a un trucco narrativo, che dall’assalto alla villa l’odio di Giulio tornerà essendosi sporcato le mani fino a dove è necessario per capire il peso, conoscendo il peso, di una testa mozzata.

Ho provato a raccontarla, altrimenti era difficile capirsi, ma se non l’avete già letta vi assicuro che non vi ho rovinato niente. La prima lettura di Trama vi risulterà comunque tutt’altro: una corsa ansiogena insieme ai protagonisti a finire il libro e a liberarsi dall’ambiente malato e intriso d’odio in cui anche voi lettori siete finiti.
E questa prima, veloce lettura, vi serve innanzitutto per riconoscere il pieno talento di Ratigher nel rapirvi e portarvi via, al suo ritmo, dentro l’azione. Da questo punto di vista la sceneggiatura è perfetta (sarebbe).

Qualsiasi cosa ne pensiate di tutto il resto, siete obbligati a dire che Trama è, almeno dal punto di vista di azione, coinvolgimento, presa sul lettore, almeno se lo si legge soltanto come un disturbato/disturbante horror comics, almeno tecnicamente, sicuramente un ottimo fumetto, riuscito, incisivo, che non si fa dimenticare. E questo è il primo grado di giudizio.

L’appello lo esige però lo stesso autore, che è consapevole di aver costruito un plot che leggerete veloci. Così decide che lo dovrete rileggere comunque e per questo si inventa il trucco narrativo. Ogni decina di pagine, ce ne infila una che è dieci pagine circa più avanti, quando il racconto ha già cambiato fase e quel che state leggendo è del tutto superato.

Una pagina retinata in negativo e con i dialoghi monchi di molte lettere, illeggibili: flash incompleti dal futuro.

Dieci pagine più avanti la rileggerete corretta e inserita nel giusto contesto. Ma vi verrà spontaneo alla fine del libro andarvi a rileggere queste tavole, tentando di capire perché l’autore le abbia scelte, perché le abbia inserite con quell’artificio visivo e sintattico, quale sia il loro significato. Tantopiù che prima dell’inizio del fumetto Ratigher stampa una specie di menabò di tutto il libro indicando da subito la posizione di queste pagine modificate e anticipate.

L’autore, intervistato, spiega che questo artificio induce il lettore a rileggere il tutto con maggiore attenzione.
Ed è vero, il risultato lo raggiunge, il libro lo rileggi, e attentamente, e tentando “di capirlo”.
E però a parer mio questo artificio, nel libro, nell’estetica narrativa del libro, nel ritmare la rilettura e lo sforzo comprensivo del lettore, ha un peso eccessivo; e, o non ho capito io, o soprattutto è un peso che non serve poi a un granchè né a comprendere il libro né a ritmarne la lettura.
È visivamente a prima vista molto elegante e intrigante, ma poi ti costringe a un grosso lavoro che a me pare un po’ un rebus senza soluzione e che inceppa la sceneggiatura che altrimenti (sarebbe) un meccanismo perfetto. È invece funzionale alla brillante chiusura, alla testa mozzata soppesata da Giulio nell’ultima di queste tavole-trucco a cui mancano le nove precedenti.
Serviva tutto solo a questo, a chiudere così? O ad aumentare i dubbi del lettore di aver capito il senso, perso in quelle tavole assenti tra la prima e la seconda fine?

Non è l’unico dubbio che rimane…

Ratigher ha un segno che nasce molto naif, sta visibilmente lavorando a donargli spessore, e un’eleganza un po’ alternativa. È sulla strada giusta, ma le incertezze si notano ancora: molto nei visi, in alcune soluzioni grafiche e in alcune inquadrature che non sostengono appieno la narrazione; insomma qui e là si intuisce l’impegno ma qualcosa zoppica.
E chissà se è anche questo un pezzo del motivo per cui alla fine del libro rimani con l’impressione di aver letto qualcosa in parte di efficace e di potente, ma in parte forse anche di non chiaro o di furbo.

Trama parte dall’essere un libro ben fatto come oggetto, cosa a cui peraltro sia GRRRzetic che saldaPress pongono sempre molta (riuscita) attenzione. Pensato in ogni suo punto, dalla carta scelta agli interni della copertina. Un oggetto elegante per un autore non ancora notissimo alla sua prima uscita libraria e a un prezzo non così basso. Un modo perfettamente riuscito di valorizzarlo a prescindere dal contenuto. Funziona allo sfoglio, funziona alla lettura, i soldi non li hai buttati, il prodotto c’è, dell’autore si parla.

Poi c’è il peso della storia, e chissà se pesa di più o di meno di una testa mozzata.

Io ci ho provato, a capirla e a darle una mia interpretazione. E l’ho trovata una storia molto socio-politica, un po’ ve l’ho raccontato spiegandone a modo mio la trama. L’ho trovata una storia molto tagliata con l’accetta sul crinale ricchi/gli-altri.

L’ho trovata una storia molto piena d’odio e molto pessimista, gratuita no.

Ma l’ho trovata anche una storia molto semplificante, una storia che dietro a tre-quattro character di base molto estremizzati prova a ragionare intorno a nuovi odi di classe, ormai senza ideologie nel migliore dei casi, ignoranti e selvaggi nel peggiore.Come se l’autore ci dicesse che il quadro reale, quello che conta e deflagrerà, è ormai questo senza possibilità d’appello.
E li vedo anch’io molti germi germogliati e fioriti di odio estremo, alcuni comprensibili molti no, vedo le emarginazioni e vedo i ricchi sempre più ricchi, sempre più mondo a parte che non vede e se ne frega.
E però se questo fosse un significato plausibile, trovo i character basilari di questo fumetto davvero un po’ troppo rigidi, concettualmente monocordi, troppo a una dimensione sola e obbligata, funzionali all’azione della trama ma non troppo, poco funzionali a sviluppi metaforici pertinenti né tantomeno identificativi. Insomma, con limiti forse non casualmente similari a quelli del segno di Ratigher.

O forse semplicemente le mie sono pippe e davvero non ho capito niente, i foglietti che si uniscono nelle vignette finali scrivono un messaggio che non ho colto.
E quanto pesa una testa mozzata in realtà proprio non lo so e non l’ho capito.
Ci ho provato e vi ringrazio se non mi ridete dietro.

O forse Trama era solo una trama e sbaglio io a volerci trovare dietro chissacché, l’autore un po’ si è nascosto e un po’ ha giocato a strizzare l’occhio, era solo un action-comics efficace particolarmente efferato e malato e tutto il suo valore andava ricercato lì…
Non lo so…

Rimangono i giudizi di pancia: la potenza e l’efficacia, il fascino malato ed elegante, i limiti del segno a spiegare di più, i dubbi grossi di comprensione di quasi ogni parola, passaggio, … se è un genio o se mi ha preso in giro (citazione)… che è un libro che per un bel po’ rimarrà lì ad attendere il responso dalla Storia: se rimanere tra quelli che segnano un’epoca o spostarsi da lì con un sorriso.

Abbiamo parlato di:
Trama – Il peso di una testa mozzata
Ratigher
Saldapress, 2015
112 pagine, brossurato, bicromia . 10,90€ISBN: 9788869190537

Trama è scaricabile gratuitamente in formato ebook su dal sito di XL di Repubblica. Le motivazioni dietro questa scelta sono spiegate dallo stesso Ratigher sul suo blog.

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