Tosca dei boschi: la Toscana medievale di Radice e Turconi

Tosca dei boschi: la Toscana medievale di Radice e Turconi

Teresa Radice e Stefano Turconi realizzano una graphic novel in tre atti ambientata in un fiabesco medioevo toscano, raccontando una storia di coraggio e amicizia in uno scenario di guerra.

La componente visiva caratterizzata in particolare dai colori pastello, è quanto mai importante in Tosca dei boschi, volume edito da BAO Publishing che segna la nuova fatica artistica di Teresa Radice e Stefano Turconi. Il volume ripropone in maniera integrale i tre canti che compongono l’opera, pubblicati originariamente in Francia per Dargaud in tre tomi separati.

L’estetica richiama dichiaratamente l’epopea cavalleresca e un po’ Robin Hood e La spada nella roccia animati dei Walt Disney Studios, immergendo immediatamente il lettore nell’ambientazione che caratterizza la storia.
L’opera racconta le vicende dell’omonima protagonista, Tosca, giovane avventuriera che si guadagna da vivere con piccoli furtarelli insieme al fratello Rinaldo, entrambi orfani. La loro vita ai margini cambia quando incrociano la propria strada con l’affascinante ed esuberante duchessina Lucilla, figlia del senese Granito Fieramosca, con la quale si instaura un rapporto di inaspettata amicizia e complicità.

Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori…

Tosca dei boschi ci racconta una storia d’altri tempi, una favola ambientata in un medioevo a metà tra realtà e fantasia, con protagonisti giovani, simpatici e determinati.
L’ispirazione ad alcuni dei più classici film d’animazione disneyani, lungi dall’essere un difetto, è in effetti evidente senza essere un mero ricalco di atmosfere, apparendo più come una rielaborazione di istanze e un’appropriazione di codici narrativi che già in alcune prove su Topolino avevano trovato parziale sfogo nella scrittura di Teresa Radice.

Rispetto ai precedenti Il porto proibito e Non stancarti di andare, la sceneggiatura in questo caso è più semplice nell’esposizione e nella struttura: meno essenziale rispetto ai due volumetti per la prima infanzia di Orlando Curioso – ai quali comunque la presente opera può avvicinarsi per alcuni accorgimenti nel disegno e nei colori pastello – e assimilabile parzialmente a Viola Giramondo, anche se con un approccio meno “di formazione” e più universale.

Si tratta in sostanza di un’avventura dai tratti genuini, con personaggi ben descritti e a cui è facile affezionarsi, con una piccola morale di fondo assolutamente non invasiva ma allo stesso tempo fondante per l’impianto narrativo che, nel suo celebrare la cultura a discapito dei conflitti armati, si pone come una voce sempre attuale.
Anche in un’epoca di frequenti conflitti, assimilabile per certi versi alla nostra, l’obiettivo della sceneggiatrice è dunque quello di mostrare un’alternativa: le risoluzioni a base di distensione, dialogo e solidarietà sono le uniche che ha veramente senso attuare.
Sono conclusioni forse poco realistiche nella vita di tutti i giorni ma non per questo meno plausibili, e che ha quindi senso mostrare come tali.

La struttura in tre atti conferisce importanza alla narrazione dei singoli episodi, giacché ognuna delle tre parti possiede una sua autonomia, ma nel secondo atto si impone una trama orizzontale grazie a un finale aperto che conduce senza soluzione di continuità al capitolo conclusivo della vicenda. Sembra che Radice abbia cercato di mantenere un delicato equilibrio tra queste due anime, offrendo un compromesso riuscito.

L’atmosfera medievale – ma, ancor meglio, favolistica – viene raccontata con sapienza, innestando su fatti storici reali le vicende di personaggi comuni, di fantasia, che pure hanno modo a un certo punto di fare la differenza nel complesso arazzo della Storia, così come nella migliore tradizione narrativa favolistica.
Le citazioni poesie e cantici di Dante Alighieri, Francesco Petrarca, San Francesco e altri letterati dell’epoca rallentano in alcuni punti il ritmo del racconto, ma non mancano situazioni (come nella scena in cui il precettore di Lucilla recita il Cantico delle Creature) nelle quali diventano contrappunti poetici e musicali che offrono un buon sottofondo alle scene illustrate.

Nel complesso la vena “aulica” della sceneggiatrice è meno pervasiva rispetto alle opere precedenti, con una narrazione che si concentra nelle introduzioni in salsa latineggiante e negli estratti di alcune opere poetiche, lasciando spazio nello svolgimento a dialoghi veloci e ad una buona dose d’azione; la purezza di fondo del racconto risulta così ben gestita e mai eccessiva, presentando queste velleità narrative nel modo più naturale possibile e senza farle suonare troppo leziose.

Disegni… animati

Le tavole di Tosca dei boschi sono caratterizzate dai colori pastello e da un tratto piacevolmente abbozzato per alcuni elementi secondari in scena, ma al contempo ricercato per i protagonisti in primo piano e per alcuni sfondi, dove si stagliano manieri e paesaggi realizzati con cura e perizia da Stefano Turconi.
La ricercatezza nello stile si denota in particolare dagli studi che il disegnatore ha compiuto come da sua abitudine: gli abiti in particolare sono fedeli ai modelli dell’epoca e soprattutto sono graficamente curati nei dettagli, senza perdere per questo il feeling cartoonesco che contraddistingue il segno dell’autore. Armature, vestiti nobiliari, tonache da frate e vesti più umili appaiono così più che semplici ornamenti ai personaggi ma veri e propri complementi della loro caratterizzazione.

Grande attenzione viene riversata poi sugli edifici, che in un’opera come questa significa soprattutto attenzione ai castelli. Nella nostra intervista il disegnatore ha spiegato come la fortezza di Castelguelfo sia in realtà la trasposizione su carta del castello di Sant’Agata Feltria nelle Marche, ma libertà “poetiche” di questo tipo – pienamente consapevoli – non fanno altro che confermare l’impegno e la ricerca dell’artista nel rappresentare l’architettura delle costruzioni e nell’attenzione alla scelta dell’ambientazione in base alle esigenze della storia.

Allo stesso tempo il tratto di Turconi offre una sintesi pregevole che si nota in alcuni passaggi dove il disegnatore illustra alcuni elementi di paesaggio e personaggi con pochi segni essenziali, più che sufficienti però a rendere chiaro quanto rappresentato.

Le vignette appaiono sempre ricche di dettagli, difficilmente si rintracciano riquadri spogli di elementi: arazzi, armature, finestre e sfondi naturali abbondano nelle pagine, facendo da ornamento alla vicenda e rendendo sempre i personaggi parte integrante del contesto.
La struttura delle tavole è alla francese, con le vignette disposte su 4 righe, ma compaiono spesso deroghe alla gabbia con doppie, quadruple, alcune splash-page e cambi di dimensione: accorgimenti usati sempre basandosi sul ritmo narrativo di quel passaggio, che accompagnano anche visivamente l’incedere della sceneggiatura di Radice.
In chiusura di ciascun canto, poi, il disegnatore ha posto una tavola dall’aspetto “miniato”, con uno stile simile a quello degli arazzi medievali con la funzione di ospitare il titolo in maniera particolarmente azzeccata.

Teresa Radice e Stefano Turconi cambiano pelle ancora una volta, pur rimanendo sempre loro stessi e non stupendo realmente chi ha imparato a conoscerli tramite le loro opere: l’approccio di fondo ai loro fumetti rimane infatti immutato, a dispetto dei cambi anche radicali di tipologia di storia, di ambientazioni e di genere narrativo.
Buoni sentimenti, poesia e racconti che fanno bene al cuore: l’essenza della coppia di autori non cambia e può sembrare fuori moda, ma sta dimostrando di essere comunque vincente e di saper trovare un pubblico recettivo. Perché le storie, per citare le parole di Lucilla riportate anche sul retro del volume, “sono cose potenti. Cose che possono dare una svolta a una vita intera”.

Abbiamo parlato di:
Tosca dei boschi
Teresa Radice, Stefano Turconi
BAO Publishing, novembre 2018
160 pagine, cartonato, colori – 19,00 €
ISBN: 9788832731293

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