Tiziano Angri e le suggestioni del suono

Tiziano Angri e le suggestioni del suono

Intervista a Tiziano Angri per parlare de "L'unica voce", opera costruita su esperienze sonore che racconta di vite ai margini e riti di passaggio.

Tiziano-AngriTiziano Angri calca da circa dieci anni la scena del fumetto italiano underground.

Nato a Napoli nel 1981, frequenta l’accademia di Firenze. Nel 2006 pubblica Il cimitero dei calamari su testi di Tommaso Destefanis, opera vincitrice del “Lucca project contest” e pubblicata da Panini Comics. Ha disegnato per diverse fanzine, tra cui Puck Comic Party, Guida illustrata al frastuono più atroce vol.2, Collettivomensa e Delebile, e per la rivista Futuro Anteriore.

Dopo una lunga pausa, nel 2011 realizza Le 5 Fasi (Edizioni BD), insieme a Alberto Ponticelli, Squaz, Akab, Officina Infernale e Ausonia: i sei autori, riuniti nel cosiddetto “collettivo DUMMY”, danno vita a un’opera ambiziosa ispirata al processo di accettazione del dolore e del lutto. Nel 2013 pubblica per Grrrzetic Le fiabe frattaglie vol.1 – Gli occhi di Edna, prima parte di una annunciata surreale trilogia a fumetti. Ritorna due anni dopo con L’unica voce (Coconino Press), graphic novel basata sulle percezioni sonore che racconta la vita di Yuri, ipersensibile al suono al punto da ricevere enorme dolore da tutto ciò che il suo udito percepisce, e di Irene, alle prese con il passaggio di genere.

Abbiamo intervistato l’autore per discutere della sua ultima opera, dei temi trattati e dell’approccio alla narrazione.

Che tipo di esperienza o di studi hai fatto rispetto al suono?
Le mie esperienze musicali sono esclusivamente da fruitore. Ho un debole per la ricerca sonora dei gruppi rock tedeschi degli anni Settanta come i FaustNeu!, Amon Duul II e Popol Vuh.  Ma anche per la drone music e il suo minimalismo ipnotico. Queste correnti sonore sono tra quelle che più hanno contaminato emotivamente la gestazione del mio libro.

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Come mai hai scelto di occuparti della suggestione del suono come tema principale del tuo ultimo libro?
L’ispirazione principale viene dallo sciamanesimo e dalle pratiche terapeutiche attraverso l’uso del suono. All’interno del racconto questo elemento è palesato a più riprese: dal rituale di Yuri fino alle rappresentazioni degli sciamani ricavate dalle pitture rupestri delle grotte di Trois-Frères. Di grande ispirazione è stato anche un piccolo saggio di Marius Schneider (La musica primitiva) che indaga il rapporto tra suono e creazione del mondo nelle credenze delle culture arcaiche.

In senso più lato, L’unica voce si occupa della solitudine, del rapporto con le sfide del diventare adulti e trovare un’identità all’interno della nostra società. In quale chiave hai scelto di occupartene?
La chiave principale sta nel disequilibrio che anima la mente e i corpi dei due protagonisti. La malattia li isola costringendoli a una vita ai margini e i loro corpi finiscono per subire ogni genere di vessazione, quasi che quel dolore faccia  parte di quel rito di passaggio verso il mondo adulto (sebbene entrambi i personaggi hanno varcato anagraficamente da tempo quella soglia).

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Il tuo tratto è diventato sempre più personale ed efficace. Hai trovato un equilibrio riuscito tra grottesco e iper-realismo. Che tipo di ricerca visiva stai facendo? Si tratta solo di “istinto” o stai studiando autori, movimenti o stili che ti stanno ispirando in qualche modo?
Negli ultimi due anni ho lavorato alla ricerca di una sintesi che rendesse più fluido il rapporto tra disegno e narrazione e che mi consentisse di archiviare certi manierismi che mi portavo dietro. Questo passaggio è fisiologico per chi come me passa la maggior parte del suo tempo al tavolo da disegno.

Come lavori nel trovare il giusto equilibrio tra testo e disegno? Come “pensi” quando realizzi una storia? Ti guida prima l’estro grafico o la parola?
L’estro grafico è senza dubbio alcuno la mia guida principale. In fase di storyboard produco moltissimi disegni legandoli alle prime ipotesi di testo. Da lì in poi cerco di “asciugare” il tutto da orpelli e manierismi vari in modo da non appesantire troppo la narrazione con inutili didascalismi.

Con L’unica voce ti approcci per la prima volta alla storia lunga. Quali scoperte hai fatto nella sua realizzazione? Quali difficoltà hai incontrato?
L’unica voce ha avuto una gestazione molto lineare, non eccessivamente lunga (un anno e mezzo circa) ma impegnativa (più di trecento pagine tra schizzi, scene tagliate e storyboard).  Prima di affrontare il racconto ho raccolto molta documentazione tecnica sulla disforia di genere e su tutto quello che comporta questo tipo di disturbo, così come per i problemi acustici di Yuri. Di quel materiale poco o niente è entrato direttamente nel racconto ma è stato comunque fondamentale per lo sviluppo dei personaggi.

angri Immagine 4Alla conclusione del libro ho avuto la sensazione di un finale troppo anticipato. Ho proprio esclamato “diavolo, si chiude così?!” Immagino sia una considerazione che hai già sentito. Che cosa ha guidato questa scelta?
Fin dalla prima stesura il racconto doveva rappresentare un frammento della vita dei protagonisti inquadrato nella loro condizione di perenne sospensione se non di immobilità. Prendiamo Irene: non mi ha mai sfiorato l’idea di mostrarla compiuta nel suo progetto di trasformazione, per me restava importante che apparisse fino alla fine come una persona in transizione. Uno stato che nella sua anomalia diventa quasi un valore se paragonato ai processi di normalizzazione alla quale lei aspira.
Non è un caso che nell’ultima pagina se ne sta lì, immobile nel vuoto, in attesa (l’ennesima all’interno del racconto) che quel flusso ciclico si interrompa per diventare qualcos’altro. Proprio come la nota di un drone.

Come hai intenzione di portare in giro il tuo libro? Di farlo conoscere?
A parte i canonici percorsi librari mi piacerebbe discuterne anche in circuiti come quelli musicali o dei diritti Lgbt. L’Italia sul tema del passaggio di genere ha una buona legislazione ma nonostante questo molte persone sono costrette a intraprendere costose operazioni all’estero per non incorrere nella lunga ed estenuante macchina burocratica nostrana. Proprio da questo spunto è nato il personaggio di Irene.

Intervista realizzata nel mese di novembre 2015.

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