In the Flood!

In the Flood!

Flood! e' una delle sorprese dell'anno, uno dei migliori volumi a fumetti del 2003, che di sicuro non lascera' indifferenti i lettori alla ricerca di opere mature e profonde. La Lexy lo ha proposto in un volume di buona fattura, dalla carta ottima per la resa del tratto personalissimo dell'autore...

Cover originaleFlood! raccoglie tre racconti per immagini di Eric Drooker, autore ed illustratore per varie riviste (tra cui The New Yorker); tre testimonianze della città, anzi di New York, la sua città, vista da una lente distorcente, ma soprattutto tre opere che evidenziano l’abilità grafica dell’autore. Il suo è uno stile fatto di nero inchiostro, di spazi riempiti e svuotati, moderni graffiti tribali, angoscianti, malinconici e poetici. Un tratto sporco, eppure espressivo e forte, dove la costruzione della tavola è libera da ogni costrizione o gabbia, ed in cui le parole o le onomatopee non aggiungerebbero altro a quanto già comunica il segno. Infatti le vignette, spesso a tutta pagina, parlano solamente con i disegni, senza sonoro, avvolgendo i bianchi ed i neri delle tavole in un silenzio denso e terribile, che sembra non tanto nascondere o oscurare i rumori, quanto ovattarli, soffocarli appena, lasciando pero’ negli orecchi un rumore come di lontani tamburi tribali, clamori, voci, grida, stridii, scroscii. Il silenzio è il rumore della realtà, rotto soltanto da un fumetto (dentro il fumetto stesso), in cui le parole sono graffiate e schizzate sulla pagina dal fumettista.

Il bianco e nero di Drooker è pieno, quasi un “nero & bianco”, in cui spesso la china nera diventa lo sfondo su cui, per sottrazione, si delineano le figure, arricchito nell’ultima storia di un azzurro umido che si amalgama a perfezione al resto del disegno. Drooker costruisce tavole dalla prospettiva forzata, piegata fino all’estremo, dove le lunghe scalinate inquadrate prima dal basso e poi dall’alto esprimono vertigine, il corpo nudo di una donna, teso nel piacere, ha il sapore del piacere e del sudore, e dove gli alti palazzi incombono sulle strade che si fanno spazio tra il cemento. Tavole con una forza ed un impatto espressivo come non se ne vedono spesso, dove l’equilibrio degli spazi ed il senso della geometria danno alle figure, spesso solo abbozzate e fatte di pochi tratti stilizzati, la capacità di superare il limite della pagina e comunicare per simboli e allegorie. Uno stile che richiama Kuper, Crumb, Ott, Spiegelmann, ma personale ed originale, capace di raccontare l'”aliena” New York in tutta la sua bellezza ed in tutta la sua estraneità, in una bizzarra dichiarazione d’amore e di terrore per la sua immensità, una grandezza che incredibilmente risulta claustrofobica. Una città dove è facile perdersi e sbagliare strada, o trovarla sbarrata, per non tornare più. Una città emblematicamente disegnata, nella illustrazione che apre il volume, sul dorso di una gigantesca tartaruga alla deriva in un immenso oceano, oscura ombra sotto le acque increspate di onde.
Eric Drooker abita a New York da tre generazioni. La città per lui è una brulicante entità, un sauro dormiente che sogna, e che nel suo sognare trascina i propri abitanti. La città esiste da prima dell’uomo, ha in sé profonde radici, storie di antichi popoli e atavici sentimenti.

Andando ad analizzare i singoli racconti, Casa è il primo della raccolta: l’inizio è un sogno, un ricordo di infanzia, interrotto dal gracchiare della televisione, unica compagna di stanza del protagonista. Questi scoprirà quanto sia facile essere inghiottiti dalla città: senza più lavoro, senza soldi, senza un obiettivo nella propria vita, si ritroverà a camminare tra i simboli del degrado di una certa America lontana dalle copertine delle riviste e dai film di Hollywood, tra gli odori, le grida, la miseria, l’indifferenza, ma soprattutto la solitudine della strada. Il tono del racconto sembra sottolineare quanto sia grande il rischio di rimanere soli, soli tra la folla, soli anche quando pensiamo di aver trovato una compagna, per la quale siamo in realtà una piccola pausa dalla propria personale solitudine: una malattia che finisce per essere una piacevole e amichevole tortura dalla quale è sempre più difficile liberarsi. La progressiva disperazione di questo uomo senza nome e senza storia viene espressa attraverso vignette sempre più piccole e scure, ben lontane da quelle grandi e solide, quasi imponenti, che caratterizzano in genere il racconto e l’intero volume; vignette che mano a mano cedono spazio ad un tratto sempre più povero e schematizzato, soffocato dal nero, sempre più anguste, sempre più piccole, fino a rimanere solamente una distesa di piccoli riquadri neri, come tanti piccoli pozzi senza luce.

La seconda storia, intitolata semplicemente L, è un racconto molto breve, che a partire da una discesa in metropolitana (L è la linea “14 Street- Canarsie Local”, che da Manhattan conduce a Brooklin), ci porta dentro un sogno di una città sotterranea più antica, fatta di grotte ricoperte di graffiti, di tribù sconosciute e di antichi culti a base di danze e sessualità. Un sogno di libertà e disinibizione, interrotto bruscamente dalla realtà che sembra condurre il protagonista, ancora una volta, verso la propria solitudine. Bellissime le tavole di apertura e chiusura, con le scale della metro che scendono prima e salgono alla fine, solo una delle tante brillanti soluzioni grafiche di cui parlavamo all’inizio; tra queste rimane ancora da sottolineare il busto nudo di donna, visto dagli occhi dell’uomo con il quale sta accoppiandosi in un rito arcaico e inebriante.

Infine, il racconto che dà titolo alla raccolta, Flood appunto, che sembra continuare direttamente dal precedente L, con l’uscita del protagonista dalla metropolitana. Le prime due tavole, pero’, sono una suggestiva panoramica della città da sopra le nuvole che, come in un omaggio alle illustrazioni di Escher, assumono la forma di pesci. Il protagonista, ancora una volta completamente anonimo, cammina sotto la pioggia. La sua solitudine (nuovamente silenziosa comprimaria) è resa ancora più evidente dalla scelta grafica dell’autore, che ne disegna, bianco su nero, le costole ed il cuore, come se riuscissimo a vederne una radiografia dei sentimenti, distinguendolo dalle altre figure intorno a lui. Tra i tuoni, una breve, gradita parentesi di umanità viene incontro all’uomo da un venditore ambulante di ombrelli, che gliene dona uno per ripararsi dall’acqua. Quando giunge a casa, un minuscolo monolocale, ad aspettarlo trova il proprio gatto ed il tavolo da disegno dove, con un inchiostro azzurro, egli inizia a dipingere delle storie a fumetti. Nella prima di queste storie troviamo l’unico passaggio dove le parole, semplici segni stentati all’interno delle “vignette nelle vignette”, rompono il silenzio, sotto forma di una canzone intonata dalla ruvida voce di un eschimese, mentre naviga alla deriva su di una lastra di ghiaccio.

Mentre il protagonista disegna, il temporale imperversa sulla città; piove persino dal vecchio soffitto, tanto che l’acqua sale fino ad arrivare alle caviglie. Nonostante questo, egli continua a disegnare, a costo di farlo sotto l’ombrello, come posseduto dalle storie che vuole narrare: una situazione ed uno stato d’animo che non fatichiamo a collegare allo stesso Drooker, qui più che mai vicino al proprio personaggio. La seconda storia che egli inizia disegna sembra incominciare come una favola: trasportato dal vento, il fumettitsta vola sopra la città, fino ad un lontano Luna Park; qui assiste ad un corteo di clown e soldati, maschere dei fumetti e invalidi, esseri mostruosi e patetici, e la favola si trasforma chiaramente in qualcos’altro. Nascosta nei tatuaggi di un fenomeno da baraccone, egli rivivrà la storia degli Stati Uniti: non quella fatta di coraggio, libertà e avventurieri, ma quella nata dalla violenza, dalla schiavitù, fatta di ingiustizia, violenza e morte. Finito il circo, tolto il trucco ed il sorriso, il clown è triste, come solo i clown sanno esserlo, povero e affamato. Non ci sono risate, solo delusione per il sogno americano infranto. La stessa violenza del passato torna nel presente, il protagonista di Flood la disegna per le strade del suo racconto che continua: la violenza della polizia quando dimentica il suo ruolo di protettrice per impugnare i manganelli, la violenza che porta sangue, ed il sangue che sembra portare la tempesta, un nuovo diluvio per cancellare i troppi peccati dell’uomo.

Lo stesso diluvio che, fuori dal “fumetto nel fumetto”, sta allagando la città, costringendo il disegnatore a finire la sua opera sott’acqua. Poi, a bordo dell’ombrello adattato a zattera di fortuna, prende il largo fuori dalla finestra assieme al proprio gatto, fino a che un’onda non rovescia l’ombrello, facendolo affogare. Sul suo cadavere trova salvezza il felino, rimasto ora solo: un particolare sottolineato, ancora una volta, dal disegno del cuore che batte nel suo petto, come se fosse una eredità passata dal padrone al gatto. La solitudine dell’animale sarà cancellata dall’arrivo di una nuova Arca di Noé, che, affacciato dalla barca, ha le fattezze del venditore di ombrelli. L’ultima tavola è per questa nuova speranza per l’umanità, questa nave piena di coppie di animali che naviga sulle acque popolate di squali, tra le cime dei palazzi dove una volta esisteva l’umanità.

Flood, o della solitudineL’arte di Eric Drooker possiede una grande forza visiva, capace di comunicare direttamente con le nostre angosce, con le sensazioni del lettore, giocando con le metafore dei racconti. La solitudine, tema principe della raccolta, diventa quasi palpabile, lasciando addosso sudori freddi e malinconia; anche per questa sensibilità, l’assenza del “sonoro” appare azzeccata: dove c’é silenzio, la solitudine ha un rumore ancora più forte.
C’é salvezza? Forse in Blood Song, volume seguente a questo ed in cui, a quanto si dice in quarta di copertina, Drooker raggiunge il culmine del suo operato, avremmo potuto trovare le risposte che cerchiamo a questa domanda; noi, così come i personaggi con i quali abbiamo condiviso questo dubbio durante la lettura. Purtroppo la chiusura della Lexy Edizioni, che già aveva annunciato l’opera, pone grandi dubbi sulla possibilità di vedere in Italia altri lavori di Drooker. Forse vale la pena cercarli in lingua inglese, per non perdere contatto con un grande autore finora colpevolmente ignorato in Italia.

Flood!
2003, Dark Horse/Lexy Edizioni
160pp, bianco, nero e azzurro, 11,96euro

Se volete approfondire la conoscenza con questo autore non possiamo che consigliarvi il suo ottimo sito, www.drooker.com, dove trovare esempi della sua arte, interviste e sequenze tratte dai suoi fumetti.

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