Avete presente quando a tarda notte, svegliandosi e sintonizzandosi su Rai3, si trova un film poco conosciuto in bianco e nero su “Fuori Orario”, un film oscuro e affascinante di un regista dell’Europa dell’est di cui non si riesce a carpire il senso? O quando a una mostra di arte moderna o contemporanea ci si trova attratti e confusi da opere sullo studio del movimento e della forma, dagli esperimenti Futuristi fino all’espressionismo astratto?
È questa la sensazione che può suscitare The Fact Finder, opera della fumettista e gallerista rumena di stanza a Berlino Alex Bodea: la storia del signor Hesus, emigrato ipocondriaco di mezza età che si scopre in grado di leggere attraverso gli Intrux, misteriose interferenze che coprono casualmente alcuni oggetti fisici del nostro mondo, e che decide di aprire un blog (The Fact Finder, appunto) per parlare di questa sua missione, portata avanti assieme all’assistente robotico Alois e con il supporto della sorella Sibilla.
Strutturando il racconto in tanti capitoli quanti sono i quartieri della misteriosa città in cui il signor Hesus vive, Alex Bodea costruisce una storia densa e stratificata, criptica e surreale in cui molteplici elementi si mescolano tra loro per parlare del nostro tempo e della nostra società. Il punto di partenza è ovviamente il protagonista, nel quale sembrano convogliarsi alcune caratteristiche di cui l’autrice mostra di avere una buona conoscenza. Primo di questi elementi è sicuramente la condizione di emigrato che ha perso le sue radici e non riesce a integrarsi con il mondo circostante, a partire dal linguaggio, e la via d’uscita che internet e il mondo social gli offrono per uscire dal proprio guscio: la voglia di raccontare storie trascina la missione di Hesus, il quale, partendo dalla lettura di un Intrux che il più delle volte nasconde un oggetto banale, si lascia andare a racconti del suo passato, spesso provenienti da episodi, reali o meno che siano, a loro volta tramandati da altri e che di solito affondano nella cultura del suo paese d’origine. Questi episodi sembrano ispirati a storie tradizionali dell’Europa dell’Est, creando un interessante cortocircuito con la biografia dell’autrice.
A questo aspetto si aggiunge la principale caratteristica del signor Hesus, ovvero la sua ipocondria, che riflette ansie e nevrosi della società contemporanea, facendole manifestare come malesseri fisici che vengono apparentemente superati solo trovando uno scopo che dia notorietà e rilevanza sociale: una ricerca costante di un posto nel mondo, che molti di noi sembrano aver smarrito. Il personaggio si arricchisce e si rispecchia nel suo rapporto con Alois, un robot dalle funzioni simili a uno smartphone ma dalle espressioni profondamente umane, che non è solo mezzo ma anche spalla e aiutante del protagonista: in questo si ritrova una riflessione sul nostro rapporto conflittuale con la tecnologia, elemento utile, mezzo per esprimersi e crescere, ma anche pericoloso se disumanizzato. Questo concetto si lega al meccanismo che regola il nostro rapporto con i social, che da una parte permette a un personaggio marginale di trovare un suo modo di esprimersi, ma dall’altra rischia di creare dipendenza “da like” e di uniformare ogni utente alle leggi imperanti di un oscuro algoritmo. Infine, il girovagare per le strade della città permette a Hesus di mettere in mostra, a volte di dare voce a, varie anime che compongono una società: lo stesso girovagare che ispira l’autrice, interessata in altri suoi lavori a raccontare la Berlino in cui vive attraverso quelle che lei definisce “graphical note”.
Questa densità di argomenti è narrata attraverso una macrostoria che viene continuamente interconnessa con altre microstorie, aumentando quindi i piani narrativi e permettendo all’autrice di variare il tono della storia: le vicende di Hesus oscillano tra l’esilarante e il drammatico, e gli episodi che vengono narrati da lui e altri personaggi passano dall’essere estremamente divertenti, quasi slapstick, a teneramente commoventi (in particolare i ricordi narrati dal protagonista che lo legano alla sua terra e alla sua famiglia). Questo approccio, pur dando movimento alla narrazione, viene minato da una non sempre ottimale connessione tra i vari momenti della storia e da alcuni appesantimenti verbali che rallentano il ritmo del racconto: in alcuni passaggi il sovraccarico di simboli, dialoghi e concetti diventa talmente grande da far collassare la struttura e far perdere respiro alla narrazione. A questo si aggiunge la natura stessa dell’opera, fatta di episodi a volte talmente criptici che forse troppo spesso fanno interrogare il lettore sul senso di quello che si sta leggendo e sul messaggio ultimo del racconto.
L’approccio artistico di Alex Bodea è forse la parte più interessante dell’opera: un tratto nero rapido e schizzato, fatto di linee scure a volte fini e a volte molto dense, lo stesso che l’artista usa ormai da tempo per i suoi reportage e le sue graphical note (come affermato nell’interessante intervista realizzata per il BilBOlBul), richiama alla mente sia le vignette comiche pubblicate a inizio secolo scorso negli Stati Uniti (l’autrice stessa porta ad esempio il maestro Windsor McKay) e in Europa (specialmente in Germania), sia la tradizione tedesca più recente, a cui si aggiungono echi (per la leggerezza, l’energia e l’espressività) de La Linea di Osvaldo Cavandoli. Questi riferimenti creano un cortocircuito intrigante tra contenuto, che parla di modernità, e una forma che viene da lontano, incluso il font con cui i personaggi parlano.
Bodea riesce a sintetizzare al massimo gli elementi di ciascuna vignetta senza perdere espressività, dinamismo ed efficacia: bastano pochi tratti per creare una scena nettamente comica o profondamente intensa. Molto riuscite sono in particolare le sequenze di malattia e disagio del signor Hesus: il senso di vertigine e spaesamento, realizzato con la ripetizione di forme e movimenti (in pieno stile futurista), viene trasmesso con grande precisione e sensibilità. Anche le espressioni e le interazioni tra i personaggi sono resi con grande senso della teatralità e del dinamismo: alcuni scambi tra Hesus e Alois sono davvero degni della tradizione vignettistica slapstick che crea un filo diretto con Max e Moritz di Wilhelm Bunsch o Rudolph Töppfer. Restano alcune piccole stonature laddove le tavole si riempiono di elementi: la chiarezza narrativa viene meno, a volte creando la giusta confusione dovuta agli Intrux, a volte semplicemente bloccando la sequenzialità delle scene.
Pur non essendo privo di vari difetti, legati anche al fatto che Alex Bodea sia al suo debutto nel fumetto, The Fact Finder è un’opera che cerca di sperimentare e di dialogare quanto più possibile col medium e che richiede tempo per essere letta e digerita, poiché pone domande critiche su questioni fondamentali del nostro tempo e sfidando il lettore.
Abbiamo parlato di:
The Fact Finder
Alex Bodea
Traduzione di Valerio Stivè
Beccogiallo, novembre 2020
184 pagine, brossurato, bianco e nero – 19,50 €
ISBN: 9788833141312