The Batman, tra luci e ombre

The Batman, tra luci e ombre

L'ultima incarnazione cinematografica del Cavaliere Oscuro, diretta da Matt Reeves, si muove tra elementi più riusciti e altri molto traballanti.

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Dieci anni sono passati dall’ultimo film monografico dedicato al Crociato Incappucciato di casa DC Comics. Dieci anni da quando, con The Dark Knight Rises, Christopher Nolan chiudeva la sua iconica trilogia, attraverso la quale era riuscito brillantemente a reinventare il personaggio di Batman in chiave moderna e iper-realistica per il pubblico del nuovo millennio. Certo, dal 2012 a oggi gli avventori della sala cinematografica non sono rimasti completamente a digiuno di Cavaliere Oscuro ma le sue recenti apparizioni sono sempre state condivise con altri eroi (Batman v Superman e Justice League) o ridotte a semplici cammei (Suicide Squad). Oramai i tempi erano maturi per una nuova incarnazione filmica in solitaria dell’Uomo Pipistrello e l’onere di portarla a compimento è ricaduto sulle spalle di Matt Reeves, regista talentuoso che ha saputo farsi apprezzare, tra le altre cose, per Cloverfield e le due più recenti iterazioni del franchise del Pianeta delle Scimmie. I suoi sforzi si sono così concretizzati in The Batman, un film indubbiamente godibile e al quale si possono riconoscere diversi meriti ma anche gravato da alcune mancanze non trascurabili.

La prima cosa che colpisce e che riesce a immergere lo spettatore nel mondo creato da Reeves è l’atmosfera. Infatti la Gotham City di The Batman è la più cupa e decadente che si sia mai vista al cinema. Il marcio e la corruzione che infestano la città trasudano da ogni inquadratura e fanno sentire la propria presenza per tutta la durata della pellicola. Il regista è insomma riuscito a delineare un contesto urbano noir e nichilista capace di lasciare il segno in maniera più incisiva di quanto lo stesso Nolan fosse riuscito a fare, la cui visione di Gotham era sì decadente ma più asettica. Buona parte del merito è poi da imputare anche a una fotografia davvero efficace (curata da Greig Fraser, premio Oscar per Dune di Denis Villeneuve), che ammanta di ombre ogni vicolo e ogni tetto.

Dove il film traballa maggiormente è invece sotto il profilo della scrittura. La sceneggiatura, per quanto a un livello superficiale riesca discretamente nel compito di intrattenere, proponendo un’equilibrata commistione di generi, tra il crime e il gangster movie, a uno sguardo più approfondito mostra qualche lacuna. Ciò si nota maggiormente nelle sequenze deputate a far progredire la linea narrativa legata al villain principale, l’Enigmista, nella quale emerge una certa banalità nei tranelli da lui concepiti di volta in volta e si possono notare diverse leggerezze di storytelling disseminate qua e là nel corso della pellicola. Entrare troppo nel dettaglio significherebbe fare spoiler ma basti sapere che si tratta di piccole mancanze come elementi introdotti e mai più ripresi, deus ex machina o una gestione non ottimale del climax, che nel complesso restituiscono l’immagine di un processo di scrittura un po’ approssimativo.

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Ancor meno rosea è la situazione quando si passa ad analizzare i personaggi. Non tanto il protagonista, in realtà, che anzi viene delineato in maniera piuttosto convincente. Questo è un Batman nei primi anni di attività, indubbiamente già molto abile ma ancora grezzo in molti aspetti. Appare poi come un uomo ancora profondamente segnato dal trauma subito da bambino e che ancora fatica a elaborare. Una maschera di apatia cela un’intensa rabbia che ribolle dentro di lui e che riesce a sfogare solo attraverso la sua crociata contro i criminali di Gotham, ai quali riserva una brutalità a stento tenuta sotto controllo. Robert Pattinson, poi, si cala bene nella parte e offre una prova credibile, quando indossa il costume dalle orecchie a punta. Un po’ più anonima appare invece la sua interpretazione quando si trova a dover impersonare Bruce Wayne ma, a onor del vero, ciò è probabilmente da imputare anche al poco screen time dedicato all’identità pubblica dell’eroe, cosa che non permette all’attore di fare pienamente suo il ruolo.

È invece sui comprimari che si possono notare le maggiori crepe, in quanto questi sono tutti accomunati da un problema fondamentale: una completa mancanza di tridimensionalità. Un caso esemplificativo è il personaggio di James Gordon. Beninteso, Jeffrey Wright è un attore notevole e infatti offre anche in questo caso una performance più che dignitosa. Il problema è che la sua caratterizzazione si esaurisce nel solo fatto di essere un poliziotto onesto. È questo il suo unico tratto distintivo, che peraltro non viene mai mostrato attraverso le azioni del personaggio ma viene solo detto essere una sua caratteristica, cosa che inevitabilmente lo fa risultare meno credibile agli occhi del pubblico. Nessun’altra sfaccettatura, nessun conflitto interiore che lo spinga a mettere in discussione i propri valori, nessuna evoluzione.
Il resto del cast segue bene o male lo stesso schema: prestazioni attoriali generalmente efficaci ma caratterizzazioni sciape. La Catwoman di Zoë Kravitz ha un ruolo centrale nella narrazione, ma il film non si preoccupa di approfondire i rapporti con i personaggi a lei collegati e questo fa apparire le sue motivazioni alquanto aleatorie, minando di conseguenza il coinvolgimento degli spettatori nelle sue peripezie. L’Enigmista portato sullo schermo da Paul Dano ha una back story funzionale a fornire una motivazione per i suoi atti criminali ma che finisce per far cadere il personaggio nel solito cliché dell’individuo instabile vessato da ingiustizie sociali che vuole rivalsa sul sistema. L’Alfred di Andy Serkis, poi, ha un peso davvero risibile nell’economia del film e, ancora una volta, il suo ruolo di figura genitoriale/mentore per Bruce non viene mai sviscerato attraverso azioni o interazioni significative ma solamente a parole, il che fa apparire il rapporto tra i due estremamente impersonale e frena il trasporto emotivo che il film vorrebbe invece stimolare in occasione di un tragico sviluppo narrativo. Anche per quanto riguarda gli altri personaggi secondari, soprattutto tra le fila dei cattivi, a farla da padrone è la banalità, laddove questi finiscono per risultare nulla più che macchiette stereotipate.

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Dove invece la pellicola riesce a brillare senza quasi sbavature è nel comparto tecnico. A parte la sontuosa fotografia di cui si è già accennato, il talento registico di Matt Reeves si palesa soprattutto attraverso una spiccata perizia nella composizione dell’immagine e non è raro trovarsi di fronte a inquadrature o intere sequenze dall’incredibile potenza visiva (la soggettiva rovesciata del Pinguino vista nei trailer è solo uno dei numerosi esempi). Le scene d’azione, dal canto loro, sono più altalenanti. Quando il regista è chiamato a mettere in scena combattimenti corpo a corpo il risultato è pregevole, essendo questi impreziositi da coreografie ben congegnate e stacchi di camera ridotti all’osso, risultando quindi perfettamente intelligibili e coinvolgenti. In altre occasioni, invece, le sequenze action sono purtroppo penalizzate da un montaggio un po’ troppo euforico che ne intacca la comprensibilità (come l’inseguimento in auto del Pinguino).
Punto di merito va anche alla colonna sonora, firmata da Michael Giacchino. Colpisce in particolar modo il tema principale, solenne e memorabile, che riesce a non sfigurare al fianco delle iconiche composizioni di Danny Elfman e Hans Zimmer che l’hanno preceduto nei precedenti film. Apprezzabile inoltre l’efficace utilizzo del pezzo pop Something in the Way dei Nirvana.

Ultima, piccola pecca di The Batman è il ritmo discontinuo, dovuto certamente alla sua ragguardevole durata, che sfiora le tre ore. Benché non diventi mai palesemente noioso, si può percepire distintamente in più occasioni una certa tendenza a dilatare i tempi, a indulgere su determinate sequenze o dialoghi più del dovuto e questo, terminata la visione, lascia la sensazione che alla pellicola avrebbe giovato un taglio netto di almeno mezz’ora, per non dire tre quarti d’ora.

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In definitiva questa più recente avventura cinematografica del Cavaliere Oscuro si presenta al pubblico come un progetto riuscito a metà, segnato da luci e ombre. Non un film sorprendente, non un film deludente. Semplicemente un film che presenta al suo interno diversi pregi e altrettanti difetti, capace senza dubbio di intrattenere e divertire i fan del personaggio ma che al contempo è ben lungi dal poter essere definito l’opera definitiva sull’eroe di Gotham City.

Abbiamo parlato di:
The Batman
Regia di Matt Reeves
Storia di Matt Reeves e Peter Craig
Con Robert Pattinson, Zoë Kravitz, Paul Dano, Jeffrey Wright
Warner Bros., 2022
Live action, 176 minuti

1 Commento

1 Commento

  1. Massimiliano

    31 Gennaio 2023 a 02:26

    Dire che questo film divertirà i fan del personaggio è un difetto di questa critica,la dc cinematografica per mer me ha perso il senso se mai lo ha avuto di raccontare una storia di batman e inventarsi una storia di batman. Infangare Marta Wayne è una dei punti più bassi mai raggiunti dalla dc. Qui di batman c’è poco, molto del joker. E visto che sono due facce della stessa medaglia, se le fai uguali è soltanto una moneta falsa.ci sono centinaia di storie di Batman anche più dark di questa, ma mai un Batman senza anima. Hanno rappresentato e l attore non aiuta non avendo un espressione, un costume vuoto, sorretto da dialoghi stucchevoli e spesso senza senso motivato. I cardini di un mito sono da maneggiare con cura e se invece che Zorro diventa uno spettacolo africano, se invece di una madre amorevole diventa una pazza, se, se, se, alla fine fai e se batman non fosse batman. Voto pessimo

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