Le avventure di Tex dal 1948 hanno accompagnato generazioni di lettori, mantenendo un primato stabile attraverso cambiamenti sociali e culturali che hanno coinvolto anche i modi di produzione, circolazione, lettura e rilievo culturale del fumetto.
Nel suo saggio Tex Willer – Un cowboy nell’Italia del dopoguerra, edito dal Il Mulino, Elizabeth Leake – insegnante al Dipartimento di Italiano della Columbia University di New York – analizza i racconti del primo quindicennio (circa) di storie – periodo nel quale il personaggio creato da Gianluigi Bonelli ha definito molte delle proprie caratteristiche e raccolto una base consistente di lettori appassionati -, indaga e cerca di capire quali bisogni riuscisse a soddisfare, peraltro in maniera così efficace da diventare un caposaldo del fumetto italiano.
Il lavoro della Leake si inserisce nel campo dei cosiddetti cultural studies, che prendono in esame le opere in quanto documenti dai quali trarre spunti, indicazioni e segnali sul contesto sociale e culturale della loro epoca. Per questo, nelle circa 160 pagine del volume non si trova di fatto alcuna analisi “fumettistica”: non ci sono analisi stilistiche, visuali, narratologiche o consimili, ma solo uno studio della figura di Tex, delle trame e, parzialmente, dei suoi comprimari, per indagarne la relazione con alcuni temi dell’immaginario coevo e della società italiana dell’epoca, delle sue istanze più cogenti negli anni del dopoguerra e dei legami ancora in parte forti con l’appena trascorso ventennio fascista.
L’idea centrale del programma della Leake è che Tex delinea e mette a disposizione dei lettori maschi di quegli anni un territorio nuovo, nel quale vigono regole alluse ma non messe in atto da un apparato statale. Il personaggio e le sue vicende riescono così a disaccoppiare il problema della ricostruzione e della giustizia dalle sue cause, dalla sconfitta militare e dalla guerra civile.
Purtroppo, in assenza di indagine demografiche è impossibile avere una reale identità – culturale, sociale e politica – del lettore texiano del periodo, ma è importante aggiungere alle notazioni della Leake che il bisogno di giustizia e il desiderio di vendetta nel dopoguerra era patrimonio di coloro che avevano subito le violenze fasciste e vedevano ancora camminare tranquillamente per le strade del proprio paese non solo notabili, gerarchi e ufficiali della RSI – pensiamo alla X MAS – ma anche chi magari aveva denunciato, ucciso o usato violenza diretta o indiretta ai propri cari.
L’amnistia generale promulgata dal primo governo post bellico (Togliatti Ministro degli Interni come garante) aveva sostanzialmente scambiato la pace sociale con l’impunità dei fascisti – la quantità delle vendette antifasciste, anche efferate, essendo in misura quasi insignificante rispetto a quelle perpetrate dai fascisti in venti anni di dittatura. Per questo, è errato etichettare Tex come lettura reazionaria e perfino fascistoide: perché dava ugual soddisfazione tanto al desiderio di rivalsa dei fascisti quanto a quello di giustizia dei perseguitati – il tutto neutralizzato dalla trasposizione in uno spazio narrativo quello del lontano West americano – nel quale le passioni erano riformulate secondo un immaginario duttile, in particolare condivisibile da lettori appartenenti a fronti opposti, nella misura in cui si manteneva lontano da riferimenti espliciti al mondo reale.
Secondo la Leake, questa bassa definizione del piano etico consentì a lettori delle estrazioni più varie l’immedesimazione nel personaggio, la proiezione delle proprie esperienze e dei propri desideri nelle vicende che mensilmente incontravano in edicola.
Da queste riflessioni della studiosa, scaturisce una (nostra) ulteriore considerazione sulla struttura narrativa della serie nel periodo considerato. Questa neutralizzazione dello spazio etico si giova della eliminazione della complessità dallo scenario narrativo. Con questo intendiamo il fatto che nell’arco di tempo considerato nello studio, gli eventi non hanno di fatto alcuna ripercussione sul carattere dei personaggi: la figura di Tex rimane largamente uguale a sé stessa e la costruzione di nuove trame si basa sul confronto con nuovi avversari e nuove situazioni, sempre coerenti con la sopracitata visione di fondo. La presenza di compagni di avventura e finanche la comparsa di un figlio restano quindi semplicemente occasione di racconti che si esauriscono in sé stessi. L’assenza di evoluzione supporta la neutralizzazione etica poiché rimuove il passaggio fondamentale della riflessione sulle proprie azioni e scelte, quindi la messa in discussione delle regole e dello scenario nel quale si sono realizzate. Restano quindi indiscusse le cause profonde e le catene di relazioni all’origine delle storture che Tex di volta in volta risolve; rimanendo indiscusse, rimangono implicite e quindi ogni lettore può leggere le vicende secondo le proprie categorie (culturali, etiche, politiche), senza che nemmeno queste vengano messe in discussione.
Accettata la ragionevolezza di una simile prospettiva, sarebbe stata particolarmente interessante un’analisi comparativa con altre opere dell’epoca, di approccio sia similare sia opposto. La loro diffusione relativa darebbe indicazioni per tratteggiare un panorama di ciò che i lettori cercavano nelle storie, mentre i trattamenti di personaggi e scenari delineerebbero la formazione dell’immaginario dei lettori del tempo.
Abbiamo parlato di:
Tex Willer un cowboy nell’Italia del dopoguerra
Elizabeth Leake
Edizioni Il Mulino collana Intersezioni, 2018
176 pagine 14,00 €
ISBN: 9788815270719