Il bello dei festival è che non ce n’è uno che sia uguale all’altro. Tutti consentono agli autori, ai lettori e persino agli editori di conoscersi più da vicino; ma c’è chi preferisce puntare sui grandi numeri, chi ha un occhio di riguardo per il mercato internazionale, chi valorizza la produzione locale. Il Treviso Comic Book Festival, già da qualche anno, sembra aver deciso di incentrare la propria identità sul “fare fumetti”.
Il cuore dell’edizione 2016, come di quelle immediatamente precedenti, è stato infatti la INKitchen, l’area della mostra-mercato dedicata alle autoproduzioni e ospitata nel suggestivo chiostro del festival: alcune decine di collettivi e singoli autori hanno accolto i visitatori con tè, pasticcini e fumetti fatti a mano, felici di raccontare la propria esperienza tanto ai vicini di stand quanto ai curiosi.
In quella che era un’ex casa di riposo, l’età media di espositori e visitatori toccava forse i venticinque anni, mentre i fumetti spaziavano dai free press in migliaia di esemplari alle stampe in appena una quindicina di copie. Accanto ad autoproduzioni ormai affermate (come quelle del collettivo Mammaiuto, protagonista anche della mostra “Un vecchio parte per un viaggio, ferisce qualcuno, non torna più a casa”) si è trovato spazio anche per nuove scoperte, alla prima esperienza di stampa o con appena un anno di vita.
Nel frattempo, all’esterno del chiostro e del padiglione della mostra-mercato, la città veniva colorata dalle mostre di originali e stampe in luoghi più o meno istituzionali, dalle gallerie d’arte ai caffè, con i disegni di Katie Scott, di Alice Milani e Silvia Rocchi, degli autori di Nobrow (casa editrice britannica) e di molti altri. Pochi gli incontri, spesso neanche segnalati sul programma: l’attenzione del Treviso Comic Book Festival 2016 è stata tutta sugli autori e sulle opere da loro realizzate.
Del resto la cittadina veneta ben si presta a diventare lo scenario per opere creative (come quelle che hanno decorato le vetrine di decine di botteghe per i giorni del festival) e incontri informali, che accomunano autori, lettori ed editori.
Dopo i mesi estivi al tavolino, quando le opere che devono andare in stampa prima del Lucca Comics & Games sono state per lo più già consegnate, il TCBF sembra a molti la parentesi ideale per ritrovare amici e colleghi, senza gli impegni troppo pressanti di eventi più impegnativi. Le tazze di tè all’INKitchen e i brindisi per le mostre sono accolti anno dopo anno con sincero entusiasmo: non è stato un caso isolato l’inaugurazione notturna della mostra “Nobrowhood” alla Casa dei Carraresi, che ha raccolto una folla di spettatori ben disposti a mettersi in fila oltre la mezzanotte per le opere di Emily Hughes, Ricardo Cavolo, Ben Newman, Vincent Mahé e Luke Healy.
D’altro lato, il rischio di un festival vissuto in maniera così intima è quello di rinchiudersi in un’atmosfera privata. Non che al TCBF 2016 siano mancanti i visitatori: ma, in alcuni casi, gli spettatori privilegiati sembravano proprio quegli autori che già erano protagonisti dello spettacolo.
La mostra di “Viva Valentina”, che ha raccolto nello scenario di Casa Robegan gli omaggi di vari autori contemporanei al personaggio creato da Crepax, è stata certamente apprezzata dagli stessi autori e da chi già aveva potuto dare una scorsa al volume; ma l’assenza totale di didascalie la rendeva incomprensibile a chi non fosse già a conoscenza proprio di quei contenuti.
Allo stesso modo, le bellissime tavole di Howard Chaykin hanno affascinato gli spettatori con i loro colori vividi: impossibile però collocarle in un orizzonte temporale o editoriale, se non con le proprie conoscenze, perché non venivano fornite informazioni a riguardo.
Esemplare è stata la cerimonia d’assegnazione dei premi Boscarato, nell’ultima giornata del festival. L’evento è fra i più apprezzati nel suo genere in Italia, perché si svolge senza eccessiva formalità, coinvolgendo giovani autori, autoproduzioni e professioni di solito poco considerate, come quella del colorista.
I presentatori dell’edizione 2016 sono stati il direttore artistico del festival Alberto Polita e l’autore Alessandro Baronciani: dopo aver assegnato il Boscar ad Anubi di Marco Taddei e Simone Angelini come miglior fumetto italiano, a Davide Reviati come miglior autore unico italiano, a Eris come realtà editoriale dell’anno e il premio Pixartprinting ex-aequo alle autoproduzioni di Blanca e Manticora, i due hanno premiato a sorpresa come “miglior ballerino del festival” Francesco Guarnaccia, autore per Mammaiuto e Shockdom e vivace partecipante alle serate del festival.
L’iniziativa, che ha previsto la consegna di una bottiglia di vino e di un orologio da parte degli sponsor, è stata salutata con risate e applausi, sul momento apprezzata da tutti, tanto più che tutto il piccolo pubblico sembrava già conoscere l’autore premiato: ma non sarebbe forse stato meglio riportare sul palco qualcuno di meno conosciuto, ad esempio i due collettivi vincitori ex-aequo del premio Pixartprinting, che hanno dovuto dividere fra loro l’unica bottiglia ricevuta?
D’altronde, il bello dei festival è anche che coinvolgono tutti, dai fan in coda per un selfie con Sio ai lettori più timidi, dagli autori che sanno promuoversi a quelli che hanno appena iniziato. In questa particolare missione, il Treviso Comic Book Festival riesce per ora meglio di molti altri; ma con il suo entusiasmo, la sua energia e la sua riserva di talenti può sicuramente mirare ancora più alto.