Supereroi e superpoteri è un saggio sul mondo del fumetto popolare statunitense, un viaggio che vuole ripercorrere più di sessanta anni di storia di racconti colorati e fantasiosi. Come per ogni speculazione di questo tipo, quella raccontata dall’autore è una storia del fumetto suggerita da un particolare punto di vista. Come specificato dall’introduzione di Luigi Bernardi, il testo edito da Castelvecchi si pone come obiettivo principale quello di rileggere anni di pubblicazioni con un taglio sociologico, cercando di contestualizzare e spiegare l’evoluzione del genere supereroistico in funzione di come è cambiata nel tempo la società statunitense, i suoi archetipi di riferimento, i suoi motivi escatologici e valoriali. Due esempi su tutti sono, ahinoi, legati alle azioni di guerra degli Stati Uniti, ovvero la guerra del Vietnam negli anni ’60 e le guerra in Afghanistan e in Iraq dopo l’attacco alle Torri Gemelle dell’11 Settembre 2001. Guerre che hanno scosso la coscienza dell’opinione pubblica e che non possono non lasciare traccia nella narrativa popolare a fumetti.
Non deve sembrare strano questo tipo di analisi, se si considera che la cultura popolare, nel bene e nel male, è da sempre quella che per prima assorbe e reinterpreta a suo modo le trasformazioni che attraversano la società. In questo senso, le grandi rivoluzioni culturali che hanno attraversato l’America del secolo scorso hanno modificato sostanzialmente il modo di divertire e intrattenere i lettori con personaggi famosissimi anche in Italia quali Superman, Batman, Fantastici Quattro, Spider-man e così via.
Come accennato, quella proposta da Di Nocera è soltanto una delle possibili storie da raccontare e per sua stessa natura non può che risultare parziale e incompleta. D’altronde sono talmente tante le pagine di supereroi scritte, disegnate e stampate, altrettanti i miti, gli eroi e i cloni di un genere così importante per il fumetto statunitense, che non sarebbe stato possibile coprire tutta la produzione degli ultimi sessanta-settant’anni, se non attraverso uno sterile quanto superfluo elenco di date, numeri e titoli.
L’autore riesce a toccare quasi tutti i nodi cruciali dell’evoluzione del genere, dai primi, immortali personaggi degli anni ’40, fino agli ultimi esempi di questi anni, come Authority ed Ex Machina per citarne un paio, passando naturalmente per le decine e decine di eroi più o meno noti agli appassionati.
In dettaglio, particolarmente efficace è l’analisi dell’operato di Garth Ennis, laddove si evidenziano le numerose implicazioni politiche delle sue storie. Ed esaustiva appare l’analisi dell’ondata revisionistica degli anni ’80, che occupa un capitolo intero ricco di riflessioni e interconnessioni. Al contrario, appare un po’ troppo ridotto lo spazio dedicato alla decade precedente, che si riduce quasi esclusivamente a ponte per la successiva piuttosto che essere analizzata come un periodo degno di un’analisi sua propria.
In sintesi, comunque, attraverso una divisione in capitoli che cerca di ripercorrere in ognuno un’epoca creativa specifica, la lettura di “Supereroi e superpoteri” ottiene almeno tre importanti effetti. Il primo è quello di riuscire a sollecitare la curiosità dei lettori meno esperti e la meraviglia di fronte alle tante trasformazioni e alle infinte potenzialità di un genere spesso sottovalutato. Il lettore occasionale può così scoprire che dietro a quei personaggi con strani costumi colorati, dai nomi originali quanto datati e improbabili, si nascondono emozioni e imprese creative significative e che rappresentano uno specchio importante per rileggere la storia di una nazione come gli Stati Uniti. Il fumetto popolare statunitense, tra alti e bassi, presenze massicce e improvvise scomparse, è da anni ben rappresentato nell’editoria italiana, con testate storiche (come quelle dell’era Corno negli anni ’70, quelle della Panini Comics oggi) che hanno appassionato centinaia di migliaia di lettori di diverse generazioni. La chiave di lettura offerta da Di Nocera è pertanto efficace nel ripercorrere quelle pubblicazioni e restituire loro un senso in funzione dell’humus culturale da cui sono nate, offrendo un modo originale e critico per meglio comprendere la storia dei nostri cugini americani. Un recupero facilitato dai tantissimi riferimenti bibliografici, precisi e puntuali (grazie anche alla collaborazione di Francesco Farru), che dei fumetti citati ricorda sempre l’ultima edizione italiana, di più facile reperibilità.
Il secondo elemento di interesse del libro è senz’altro la capacità di coinvolgere gli esperti appassionati di supereroi. Un percorso sul viale dei ricordi, in grado di accendere negli appassionati il desiderio di rileggere interi cicli di storie a fumetti, dalla poco considerata saga di Foolkiller, alle cento e passa storie dei Fantastici Quattro di Stan Lee & Jack Kirby. Al lettore “esperto”, la maggior parte dell’analisi di Di Nocera non risulterà particolarmente originale o illuminante. Viene quasi da dire che i fumetti di supereroi, con la loro retorica esplicita e ostentata, solo raramente nascondono i riferimenti culturali e sociali dai quali prendono vita. Per chi ha letto per anni le gesta dei supereroi e possiede una minima capacità di analisi critica, il libro in questione potrà più che altro sollecitare un quadro d’insieme preciso e definito. Ma soprattutto il desiderio di leggere e rileggere vecchie storie, che non è in sé cosa da poco.
Il terzo punto che fa di “Supereroi e superpoteri” una lettura interessante è la serietà con la quale viene condotta l’analisi. Per la proprietà di linguaggio, per la precisione delle citazioni bibliografiche e storiche, per la lucidità di analisi, il libro si presenta come un vero e proprio saggio sul fumetto, stimolante e soprattutto scientifico. Un modo di affrontare il tema del fumetto popolare in grado di valorizzarne l’importanza come mezzo di comunicazione, con una sua dignità e una rilevanza chiara per la storia della fine del ventesimo secolo e l’inizio del nuovo millennio. La dinamicità dell’editoria, del mercato di cui fa parte, la chiarezza e immediatezza del linguaggio, la relativa povertà di mezzi che ne permettono la realizzazione, sono solo alcuni degli elementi che fanno del fumetto un mezzo potente e sensibilissimo per leggere il nostro mondo e rielaborarlo.
Per altri versi, invece, l’analisi di Di Nocera, nella sua parzialità, mostra alcuni punti di debolezza importanti che ne limitano senz’altro la portata scientifica. Innanzitutto é completamente assente un’analisi dei meccanismi produttivi e distributivi che hanno condizionato e condizionano tuttora l’evoluzione del genere dei supereroi; meccanismi che hanno facilitato ovvero impedito alcuni sviluppi, alcune potenzialità e condizionato molti autori nella loro professione. Un paio di esempi possono facilmente chiarire questo aspetto. Per molti anni, gli albi a fumetti in Usa erano stampati su carta da giornale, impoverendo moltissimo la resa di stampa e i colori, limitando le possibili esplorazioni artistiche dei disegnatori. Nella seconda metà degli anni ’60, il disegnatore Jack Kirby, uno dei maggiori se non il più importante responsabile della nascita del linguaggio grafico dei supereroi come lo conosciamo oggi, sulle pagine di “Fantastic Four” numeri 48 e 50 provo’ a unire al disegno alcune fotografie, cercando di importare nel fumetto una tecnica ampiamente utilizzata nella pop art di quegli anni, tecnica che avrebbe avuto un enorme successo circa vent’anni dopo grazie alle sperimentazioni di Dave McKean e di Bill Sienkiewicz. L’effetto voluto da Kirby venne completamente avvilito dalla resa sulla carta porosa e grigiastra sulla quale vennero stampati quei fumetti e l’esperimento venne presto abbandonato. Possiamo solo immaginare come sarebbe potuto evolvere il “disegno” dei supereroi se Kirby avesse avuto a disposizione i supporti tecnici adeguati alle sue idee. Un secondo esempio riguarda, banalmente, la lunghezza delle storie. La necessità editoriale di produrre albi di 24 pagine (più alcune pagine di pubblicità), formato ancora attualmente in uso, ha senz’altro limitato profondamente le possibilità di raccontare una storia. In generale, nell’analisi di Di Nocera manca completamente un’analisi sul formato editoriale; aspetto che, se non strettamente connesso a temi sociologici, per l’impatto sulle potenzialità creative e sulle abitudini dei lettori è di centrale importanza. Così come lo sono gli aspetti legati ai meccanismi di distribuzione e la loro evoluzione. Non mi soffermero’ su questo aspetto, suggerisco soltanto che un’analisi di tale tipo, essenziale e rilevante, sarebbe potuta essere utile anche per meglio leggere e comprendere l’evoluzione del mercato del fumetto italiano, che condivide alcuni dei meccanismi di quello statunitense.
Un secondo aspetto che risulta piuttosto macroscopico nell’analisi proposta in “Supereroi e superpoteri” è la predilezione dell’autore per la produzione Marvel rispetto a quella della rivale DC Comics. Se della prima sono ampliamente rappresentati periodi, storie e autori chiave, della seconda vengono colpevolmente tralasciati personaggi e temi importanti. Anche in questo caso mi limitero’ ad un paio di esempi. Il primo è di tipo tematico: a differenza dell’universo Marvel, quello DC Comics si è evoluto negli anni riuscendo a valorizzare, pur con molte incongruenze, il senso del tempo che passa, attraverso l’utilizzo di diverse generazioni di eroi. In questo modo, la DC è riuscita a rendere più dinamico e rappresentativo del senso della Storia il proprio universo immaginario, aspetto che oggi sta dando vita a importanti sviluppi narrativi, mantenendo una freschezza e una visione d’insieme che manca totalmente alla Marvel. Invece di creare universi “definitivi” o paralleli, la DC riesce negli anni a mantenere viva la presenza di gruppi, eroi, creazioni proprie di diverse epoche storiche (Golden Age, Silver Age, Modern Age) giustificando il recente successo di testate, quali la Justice Society of America su tutte.
separatorearticoloIn secondo luogo, Di Nocera non si sofferma affatto, se non con veloci note, su importanti personaggi o archi narrativi della DC che hanno lasciato il segno e che sono potenzialmente rilevanti dal punto di vista proposto dall’autore stesso. Non si parla del successo editoriale dei Teen Titans di Marv Wolfman e George Perez, ad esempio, che pur rifacendosi a modelli narrativi già vincenti negli X-Men, sono i primi a presentare l’elemento generazionale e anagrafico come preponderante: il gruppo dei Teen Titans è il gruppo delle spalle dei supereroi più famosi (il Robin di Batman, ad esempio), il gruppo dell’adolescenza, dell’ingenuità, dell’incoscienza, in contrapposizione alla maturità e alla saggezza della Justice League composta dagli adulti (Superman, Batman, Aquaman, ecc.). Elemento che si ripropone con ancora più forza in un altro gruppo del tutto assente dal libro, ovvero la Legion Of Super-heroes, citata per la verità in modo molto rapido solo in relazione a Keith Giffen (autore di un ciclo interessante e molto discusso del supergruppo).
Le assenze riguardano, come accennato, anche alcuni importanti cicli narrativi. Innanzitutto, laddove si parla della crisi degli eroi tutti d’un pezzo, non si fa riferimento alla saga che per prima ha incrinato il mito di Superman, ovvero quella della seconda metà degli anni ’80 orchestrata da John Byrne, Dan Jurgens, Roger Stern e Jerry Ordway, nella quale Superman mostro’ evidenti segni di schizofrenia che lo avrebbero costretto a un esilio volontario dalla Terra. In anni molto più recenti, non si fa riferimento al lungo ciclo di storie che, dopo Terra di Nessuno, ha coinvolto Batman, ovvero le storie narrate da Greg Rucka e Ed Brubaker. Brillanti e fresche, sono la vera rinascita del personaggio negli ultimi anni, in grado di scuotere la noia del decennio precedente. Rucka in particolare ci ha mostrato un punto di vista originale e inedito, soffermandosi soprattutto sull’uomo Bruce Wayne, sui suoi dubbi, le sue emozioni e le sue debolezze, a differenza per esempio di quanto fatto dal celebre Frank Miller, che si soffermo’ sui dubbi, le emozioni e le debolezze di Batman, della maschera. Ed Brubaker è un’altra assenza che colpisce, visto quanto di buono ha fatto in casa DC e sta facendo attualmente in Marvel. In particolare è un peccato non aver citato il suo ciclo su Catwoman, dove non solo l’autore ha reinventato e ridato senso a un personaggio che per anni era stato trattato come banale eroina tutta curve e malizia, ma dove si è vista l’opera di due disegnatori bravissimi, ovvero Darwyn Cooke e Cameron Stewart. Entrambi epigoni dello stile cartoonesco di Bruce Timm (ideatore dei cartoni animati di Batman), Cooke in particolare ha creato storie che, dal punto di vista del linguaggio fumetto, sono innovative e originalissime; radicate nella storia (il primo che viene in mente è Alex Toth), ma moderne nel montaggio e nella sintesi.
Assenze altrettanto importanti non mi sembra siano riscontrabili in casa Marvel. Cio’ rende l’analisi di Di Nocera se non di parte (non ci sarebbe nessuna ragione in questo senso) per lo meno condizionata, in alcuni aspetti, da gusti certamente discutibili.
Al di fuori della “disputa” DC-Marvel, sono molte le assenze anche di personaggi minori del panorama indipendente che avrebbero se non altro dato al mercato editoriale esterno alle major fumettistiche la giusta rilevanza. Dal Savage Dragon di Erik Larsen, che per lo meno nei primi anni di uscita ha rappresentato un’imprescindibile quanto affascinante sintesi di tutti i topoi propri del fumetto supereroistico, al Mage di Matt Wagner, al Madman di Mike Allred (solo citato) alle parodie quali Brickman di Lew Stringer (una parodia di Batman realizzata negli anni ’80) e Too Much Coffee Man di Shannon Wheeler che, dal punto di vista creativo, sono indice per lo meno della necessità di allontanarsi il più possibile dalla prigione del genere e al contempo dalla sostanziale impossibilità a farlo.
Nel complesso, inoltre, “Supereroi e superpoteri” risulta in parte autoreferenziale. Purtroppo, Di Nocera non riesce o non vuole aprire l’analisi sul fumetto popolare Usa alle numerose problematiche creative ed etiche legate al rapporto editori/autori, così come non accenna all’onnipresenza del genere supereroistico nel mercato statunitense che ha impedito per anni lo sviluppo di altri modi di fare fumetto, condizionandone lo sviluppo come genere maturo e universalista.
Se è vero che i personaggi e ogni loro singola storia è stata creata da autori con un nome e, nella maggior parte dei casi, con una posto nella storia oggi ampiamente riconosciuto, è purtroppo altrettanto vero che la storia dei fumetti di supereroi è anche la storia della lotta tra gli editori che detengo la proprietà e i diritti dei personaggi e gli autori che li hanno creati e resi celebri. L’esempio di Bill Finger è forse il più eclatante e triste. Insieme al più celebre Bob Kane, Finger è il co-creatore di Batman; solo la critica contemporanea ha riconosciuto definitivamente l’importanza del suo apporto di abile sceneggiatore alla creazione di Batman. Complice anche il carattere di Kane e il suo comportamento non proprio corretto, Finger non si vide mai riconosciuto il proprio ruolo né tanto meno si vide corrisposta una seppur minima fetta degli enormi introiti che il personaggio ha portato nelle casse della DC Comics. Purtroppo la storia del fumetto popolare statunitense è piena di questi incidenti (ricordo anche la lunga disputa tra Kirby e la Marvel per la restituzione delle tavole originali all’autore) e risulta riduttivo in un’indagine come quella di Di Nocera non farvi mai riferimento (se ne accenna laddove si parla di Image Comics, ma solo come fatto di cronaca e non come elemento di analisi). Il riconoscimento dell’importanza degli autori non passa soltanto attraverso il pagamento di diritti e royalties, ma anche nell’accettare i loro tempi, le loro modalità e i loro approcci creativi al fumetto. Per molti decenni gli autori sono stati degli artigiani dei comics, se non degli operai da catena di montaggio, schiacciati dai meccanismi della produzione seriale. In un contesto simile è evidente quale tipo di condizionamento hanno subito nella realizzazione delle storie ed è testimonianza della scarsa considerazione che il genere ha avuto per molti anni. Il fatto che oggi autori come Frank Miller, Neil Gaiman, Grant Morrison e altri possano in qualche modo dettare le proprie condizioni alle case editrici è una conquista che è costata fatica e lotte continue (non ancora conclusesi, a sentire il punto di vista di Alan Moore [1]).
L’analisi si mostra poi fortemente autoreferenziale, come accennavo, laddove, parlando dell’evoluzione del genere di supereroi, sempre tra l’altro con toni ampiamente entusiastici, non si fa alcun accenno ai limiti creativi che la sua onnipresenza ha generato, alla posizione di scacco nella quale ha tenuto per molti anni la produzione fumettistica nord-americana. Parlare della crescita del genere, citando i moltissimi rimandi culturali e sociali delle trame e delle interpretazioni dei supereroi nel corso dei decenni, non dovrebbe prescindere da una riflessione approfondita sui temi che lo stesso genere ha impedito di affrontare. L’autoreferenzialità sta proprio nella volontà di Di Nocera di osservare il genere solo ed esclusivamente dall’interno, senza un’analisi critica dei vincoli che esso ha imposto e alle ragioni del crollo delle vendite che non sono ascrivibili solo alle speculazioni degli anni ’90, come potrebbe apparire dalla lettura del libro, ma anche dall’incapacità del mercato dei comics di parlare a lettori diversi, nuovi, non cresciuti a pane e supereroi.
L’entusiasmo col quale l’autore esalta lo sviluppo tematico delle storie di supereroi appare quindi a volte una difesa a prescindere, una excusatio non petita, una fuga edonistica dalla realtà della produzione fumettistica contemporanea.
é importante, infine, parlare della confezione del libro di Di Nocera. Dietro a una bella copertina, opera di Chiara Arnone, troviamo circa trecento pagine coloratissime e ricche di immagini, che colpiscono e incuriosiscono il lettore. L’entusiasmo purtroppo cala velocemente non appena ci si immerge nella lettura. Il continuo mutare dei colori dei testi e dello sfondo, l’impaginazione “creativa” che raggiunge il culmine in due pagine nelle quali si riproducono le “x” degli X-Men e che costringono il lettore a girare il volume, affaticano moltissimo la lettura oltre a ridurre notevolmente l’impatto “scientifico” del testo. Le immagini, infine, sono spesso di bassa risoluzione, risultando sgranate, a volte al limite del leggibile. Nella speranza di una nuova edizione, si consiglia quindi un’impaginazione più sobria e razionale.
Note
[1] Alan Moore si è più volte scontrato con la dirigenza della DC Comics in relazione al problema del pagamento delle royalties, in particolare per quanto riguarda la produzione di pellicole cinematografiche tratte dalle sue opere. La nuova linea di fumetti ABC creata dallo stesso Moore, sottoetichetta della Wildstorm di Jim Lee, è di recente finita sotto il controllo della DC dopo l’acquisto da parte di quest’ultima dell’intera linea editoriale di Lee. Dopo l’ennesima discussione (in relazione al film di V for Vendetta) Moore ha deciso di non lavorare mai più per la DC Comics e di pubblicare i prossimi volumi dell’unica serie della ABC di cui detiene il controllo, La Lega degli Uomini Straordinari, per un altro editore, la Top Shelf Production
Supereroi e superpoteri
di Alessandro Di Nocera
Castelvecchi Editore, 2006
394 pagg. bros. con illustrazioni col e b/n – euro 20,00