Un uomo, un immortale, attraversa gli Stati Uniti lungo i secoli seguendo le strade in un infinito autostop che lo porta dai tempi dei coloni fino alla fine di ogni essere vivente. Nel viaggio incrocia le vite sempre più disagiate di chi strenuamente resiste in un mondo sempre più ostile alla vita, distrutto dalla mancanza di controllo dell’essere umano. Una parabola discendente inarrestabile accolta con fatalismo dagli stessi uomini.
Più che un’opera unica e organica, Highwayman è una raccolta di brevi racconti legati al viaggio di Lucas, il protagonista, leggibili anche in maniera autonoma, ma che a mano a mano diventano tasselli di una storia più grande, seguendo una evoluzione e una conclusione coerenti con il personaggio e mettendo insieme gli indizi disseminati qua e là per offrire al lettore il quadro completo.
Il primo racconto è ambientato nel 1943, in un mondo quindi conosciuto, e affronta da subito un tema non banale come quello della fede nel divino dalla prospettiva di un uomo che non può morire. Dal secondo entriamo nella fantascienza vera e propria con un incontro datato 2033 e le prime avvisaglie della fine del mondo. Da lì, di passaggio in passaggio, tra un racconto e l’altro passa circa un secolo, spingendo la storia sempre più avanti nel futuro. Fa eccezione un intermezzo, una vera e propria pausa prima della storia finale, che svela come iniziò il vagabondaggio di Lucas nel lontano1622 e il mistero della sacca che si porta dietro da allora, difendendola con ogni mezzo, forse l’unico barlume di umanità ed emozione che ancora lo spinge ad andare avanti nonostante la stanchezza e la perdita di speranza per l’incontro con la famosa “fonte” che si dice tra gli immortali sia destinata ad arrivare.
Nonostante il suo essere eterno, nonostante che l’assurda sensazione di guarire da ogni ferita e tornare sempre integro come niente fosse successo avrebbe potuto rendere il protagonista completamente apatico, come egli stesso cerca di convincersi guardando tutto dall’alto senza farsi coinvolgere, in realtà una parte di empatia verso i mortali resta e fa capolino tra le storie, sprazzi di resistenza e di memoria del suo esser stato mortale prima dell’incontro che gli ha cambiato l’esistenza. Un personaggio tormentato che non riesce a essere unicamente testimone della fine dell’umanità come forse ambirebbe.
Tutti i racconti sono intrisi di un forte senso di ineluttabile destino: lo sottolineano i colori che caratterizzano ogni storia, stesi a uniformare praticamente tutto sotto diverse sfumature della stessa tonalità, la griglia rigida con poche variazioni, lo sguardo fisso e perso nel vuoto del protagonista.
Rispetto alle prime opere di Koren Shadmi, i personaggi risultano meno tondeggianti, carnali e sensuali pur mantenendo il loro fascino grazie a lineamenti imperfetti e caratteristici. Anche il segno appare leggermente meno barocco e più controllato, ma comunque caratterizzato da una chiara materialità nei disegni che risultano realistici, espressivi, morbidi e dettagliati. Lo stile è ammaliante, capace di rendere in maniera convincente e coerente sia le situazioni più concrete che quelle fantastiche. Le linee sono precise e spesse, chiuse, e ne risultano vignette in cui tutto è sempre controllato, comprensibile, a tratti anche freddo perché nemmeno l’azione e la violenza spezzano queste linee rigide e questi perimetri attentamente disegnati.
Abbiamo parlato di:
Highwayman
Koren Shadmi
Traduzione di Chiara Coco
Edizioni NPE, 2021
178 pagine, cartonato, colori – 19,90€
ISBN: 9788836270255