C’erano grandi aspettative per Suicide Squad, terza pellicola del nuovo DC Universe cinematografico dopo L’Uomo d’Acciaio e Batman v Superman, nei cinema italiani da sabato 13 agosto e visto per voi in anteprima.
I motivi sono almeno due: la decisione di mettere al centro della vicenda un gruppo di super-cattivi e la presenza dello storico nemico di Batman, Joker, insieme alla sua compagna Harley Quinn, per la prima volta sul grande schermo.
Non è un caso che tutta la promozione del film abbia puntato innanzitutto su questi due personaggi, dando una connotazione quasi “farsesca” al progetto.
Ma l’anima di Suicide Squad è molto meno farsesca di quanto si potesse pensare: sarebbe più giusto definirla borderline, cercando di descrivere con questo termine una pellicola che ottiene un buon equilibrio tra serietà e divertimento, restando sul confine in modo tutto sommato riuscito, pur con alcuni difetti.
Cattivi ma non troppo
I protagonisti di Suicide Squad sono criminali dotati di abilità e poteri particolari, reclutati dall’agente governativo Amanda Waller perché possano intervenire a difesa della patria in occasione di eventi particolarmente critici, come un nuovo ipotetico super uomo ostile.
Meta-umani (secondo la definizione già introdotta in Batman v Superman per descrivere questo tipo di persone) sotto il controllo diretto del governo per garantirsi una nuova sicurezza contro un nuovo tipo di nemico.
Non è un caso che la stessa Waller definisca questo contesto come la Terza Guerra Mondiale: il personaggio, interpretato da un’ottima Viola Davis, è uno dei più intriganti, caratterizzata da un atteggiamento cinico e spietato che la rende più cattiva dei cattivi protagonisti, tocco di stile decisamente apprezzabile.
In effetti i componenti della squadra suicida sono persone senza scrupoli, e in alcuni casi mentalmente instabili, che si sono macchiate di atti terribili, ma tutte con un background che le rende comunque umane.
Il Deadshot di Will Smith – il cecchino che non manca mai il bersaglio – è profondamente legato alla figlia, Harley Quinn è traviata dal suo amore per Joker e dalla pazzia alla quale l’ha condotta, Killer Croc subisce la sua condizione di “diverso” a causa del suo aspetto da coccodrillo antropomorfo, El Diablo – che ha la capacità di generare fuoco dalle proprie mani – vive con un forte senso di colpa connesso al suo potere. Solo Capitan Boomerang non sembra avere nessuna “connessione morale”, ma la caratterizzazione da simpatico guascone australiano ne smussa comunque le tendenze criminali.
L’unico neo di un gruppo ben assortito e convincente come questo è proprio la decisione di averli resi troppo vicini al sentire del pubblico: se si fosse osato di più si sarebbe potuto avere sullo schermo un vero manipolo di personalità completamente negative come protagonisti, e aumentando il livello di sarcasmo si sarebbe comunque mantenuta una connessione con gli spettatori.
Ad ogni modo il cast di attori funziona molto bene: il problema è che su tutti spiccano davvero solo Will Smith, convincente nel ruolo di mercenario determinato e di padre devoto, e Margot Robbie nei panni di Harley Quinn, vera stella del film.
Joker & Harley
Sarebbe stato facile travisare un personaggio come Harley Quinn, e i trailer del film facevano temere una sua versione totalmente “badass” e folle. Ma basti pensare alla graphic novel di Paul Dini e Bruce Timm Mad Love per vedere che sotto al carattere esplosivo della ragazza si nasconde una fragilità di fondo, dettata dal suo amore incondizionato per il Joker che la rende succube del suo uomo, il quale d’altro canto non di rado la maltratta.
La sceneggiatura di David Ayer salva fortunatamente anche questo elemento, grazie ad alcuni flashback sapientemente piazzati in un paio di punti, dove vediamo la nascita e lo sviluppo della relazione malata tra i due personaggi. Si riesce così a dare tridimensionalità a Harley senza rinunciare comunque al lato estroverso che la rende così iconica.
Margot Robbie dimostra di aver capito molto bene il personaggio: la sua recitazione è sempre sopra le righe ma non rende mai Harley una semplice macchietta o una svitata, bensì una ragazza che si vuole divertire e che agisce fuori dalle regole sociali, per il semplice fatto che può, non priva di un carattere debole che ogni tanto emerge e che rimanda anche all’amore morboso per Joker.
Non stupisce quindi la notizia secondo la quale è già in cantiere un film con Harley protagonista, insieme ad altre figure femminili della DC Comics.
Parlando del Joker, non si può certo annoverarlo tra i protagonisti della pellicola: il suo screen time, tra flashback e presente narrativo, è decisamente ridotto e il personaggio è praticamente un comprimario, facente parte di una sottotrama parallela a quella principale.
Jared Leto è chiamato al difficile compito di riportare sul grande schermo il pagliaccio del crimine, dopo l’interpretazione anni Novanta di Jack Nicholson in Batman di Tim Burton e soprattutto dopo quella molto più recente di Heath Ledger in The Dark Knight di Christopher Nolan, osannata da pubblico e critica.
Oltre alla pesante eredità artistica, è il personaggio in sé a costituire una sfida per l’attore: il Joker è complesso, stratificato, folle, anarchico, letale, comico, sornione, esplosivo. Non è semplice trovare il filo rosso che corre lungo le diverse versioni fumettistiche che ha avuto, esaltando questo o quell’altro elemento al servizio della pellicola in cui il villain compare.
In tal senso, il lavoro di Leto è molto buono: cuce sul personaggio una connotazione quasi da gangster per come gestisce i propri traffici, vestito in abiti eleganti da dandy maledetto, anche grazie al contrasto con il corpo tatuato, i capelli verdi e lo sguardo allucinato.
Ama i coltelli, è compiaciuto di se stesso ed è imprevedibile nelle sue azioni.
La scelta che può convincere meno è la scarsa presenza dell’ironia: il Joker di Jared Leto riserva poco spazio al lato più dissacrante e pagliaccesco, relegandolo a qualche folle risata di tanto in tanto, che addirittura quasi stona nel contesto generale del personaggio.
Ma potrebbe essere una caratteristica in grado di emergere con maggior naturalezza in un eventuale sviluppo; nel frattempo abbiamo una caratterizzazione che, per quanto minata dal poco spazio a disposizione, resta impressa e si può definire ipnotica.
Ritmo
La scansione degli eventi e il modo di presentarli al pubblico possiede sia soluzioni interessanti sia alcune criticità.
Si plaude alla scelta di presentare, nei primi minuti, i cattivi soggetti che andranno a comporre la squadra tramite vere e proprie “schede personaggio”, che descrivono sinteticamente ma in modo efficace le personalità dei tanti protagonisti anche grazie all’ausilio di flashback funzionali alla loro caratterizzazione.
Il ritmo sostenuto a cui è sottoposto il film si configura invece come un’arma a doppio taglio: allo spettatore sembra di essere su una giostra che gira sempre alla massima velocità, tanto si passa vorticosamente da un momento all’altro della storia, arrivando quasi senza prendere fiato dalla formazione della task force alla missione che questa deve affrontare. Ma se questa scelta stilistica si adatta bene all’atmosfera “dannata” della pellicola, dall’altro lato non permette al pubblico di focalizzarsi sui vari momenti narrativi. L’unica eccezione arriva poco prima dell’ultimo atto, dove significativamente sono i personaggi stessi a prendersi una pausa bevendo qualcosa in un pub, in una delle scene migliori della pellicola.
Non è un caso che il montaggio, così frenetico, renda un paio di passaggi meno chiari, quasi come se mancasse qualcosa.
Anche i combattimenti non eccellono, come resa: la battaglia ingaggiata dalla squadra per strada si rivela piuttosto confusionaria e poco comprensibile nel dettaglio dei vari scontri tra i singoli membri.
Questo difetto viene parzialmente smussato nella battaglia finale, grazie ad un colpo di scena ben assestato riguardante uno dei protagonisti e al minor numero di individui coinvolti. Peccato che la conclusione del conflitto spezzi la sospensione dell’incredulità, sconfiggendo la minaccia in maniera ben poco credibile.
A tal proposito merita una menzione speciale Cara Delevingne nel ruolo dell’Incantatrice, la demoniaca strega che gli anti-eroi sono chiamati a sconfiggere: l’attrice riesce a caratterizzare molto bene l’infernale personaggio grazie a un’interpretazione molto caricata, che contrasta con quella più introversa e spaventata della controparte umana del personaggio, June Moone, posseduta dall’essere ancestrale.
Gli effetti speciali del film sono efficaci: ben guidati dalla regia di David Ayer, sono realizzati in modo credibile e contribuiscono alla riuscita estetica del film. Spiccano soprattutto la scena di trasformazione da June all’Incantatrice, e i concitati momenti finali, quando gli special effects portano sullo schermo i due nemici sovrannaturali e mostruosi.
Il ritmo è dettato anche dalla colonna sonora, che si presenta molto ricca e sfaccettata andando dal rock al rap e da pezzi storici ad altri realizzati ad hoc. È quindi priva di una sorta di continuità stilistica, ma si rivela sempre azzeccata nell’accompagnare l’atmosfera del film, movimentata e poco rassicurante. Peccato che in alcuni casi diventi troppo invasiva, con un abuso fastidioso in almeno un paio di casi dove la musica più che affiancare le scene le sovrasta.
Eredità
Il film nel complesso si può quindi dire promosso. Si pone infatti come un’ottima via di mezzo tra l’impostazione ultra-cupa di Batman v Superman e un’apertura più scanzonata, ma senza eccedere in questo senso, pericolo che avrebbe rischiato di spersonalizzare l’impostazione data finora con un cambio troppo repentino.
David Ayer usa invece un plotone di protagonisti meno ovvi di qualunque supereroe dosando bene il loro carattere borderline e spingendo più sull’azione e meno sull’etica che può avere un “buono”: non c’è vera e propria violenza esagerata e gratuita, ma si fa capire che i protagonisti non esiterebbero a metterla in atto senza scrupoli, il che è già di per sé qualcosa di diverso dal solito.
La pellicola si colloca anche come tassello importante all’interno del DC Extended Universe, l’universo cinematografico della DC/Warner: non solo per la presenza di Batman, ma anche per l’inclusione a sorpresa di un altro membro della futura Justice League in un flashback. A onor del vero un inserimento ex abrupto del genere, così come stonava in Batman v Superman, risulta più confusionario che intrigante, ma denota la volontà di iniziare a far conoscere al pubblico questi nuovi eroi.
Il momento più interessante è comunque la scena a metà titoli di coda: senza rovinare la sorpresa, basti dire che offre una visione da una diversa angolazione del tentativo operato da Amanda Waller, che apre a sviluppi futuri in maniera azzeccata e originale.
Per come evolve la pellicola, non è invece dato sapere se la squadra suicida tornerà in azione in nuovi film: è facile però prevedere un ritorno in scena per Joker e Harley Quinn, vuoi per il carisma dei due attori, vuoi per il fatto che c’è ancora molto da dire su di loro e sarebbe un peccato sprecare due personalità del genere.
In ogni caso, Suicide Squad ricopre un ruolo importante nell’economia produttiva generale della DC, dimostrando come l’azienda sia disposta a muoversi in diverse direzioni narrative.
Abbiamo parlato di:
Suicide Squad
Sceneggiatura e regia di David Ayer
Con: Will Smith, Margot Robbie, Jared Leto, Ben Affleck, Viola Davis, Cara Delevingne, Joel Kinnaman, Jai Courtney, Adam Beach, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Jay Hernandez, Karen Fukuhara, Scott Eastwood, Common, Jim Parrack, Ike Barinholtz e Corina Calderon.
Warner Bros./DC
130 minuti
Nelle sale italiane da sabato 13 agosto 2016