Oscuro, enigmatico, ma anche poetico e tenero: Il lato oscuro della Luna è tutto questo e molto altro. Scritto da Alessandro Bilotta e illustrato minuziosamente da Matteo Mosca, all’epoca al debutto assoluto per la Sergio Bonelli Editore, la storia pubblicata in origine sul quinto numero della collana Le Storie porta con sé due conferme: l’estrema validità della proposta di storie della serie antologica della casa editrice milanese e il talento di scrittore di Bilotta.
Il ritmo soffuso, quasi sussurrato, della sceneggiatura porta il lettore a conoscere il passato e il presente di Lloyd Clark, che sta realizzando il suo sogno, quello di osservare la Luna da un luogo privilegiato, in uno dei giorni forse più funesti e tragici della storia americana: è il 22 Novembre 1963, e a Dallas, Texas, John Fitzgerald Kennedy viene ucciso da tre colpi di fucile. Ma l’eco di quegli spari arriva anche nelle profondità dello spazio, percorrendo 150.000 miglia, diritto nella vita e nel cervello di Lloyd, improvvisamente trovatosi solo dinanzi allo spettacolo mozzafiato di una Luna che più vicina non può essere, in un intreccio narrativo che si snoda fra le paure di un passato non ancora sepolto e il grande mistero del vuoto siderale.
Il lato oscuro della Luna possiede la forza dell’enigma e della libera interpretazione propria di alcuni piccoli gioielli cinematografici: non me ne vogliano i puristi del fumetto se paragono questa storia a film come Moon (citazione a tratti palese), a Mulholland Drive (libera interpretazione di una narrazione solo apparentemente senza né capo né coda) o a The Tree of Life di Terrence Malick (dove l’infanzia del protagonista viene affrontata in maniera molto simile). Bilotta si destreggia fra atmosfere e tematiche che spaziano dalla solitudine umana alla Storia, dagli alieni dell’inconscio ai sogni primigeni di un bambino che osserva il grande splendore di una immensa luna piena, immaginandosi un futuro radioso, ma con un passato ancora da scrivere.
Un racconto-non racconto in cui riecheggiano pesantemente anche le influenze di Ray Bradbury e della sua visione apocalittica della fantascienza, per poi spostarci in territori nostrani grazie a Tiziano Sclavi e alla sua trilogia sugli alieni, pubblicata sui numeri 61, 131 e 136 di Dylan Dog.
Bilotta fondamentalmente non fa altro che interpretare in modo criptico la vita e i fantasmi di Lloyd, un bambino che forse non è mai cresciuto: lo sparo di Kennedy ha la stessa, medesima valenza dello sparo che ci scuote tremendamente a pagina 103, due boati che simboleggiano l’inizio e la fine dei sogni (di una vita normale, probabilmente) del protagonista. La Luna è un futuro che non esiste, la Terra un passato da cui è inutile scappare (“Ultimamente sono stato così concentrato sulla Luna che non ho mai pensato di guardarmi alle spalle”), in un viaggio interstellare che probabilmente non è mai avvenuto, se non nelle viscere più oscure dell’animo del protagonista.
In aiuto all’oscura poetica di Bilotta, troviamo un Matteo Mosca che non poteva desiderare miglior debutto. Da una parte l’ex disegnatore di Lazarus Ledd eccelle nella cura degli scenari, arricchendoli di molteplici particolari e perfette atmosfere che mai entrano in contrasto fra loro, dall’altra sfoggia una recitazione dei personaggi a dir poco riuscita. Anche solo gli sguardi che i genitori di Lloyd e Tom si scambiano a pagina 31 rende palese come Mosca abbia realizzato un lavoro certosino, a cui davvero poco si può contestare. Lo sguardo trasognante e ingenuo del Lloyd bambino, il volto severo e maturo di un ragazzino come Tom sono recitazioni che non perdono efficacia nel corso delle 110 tavole che compongono la storia.
Il tratto di Mosca concede poco alla spettacolarità, non si rimane colpiti dal dettaglio curato, dallo scenario a volte apocalittico, sono gli sguardi e i gesti dei protagonisti a catturare l’attenzione. È un Mosca che a tratti sembra citare proprio quel Joe Orlando che tradusse graficamente (assieme ad altri artisti) le Cronache marziane di Bradbury,con uno stile squisitamente retrò che rende molto bene l’atmosfera dei Sixties americani.
In definitiva Il lato oscuro della Luna si rivela come un’ottima storia. Volendo trovarle un difetto, è forse proprio l’estremo ermetismo delle chiavi di lettura: alcuni elementi non possono trovare una spiegazione sensata (mi riferisco in particolar modo alla sequenza in cui il bimbo Lloyd si reca nella “Giungla dei Vagabondi”, fra inquietanti profezie e simboli alieni) se non costringendo il lettore a operare di inventiva. Troppe potrebbero essere le ipotesi per far quadrare il cerchio in una storia che forse neanche lo richiede: leggere della vita di Lloyd Clark richiede solo sensibilità e totale asservimento a quello che Bilotta vuol farci provare. Per godere di questa storia bisogna prendersi cura del nostro spettro emotivo più che di quello cognitivo.
Ed è una cosa che non capita molto spesso nel cosiddetto fumetto popolare.
“Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi? dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve,
Il tuo corso immortale?“
(Giacomo Leopardi, “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia“)
Abbiamo parlato di:
Il lato oscuro della Luna
Alessandro Bilotta, Matteo Mosca, Aldo Di Gennaro (copertina)
Sergio Bonelli Editore, 2019
120 pagine, cartonato formato 22 x 31 cm, bianco e nero – 20,00 €
ISBN: 978-88-6961-453-8