Questo testo è la trascrizione, rivista per Lo Spazio Bianco dall’autore, della 26ma puntata della videorubrica “Sono solo nuvolette”, curata da Giuseppe Pollicelli per conto di Scuola Internazionale di Comics; la puntata è stata pubblicata il 24 settembre 2018 sia sul canale YouTube sia sulla pagina Facebook della Scuola.
L’uscita più recente della collana Feltrinelli Comics ha un titolo dalla lunghezza wertmulleriana, Il pesce di lana e altre storie abbastanza belle (alcune anche molto belle, non tante, solo alcune) di Maryjane J. Jayne, ed è firmato da Tito Faraci – che di Feltrinelli Comics è il direttore – e da Simone Albrigi in arte Sio.
L’opera in questione la si potrebbe definire un mockumentary, un falso documentario. Un documentario molto particolare, fatto di prose, versi e tavole a fumetti; ma falso, in quanto ha come oggetto la vita e le opere di una figura inesistente, la Maryjane J. Jayne del titolo, a cui gli autori attribuiscono vari meriti tra i quali l’avere «inventato i fumetti un anno prima che li inventassero». Ma i meriti di Maryjane sono in verità demeriti visto che, viene subito precisato, in seguito all’apparizione di Yellow Kid il fumetto ideato da Maryjane sarà considerato «il peggiore del mondo».
Non è comunque nell’essere falso la particolarità principale di questo insolito documentario, bensì nel fatto che è interamente all’insegna del nonsense. Nella circostanza, dunque, Faraci sembra avere adottato lo spirito – potremmo dire la poetica – di Sio, il quale, com’è noto, basa sul nonsense il suo approccio al fumetto e il suo ragguardevole successo, peraltro conseguito presso un pubblico qualitativamente pregiato qual è quello dei più giovani. Non è anzi da escludere che quest’operazione editoriale non sarebbe mai esistita se Sio non avesse tracciato la via italiana al nonsense fumettistico con la sua vasta produzione – prima web e poi anche cartacea – improntata al demenziale. Ora, al pari dei fumetti di Sio (e di alcuni di quelli, più tradizionali, sceneggiati in passato da Faraci, per esempio il bonelliano Cico), cosa si prefigge Il pesce di lana? Ovviamente di divertire, di fare ridere. Ci riesce? A me sembra di no.
Strano, si potrebbe dire, perché Faraci in passato si è efficacemente occupato pure di Groucho, il bizzarro aiutante di Dylan Dog. Attenzione, però. Con Groucho il nonsense è praticamente assente. A essere spiazzante – e perturbante dell’ordine e della logica – è la presenza nelle varie situazioni di Groucho in quanto tale; ma ciò che Groucho dice è sempre perfettamente sensato, quelle che lui pronuncia a ripetizione sono pure e semplici freddure. Niente a che vedere con i deragliamenti di senso elargiti a piene mani, nei suoi fumetti, da Sio. Nel caso de Il pesce di lana, al contrario, sono i testi, tutti (e, a proposito, non è chiaro se quelli delle tavole a fumetti siano anch’essi stati firmati da Faraci o se invece Sio abbia fatto tutto da solo), a essere intrisi di nonsense. Gioverà riportare un paio di esempi.
Esempio numero uno.
«Max Middletone liberò il cavallo dalla maledizione, regalandogli un occhio che aveva levato a un passante. “Maledizione!” disse il passante. “Ti sarò eternamente grato. Avevo tre occhi e tutti mi deridevano”. “Allora perché hai detto ‘maledizione’?” chiese il cavallo. “Perché era la mia maledizione”. “Ho capito ma non era chiaro” sbuffò il cavallo» (dal romanzo “Le entusiasmanti avventure di Max Middletone e del suo cane alto trecento metri”, «senza ombra di dubbio l’opera più celebre e importante di Maryjane J. Jane»).
Esempio numero due.
«Da sempre l’uomo ha pensato che i sassi esistano. Invece, non esistono. Ma questo non ha alcuna importanza. Oggi, alcuni minuti prima di morire, mi sono resa conto di avere capito il Senso della Vita, in maiuscolo, con improvvisa ed estrema chiarezza. Molto è stato scritto e detto sulla Vita: secondo Aristotele, “l’uomo deve stare attento a non morire”. Secondo me anche la donna, ma questo è un altro discorso che verrà affrontato meglio nei decenni che seguiranno la mia morte (mentre scrivo è il 1973, e domani è il mio centesimo compleanno)» (dall’«ultimo testo autografo di Maryjane J. Jane, scritto in punto di morte»).
Da questi estratti risulterà più chiaro cosa, alla fine dei conti, Il pesce di lana sia. Si tratta di un libro di parodie. È un’opera che intende parodiare generi, linguaggi e modalità espressive (il fumetto, il romanzo, la poesia). Ma è proprio per questo che le cose non sono andate nel verso che gli autori avrebbero desiderato. Come infatti insegna, da ultimo, un maestro della parodia – e in particolare della parodia a fumetti – quale Leo Ortolani, una parodia funziona se pone in ridicolo, in maniera stringente, dei topoi, delle situazioni ricorrenti e riconosciute dal lettori (i quali, per inciso, devono quindi avere una nozione abbastanza precisa dell’opera originale presa di mira). E la parodizzazione, la messa in ridicolo, deve necessariamente possedere un senso ben definito.
Se invece si opta per il nonsenso, allora, come usualmente accade nei fumetti di Sio, il nonsenso deve essere – per così dire – puro, fine a se stesso. Se la risata deve scattare grazie al fatto che si assume come bersaglio qualcosa di già esistente e già codificato, allora tale manipolazione del già esistente non deve finire nei territori del nonsense, bensì deve restare pregna di senso, come appunto accade nelle parodie dei supereroi classici o di Diabolik realizzate da Ortolani. Una buona parodia, d’altro canto, non è altro che un’acuta disamina dell’opera parodiata, e tanto più una parodia si potrà considerare riuscita quanto più essa avrà portato alla luce aspetti fondamentali – e magari difetti – del lavoro da cui prende le mosse. Tutto ciò, purtroppo, non si ravvisa ne Il pesce di lana, che, nel suo girare a vuoto alla ricerca di virtuosismi tutto sommato sterili, corre il rischio di risultare un esercizio meramente intellettualistico. In questo modo, inoltre, i modelli che il libro vorrebbe sbeffeggiare rimangono lontani, distanti, irrelati.
Se si vuole sperimentare un esempio felice (e divertente) di scrittura nonsense, conviene allora rivolgersi a quanto da anni va scrivendo Maurizio Milani, che pubblica i suoi pezzi prevalentemente sul “Foglio”. Nei raccontini di Milani c’è un elemento che manca del tutto ne Il pesce di lana: l’umano. Il nonsense Milani si accanisce su uomini e donne, infierendo sulla condizione umana spietatamente. I suoi personaggi derelitti, sfortunati e maniacali restituiscono – nei microquadri di cui sono protagonisti – una panoramica della comédie humaine che sconfina irresistibilmente nel grottesco. Le creature milaniane sono maschi ossessionati dal pensiero di femmine che non potranno mai raggiungere o individui che compiono con zelo azioni completamente assurde e bislacche (c’è chi lava i tori, chi organizza dei festini ai mercati generali, chi nelle città d’arte si accerta dello stato di conservazione dei monumenti noleggiando a sue spese un montacarichi ecc.). Lì diviene tangibile la miseria, la bassezza dell’umano. E perciò si ride.
Dietro Il pesce di lana pare esservi, come unica spinta, come solo conato creativo, il desiderio di “miracol mostrare”, di far vedere quanto si è bravi e raffinati nel farsi beffe del senso e nel giocare con il linguaggio. E così la risata non sgorga: né quella spensierata né quella amara.
Abbiamo parlato di:
Il pesce di lana e altre storie abbastanza belle (alcune anche molto belle, non tante, solo alcune) di Maryjane J. Jayne
Tito Faraci, Sio
Feltrinelli Comics, 2018
144 pagine, brossurato, bianco e nero – 15,00 €
IBAN: 9788807550065