“Non credo che il linguaggio umano sia adatto a semplificare un argomento ‘esotico’ di questa portata“: si esprime in questi termini un non meglio precisato “professore” nella pagina d’esordio di Sostanza densa, fumetto realizzato da TommyGun per Progetto Stigma ed edito da Eris Edizioni. Poi prosegue affermando: “L’unica verità che siamo riusciti a scoprire è la stupefacente densità di questa macchina di morte“. Dunque si sa davvero poco della sostanza che dà titolo al volume e quel poco fa paura, sebbene poi si specifichi che la misteriosa entità in alcuni casi esaudisce i desideri delle persone.
Proprio le persone, in particolare due amici, una madre e sua figlia, tutte così piccole rispetto alla massa di colore blu che ricorrentemente si presenta a loro, sono al centro del racconto, perennemente in bilico tra fuga e ricerca, tra il terrore e la ripetizione isterica del verbo “volere”, nell’attesa che questa volontà trovi soddisfazione. Più che una preghiera, quella rivolta alla proteiforme nuova divinità è una richiesta che assume via via i toni dell’ordine, eppure – sembra ripetere l’autore, assecondando un vecchio adagio – è opportuno fare attenzione a ciò che si desidera. Allo stesso tempo, però, sembra normale spingersi oltre i confini umani nella formulazione del desiderio: perché porsi limiti davanti a un monstrum (nel significato latino di prodigio, fatto o fenomeno portentoso, eccezionale, in senso sia positivo sia negativo) che può apparentemente senza criterio razionale spazzare via o accontentare chi gli sta di fronte?
Gli uomini guardano verso l’alto, si rivolgono alla “materia plasmatica“, ma anche a un salvatore più simile a loro, identificato, almeno nella teoria, come l’unica forza nota capace di affrontarla. Il problema è che il supereroe, definito anche “super-ingegnere“, è scomparso e sembra vivere solo nei fumetti che, con stratagemma metanarrativo, sono inseriti nel fumetto stesso. Antenna, questo il nome del messia, è atteso come Godot e gli interrogativi che si addensano intorno alla sua sparizione martellano il lettore tanto quanto la voce della radio, perenne sottofondo e metafora dell’inestinguibile brama umana.
Mentre succedono fatti strani e la gente si comporta in modo ancora più strano, quasi giustificata dall’incombere della massa di origine sconosciuta a lasciarsi andare al peggio di sé, la speranza e l’attesa, le devianze e le idiosincrasie, le preghiere ascoltate e quelle inascoltate si mescolano in un vortice che trascina e incuriosisce il pubblico, anzitutto perché si cerca di capire che cosa stia accadendo e fino a che punto si possa arrivare.
Alla necessità di raccogliere nuove informazioni sulla sostanza e su Antenna, si affianca il tentativo di creare un background per i personaggi principali messi in scena da TommyGun, il quale dissemina indizi tra le pagine sia attraverso stralci di conversazione, gestiti con grande naturalezza, che per mezzo di più espliciti flashback a mezzatinta con sibilline spruzzate di blu, colore usato anche per le onomatopee.
La frammentazione più che il piano narratologico caratterizza quello euristico, visto che, una volta ricostruito, l’intreccio diventa lineare, ma alcune domande rimangono senza risposta. O meglio: l’autore lascia al lettore il compito di unire i puntini e di trovare soluzioni, magari inserendo quelle desiderate nel “magazzino che comprende ogni singola cosa“, altra definizione data dell’entità alla quale se ne possono aggiungere altre, sempre che si sia in grado di dire qualcosa sull’indicibile. In questo senso, l’ottava opera targata Progetto Stigma sembra fatta apposta per essere letta e riletta, concedendole il tempo di insinuarsi e sedimentarsi nella mente, con la contemporanea formulazione di ipotesi e riflessioni personali. Le principali, quelle stimolate più efficacemente, riguardano la necessità degli uomini di rivolgersi ad altri, che si tratti di un essere ineffabile e inquietante o di un super-eroe o di un messia. La variabile sta nel modo in cui si guarda a questo Altro, con quali domande e quali aspettative, per non rischiare di diventare vittime dell’attesa, nell’immobilismo, o della realizzazione di un auspicio più dannosa che utile.
A limitare l’azione dell’invasivo oggetto estraneo riesce a stento la gabbia progettata dall’autore, dal momento che esso talvolta esonda dai margini tra una vignetta e l’altra, talaltra necessita di splash-page singole o doppie per dispiegarsi. Si tratta perlopiù di deroghe a una composizione ordinata, non troppo rigida ma neppure virtuosistica, nella quale oltre alle soluzioni citate spiccano le prime strisce delle pagine 26-27, perché scontornate e in contrasto con quelle poste al di sotto, e lo spazio bianco orizzontale che attraversa tre vignette di pagina 24 diventando l’appiglio per una pinza per capelli.
Ancora dal punto di vista estetico, è interessante la scelta di riempire porzioni di tavola con i balloon, visto che a più riprese una singola battuta di dialogo viene spezzata e ripartita in più ovali con disposizione comunque funzionale all’orientamento della lettura. Questo artificio “retorico”, che ben si sposa con l’espressività marcata dei volti e la recitazione teatrale dei corpi, sembra quasi assecondare la frammentazione creata da TommyGun, perché c’è l’impressione che anche con le parole si possa balzare da una sequenza all’altra con una certa facilità, con la stessa mancanza di vincoli che si ritrova nella vita dei personaggi sempre più influenzati dal palesarsi della sostanza.
Uno dei vari effetti di questa consiste nell’ipertrofia di una figura che, anche per via delle gradazioni di colore usate, ricorda la copertina di Ranx di Stefano Tamburini e di Tanino Liberatore, nella più recente pubblicazione di Comicon Edizioni. Se in questo caso forse si entra nel campo delle suggestioni, sono infine evidenti gli omaggi a Earl Foureyes Mutant Detective di Stefano Zattera, a Sarò breve di Squaz, a Spugna e al primo numero di Čapek.
Abbiamo parlato di:
Sostanza densa
TommyGun
Eris Edizioni, 2020
128 pagine, brossurato, colori – 23,00 €
ISBN: 9788898644773