La vignetta che verrà
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La vignetta che verrà

Esistono vignette memorabili in un fumetto?

Intendo, se pensate a uno dei vostri fumetti preferiti, una storia che v’è rimasta nel cuore, vi viene in mente una vignetta davvero indimenticabile?

Il critico belga Pierre Sterckx ne era convinto e, qualche anno fa, così descriveva il fenomeno su Les cahiers de la bande dessinée:

Ogni lettore di fumetti ne conterà a decine, di queste vignette straordinarie che abitò nella sua infanzia e in seno ai quali fece il suo nido (una vignetta è come una piccola casa), paralizzato dall’amore, dal terrore e dallo stupore. E in seguito queste vignette saranno esse a ossessionarlo, a tornargli in mente, intatte, luminose e magiche…

E se fosse questa la magia delle belle storie? Restarci incollate addosso anche solo con un frammento, un singolo piccolo pezzetto che ci riporta al tutto, anche quando il tutto ci sembrava di averlo dimenticato.

Nelle poesie o nelle canzoni accade con i versi, nei linguaggi visivi accade con le immagini. E se nella fotografia o nella pittura, l’incanto appartiene all’opera nel suo complesso, è curioso come nei linguaggi cosiddetti sequenziali (cinema, fumetto), una sola inquadratura, tra altre decine, crei la magia.

Io, per esempio, quando mi capita  davanti la vignetta qui di seguito anche se ormai l’avrò riguardata centinaia di volte, resto rapito.

Vignette

Lo so, direte: bella forza scegliere come oggetto d’amore uno dei più begli incipit del fumetto di sempre. Perché in questo caso, in effetti, l’immagine procura a me la stessa emozione che innesca in tutti coloro che hanno amato (e amano) la La Ballata del mare salato di Hugo Pratt.

Ma il processo non è sempre così lineare e “esteticamente” inequivocabile. Ad esempio, quasi lo stesso effetto della vignetta precedente, me la procura questa qui di seguito.

vignette

E qui non sono sicuro che mi possiate seguire. Magari l’avete riconosciuta o magari no. Non importa. Non vi dirò   da che racconto è tratta e non cercherò in questa sede di spiegarvi perché questa vignetta di Giovan Battista Carpi mi ruba il cuore quanto quella di Pratt.

Il punto è che l’emozione disegnata scaturisce da tante cose diverse. Alcune sono misurabili con i parametri dell’arte, della tecnica e se volete – ma qui molti autori forse non sarebbero d’accordo – della critica. Altre invece sono molto più complesse e sfuggenti. Riguardano il contesto, il momento, l’occasione… Non è facile descriverle ma sbaglieremmo a negare che non abbiano un peso nella relazione tra racconto e lettore.

Faremmo soprattutto un torto alla maestria degli autori più bravi – scrittori e disegnatori – se negassimo che in un racconto a fumetti l’emozione è sempre qualcosa che va oltre l’arte del dialogo,  l’efficacia della composizione,  la perfezione narrativa e grafica.  O meglio è  l’insieme di tutti questi elementi  che però funzionano davvero solo quando un lettore “sceglie” di sorridere, commuoversi, sognare perché in quel momento ha bisogno di sorridere,  commuoversi,  emozionarsi.

E le vignette straordinarie sono il tesoro indelebile della nostra memoria di lettori. Restano lì per ricordarci l’emozione del racconto e l’emozione legata al racconto in un certo momento della nostra vita. Banale? Può essere, ma a me sembra che in questa “magia del ricordo”  risieda molto del piacere di leggere e direi pure di studiare i comics.

Così nel chiudere il  primo anno di questo blog dedicato proprio alle passioni che i segni dei fumetti sanno (s)muovere, l’augurio che mi sento di fare a me stesso e a tutti e gli appassionati è di trovare nel 2017, altre vignette da serbare nel cuore.

Poco importa che  i fumetti da cui provengono, siano destinati ad entrare negli annali del medium oppure a fruttare ai cartoonist che le hanno realizzate premi e lodi critiche.

Ciò che conta è l’emozione disegnata. Solo quella resta davvero.

2 thoughts on “La vignetta che verrà

    1. Grazie Ettore.

      Sì, per me anche l’analisi più efficace si ferma un momento prima di quell’emozione, che penso sia impossibile da cogliere perché riguarda tutto quello che il racconto non dice o suggerisce, ma che innesca in noi perché mentre leggiamo respiriamo, amiamo, soffriamo… Viviamo insomma.

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