Sapessi com’è Stano, fare cover a Milano
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Sapessi com’è Stano, fare cover a Milano

È notizia delle scorse settimane, confermata nell’ambito di Lucca COMICS dalla Sergio Bonelli Editore, che Angelo Stano non sarà più il cover artist di Dylan Dog.

Certi avvicendamenti fanno parte delle routine creative e produttive del fumetto seriale, ma Angelo Stano ha ri-coperto le storie dell’indagatore dell’incubo per quasi trent’anni. Fa un certo effetto pensare che, a partire dai prossimi episodi, non ci sarà più la sua firma in calce alla copertina.

Stano e Dylan Dog

Quando Dylan, nel settembre del 1986, si presentò in scena per la prima volta ne L’alba dei morti viventi, lo fece con il volto disegnato dal cartoonist di origini pugliesi. Certo i connotati del personaggio erano stati delineati da un altro grande autore di casa Bonelli, Claudio Villa, anche copertinista della serie agli esordi. Ma è lo stile peculiare di Stano a offrire una immediata riconoscibilità al mondo narrativo di Tiziano Sclavi.

La prima volta che suoniamo il campanello urlante, che entriamo nella casa di Craven Road, che intravediamo Groucho sull’uscio, che incontriamo Dylan nel suo studio con il clarinetto e il galeone…  Lo facciamo con i nostri occhi e con gli occhi e la matita di Angelo Stano, che ha poi firmato tante altre memorabili storie dell’indagatore dell’incubo. Storie e copertine, perché la stessa cifra personale Stano l’ha espressa in questi (quasi)  trent’anni anche nella realizzazione delle cover degli albi.

Stano

Il tocco Stano

Stano diventa cover artist di “Dylan Dog” nel 1990, con l’albo n°42. Senza nulla togliere alla maestria di Villa come copertinista – destinato di lì a poco tempo a sostituire nello stesso ruolo su “Tex Willer” l’immenso Galep –l’avvento del nuovo autore marca una (in)visibile rivoluzione espressiva per la serie.

Nello Stano copertinista, persino di più che nello Stano narratore per vignette, convivono due influenze sovrapposte: una fumettistico/cinematografica – legata a autori classici quali Alex Raymond, Leonard Starr, Hugo Pratt – e una grafico/pittorica, ispirata alla Secessione viennese (Gustav Klimt ed Egon Schiele).

Il risultato visivo è una rappresentazione straniante, realistica nel taglio d’inquadratura, ma proiettata in una dimensione onirica dal segno sottile, dal colore (a mezza tinta), dalla figurazione disarticolata dei personaggi. Un contrasto espressivo perfettamente in linea con le atmosfere di Dylan Dog.

Stano e i mostri

La cover è, a tutti gli effetti, la porta del lettore sul racconto. La posizione plastica del personaggio, il bilanciamento figurativo tra primo piano e sfondo, la qualità e la quantità degli eventi raccontati nell’immagine, costruiscono l’orizzonte d’attesa del lettore rispetto alla storia. Stano gioca con tutti questi elementi, mantenendo la fabula dell’old boy in una (volutamente) precaria alternanza tra consistenza grafica e suggestione di genere.

Uno Stano orrore

Il leit motiv delle copertine di “Dylan Dog” è sempre stato il confronto tra l’eroe e il mostro, sin dalla prima cover celeberrima di Claudio Villa ne L’alba dei morti viventi.

Stano esalta questa caratteristica: Dylan appare quasi sempre in grande difficoltà, alle prese con un pericolo terrificante e sovrumano. Il mostro spesso si trova nel layout dell’immagine subito al di sotto della testata: incombe sull’eroe dall’alto, una presenza disturbante per l’occhio del lettore quanto per l’incolumità dell’eroe. Il pericolo si manifesta nella minaccia che il male esercita sul corpo eroico: Dylan è sempre sul punto di essere: strozzato, accoltellato, squartato, bruciato e chi più ne ha, splatter-isticamente ne metta…

Copertine di Angelo Stano

Ma c’è qualcosa di più: il mostro – come sanno bene tutti gli esegeti della poetica sclaviana – prim’ancora che nella sua manifestazione fisica tangibile e orrorifica conta in “Dylan Dog” come simulacro di paure e fragilità umanissime. Così, ad esempio, nell’indimenticabile cover de I vampiri, Stano ri-dipinge l’Urlo di Munch  in chiave vampiresca. Il mostro non si limita a sovrastare Dylan: s’identifica con la sua ombra, ne costituisce il doppio esistenziale.

Stano e le cover memorabili

Accade la stessa cosa su un piano diverso, con’altra cover indimenticabile, quella di Partita con la morte. L’oscura signora e l’eroe si dividono in parti uguali lo spazio della copertina. A livello figurativo, l’omaggio cinematografico esplicito – così come per la storia disegnata da Corrado Roi – va a Il Settimo sigillo di Ingmar Bergman. I due personaggi equiparati a pezzi da scacchiera: l’antagonista e gli scacchi alle sue spalle cupi e neri, quelli alle spalle dell’eroe bianchi. Si gioca tra la vita e la morte, tra il bene e il male. Ma una volta di più, la sensibilità grafica di Stano riesce persino a trascendere il rimando: la falce della signora oscura lambisce la testata dell’albo, alimentando una tensione interna alla drammaturgia seriale.

Stano e il lungo addio

Stano ma vero

Sfuggono al mensile dylaniamento dell’eroe quelle storie e, di conseguenza quelle copertine atipiche che punteggiano la quantità  e – nei casi più riusciti – la qualità della serie. Su tutte, vale la pena ricordare Il lungo addio. Dylan, nell’occasione, divide la scena con una ragazza invece che con un mostro. Come nei film di James Bond, le belle ragazze non mancano mai dalle parti di Craven Road , ma apparire nella cover era un privilegio che non era stato concesso a nessuna donna prima d’allora, almeno che non fosse mostro o… cadavere essa stessa.

Marina ha quest’onere e onore: fluttua accanto a Dylan tra le stelle, i due sono sul punto di toccarsi ma  ancora separati… Stano riesce a trasmetterci lo struggente sentimento della storia, ancor prima di aprire l’albo. L’abilità dell’autore risulta tanto più evidente se pensiamo a quanto, in una produzione seriale come quella bonelliana, il legame tra copertina e storia risulti a volte labile, di sicuro indiretto. Stano stesso ne ha spiegato le ragioni (per esempio qui, intervistato da Andrea Mazzotta).

Quasi sempre, il copertinista lavora partendo dalle suggestioni dell’editor e da una breve sinossi della storia, che nella maggior parte dei casi è ancora in lavorazione. Ciò non impedisce a Stano di farci entrare nell’atmosfera dell’episodio, come se già conoscesse la vicenda nel profondo. Quasi che Dylan Dog gli abbia trasferito il suo misterioso “quinto senso e mezzo”

Stano e Bloch

Arrivederci Crandall Reed

Si può ragionare a lungo delle enormi implicazioni per l’intera serie del lavoro di Stano. Certo, si potrebbe allargare il discorso anche ad altre testate e altri cover artist di Via Buonarroti – come il già citato Claudio Villa o il compianto Gallieno Ferri –per capire l’importante funzione svolta dalle copertine nell’evoluzione del fumetto Bonelli.

È indubbio che, nel caso di Dylan Dog e Stano, questi (quasi) trent’anni insieme abbiano rappresentato un legame speciale. Un connubio che sembrava indissolubile, almeno fino a pochi giorni fa, quando la Sergio Bonelli Editore ha annunciato l’avvicendamento con il bravo Gigi Cavenago.

Stano e il fumetto Bonelli

In passato, per simili passaggi di consegne, Via Buonarroti aveva adottato una propria routine (per certi versi un “galateo”) editoriale, facendo coincidere l’evento con un numero particolarmente significativo nella numerazione della serie. Per “Tex Willer”, fu il numero 400 a celebrare lo storico passaggio del testimone dal decano Galep all’erede Claudio Villa. Nel caso di Roberto De Angelis/Sergio Giardo su “Nathan Never” fu il numero 250 a fare da spartiacque e così via.

Nel caso di Stano – che, peraltro, come chiarito dall’editore, continuerà a narrare le storie del personaggio – l’avvicendamento ha un ché di repentino e “disruptivo”, come piace dire ad alcuni di questi tempi.

Non sta a chi scrive discuterne le ragioni, resta la sensazione (del tutto personale) che a questa lunga storia di copertine, conclusasi con l’intensa cover per l’albo del trentennale (Mater Dolorosa), ne manchi una all’appello, tale da rimarcare un cambio della guardia così rilevante.

Ma, se c’è una cosa che le belle copertine di Angelo Stano ci hanno “insegnato” in tutto questo tempo è proprio a guardare oltre il bordo dell’illustrazione, a immaginare il racconto ancor prima di leggerlo. Vale per le prossime storie e vale per le prossime cover, qualunque sia la firma in calce alla copertina.

Stano e la copertina impossibile

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