Incubi, sogni a occhi aperti e un mix fra dramma, horror e ironia sono gli ingredienti di Slumber, fumetto pubblicato negli U.S.A da Image Comics e portato in Italia da Saldapress. Tyler Burton Smith, sceneggiatore preso in prestito da Hollywood (La bambola assassina), fa il suo esordio nel mondo dei fumetti assistito da Vanessa Cardinali, che ha invece all’attivo diverse opere fra le quali la serie Suore Ninja (Star Comics), Thunder Ben (Bao), Phlox (Shockdom), con i colori affidati a Simon Robins.
Una serie di omicidi firmati da assassini diversi ma con lo stesso modus operandi, tiene sotto scacco la polizia di New York, che sembra brancolare nel buio. È questo l’incipit di Slumber che, partendo da una situazione di per sé intricata, sviluppa una trama onirica con molti elementi surreali nella quale gli incubi nascondono traumi gravosi sia per i comprimari, ad esempio un caso di pedofilia, sia per i protagonisti, ognuno dei quali deve prima o dopo confrontarsi con l’oscurità nascosta nel proprio animo. In una trama che ha come tematiche centrali la perdita e il desiderio di restare o diventare umani è proprio la necessità di introspezione a bilanciare la componente avventurosa dell’opera, che sarebbe altrimenti preponderante.
Tyler Burton Smith riesce a imbastire una proficua contrapposizione fra leggerezza e profondità, elemento che confluisce anche nei disegni, grazie a una protagonista credibile e con una personalità complessa. Un lavoro che appare evidente sin da principio: lo sceneggiatore introduce Stetson, la donna titolare dell’omonima agenzia di “disinfestazioni”, prima attraverso dialoghi di altri personaggi che la considerano una ciarlatana, poi approcciandosi alla sua psicologia e al suo modo di vedere le cose grazie ad alcune didascalie in prima persona (destinate a evolversi e svelarsi in seguito), e infine presentandola visivamente con un’entrata in scena a colpi di fucile. Il senso di curiosità nei confronti della protagonista schizza così alle stelle ed è appagato da un’ottima caratterizzazione che, prima di incupirsi per ineluttabili necessità di trama, gioca inizialmente sulle sfaccettature, sulle dicotomie come quella fra l’intensa riflessività e la leggerezza di Stetson, oppure su espedienti più diretti come l’uso di proverbi che risultano incomprensibili o a sproposito ma dai quali si sviluppano gag e dialoghi al limite del nonsense. Il dualismo antitetico di Stetson è palese anche nel rapporto con il suo alter ego interiore, con il quale dialoga e che è in grado di incidere anche fisicamente sulla realtà.
Se Stetson la divorasogni, con le sue idiosincrasie e il rapporto tribolato che ha prima di tutto con se stessa, è la protagonista indiscussa, ad affiancarla c’è un cast di prim’ordine a partire dai suoi collaboratori: l’onesto cannibale Jiang che snocciola regole in stile Zombieland, l’informatico Ed, prezioso ma forse non abbastanza e poi il detective Finch, forse la figura più drammatica del fumetto. La nemesi è invece Valkira, strega attraversaombre con la sindrome di Pinocchio, con la quale Stetson ha un conto in sospeso a dir poco salato e personale.
I personaggi agiscono inizialmente in una trama divisa in due linee narrative, una sull’indagine della polizia, l’altra con la detective indaffarata nella sua routine delirante, che presentano già dei punti in comune e che sono destinate a intersecarsi. Alcune sequenze significative sono dedicate a personaggi specifici in un’alternanza utile a tenere sempre alto il ritmo narrativo e il livello di attenzione richiesto al lettore che è immerso, giusto per dare dei riferimenti, in un clima che oscilla fra l’Inception di Christopher Nolan e quella serie di horror il cui capostipite è il Nightmare di Wes Craven (ma con più ironia).
Il segno di Vanessa Cardinali è un cartoonesco evoluto e fascinoso, che presenta tutti i crismi della modernità. Le tavole, pur basandosi su griglie classiche e regolari a tre, quattro o cinque strisce, sono movimentate da montaggi mai ripetitivi o monotoni, con belle quadruple, doppie o triple verticali e in generale uno stile che sfrutta in modo oculato, anche in presenza di molte scene d’azione, rotture della quarta parete, linee cinetiche e onomatopee.
Stetson presenta tratti somatici ricercati e interessanti, che esulano dalla bellezza canonica ma puntano su un fascino ruvido e discreto, a tratti macabro. Nei mondi onirici che la protagonista attraversa ci sono ambienti e architetture escheriane di notevole impatto, evidente frutto dello studio della disegnatrice e del buon feeling con lo sceneggiatore.
Il tono di morbidezza ricercato da Burton Smith è diffuso anche dai numerosi dettagli che, anche in sequenze drammatiche, alleggeriscono il clima e strappano sempre un sorriso, come le pantofole a forma di coniglio di un detective. Sarebbe stato interessante vedere la disegnatrice all’opera anche su qualche splash, viste le peculiarità del suo stile e le belle illustrazioni che introducono i sei capitoli di Slumber.
Ad aggiungere pathos interviene la colorazione di Robins, che sfrutta una palette tenue e una vasta gamma di sfumature di colori impattanti come il viola, il fucsia o il giallo con derive fluo, in grado di interpretare al meglio le componenti oniriche e grottesche e, in certi casi, di esaltare la profondità dei neri. Ben gestiti anche i balloon, che con una serrata alternanza enfatizzano la concitazione di certi dialoghi e, quando associati a particolari personaggi o presenze, presentano sfondi di colori diversi.
La trama solida con un finale chiuso, lo spessore dei personaggi, la molteplicità di generi e l’ottimo comparto artistico di Slumber ne fanno una lettura intrigante adatta sia ai più giovani, magari a caccia di un bel po’ di azione non fine a se stessa, sia agli adulti in cerca di un punto di vista sull’oscurità e sui desideri occulti mimetizzati in tutte le anime.
Abbiamo parlato di:
Slumber
Tyler Burton Smith, Vanessa Cardinali, Simon Robins
Traduzione di Chiara Balestri
Saldapress, 2023
176 pagine, brossurato, colori – 15,90€
ISBN: 9791254612064